Corsa al Quirinale, ora il dialogo spinge Marini e Amato

Dalla Rassegna stampa

Due sono i fatti da considerare. Il primo è l’inversione temporale - che ha significative conseguenze politiche - delle scadenze istituzionali. Giorgio Napolitano ha verificato che nessuna maggioranza è possibile: verificato lo stallo, ha investito un comitato di esperti del compito di formulare alcuni punti programmatici che consegnerà al suo successore, con l’auspicio che possano costituire una produttiva base di trattativa tra forze politiche per l’individuazione di un premier incaricato. La conseguenza, perciò, è che si voterà prima il nuovo capo dello Stato e solo dopo si riprenderà il confronto per formare il primo governo della legislatura. Il secondo fatto è il cambiamento del clima tra centrosinistra e centrodestra dopo che numerosi esponenti del Pd, a partire da Matteo Renzi, hanno messo sul piatto la necessità di dialogare con Berlusconi visto il fallimento del tentativo di aggancio nei confronti dei grillini fatto da Pier Luigi Bersani.

CLIMA NUOVO PD-PDL
La spinta al confronto dovrebbe favorire l’emergere di una candidatura condivisa per il Colle: si capirà qualcosa di più dopo l’incontro in settimana tra Bersani e Berlusconi. In questo quadro, l’identikit più verosimile raffigura il volto e l’itinerario politico di Franco Marini, ex presidente del Senato, da sempre apprezzato per il suo equilibrio in entrambi gli schieramenti. Altro nome che da tempo circola e che pure è riconducibile alla possibilità di un accordo tra Pd, Pdl e Scelta Civica è quello di Giuliano Amato, ex presidente del Consiglio, personaggio dotato di grande conoscenza e carisma anche a livello internazionale, benvisto nelle cancellerie non solo europee. In realtà, tra i possibili papabili per il Quirinale continua a far capolino anche la candidatura di Massimo D’Alema, anche lui ex premier e attualmente presidente del Comitato di controllo sui Servizi. Berlusconi, infatti, lo ha inserito nella ristretta lista dei leader graditi. «Però deve avere prima tutti i voti del centrosinistra», ha chiosato Maurizio Gasparri. Insomma D’Alema è in corsa ma, diciamo così, non in prima battuta.

I RIBELLI DEL M5S
In realtà c’è fermento anche tra i 5 Stelle. Esiste infatti una consistente frangia che è venuta allo scoperto anche nella “scampagnata” di sabato nella quale Grillo ha avuto un faccia a faccia con i suoi numerosi parlamentari. Sono in molti a rifiutare la linea di intransigenza assoluta nei confronti delle altre forze politiche e a chiedere di non autoescludersi nella partita più importante della legislatura. È il caso del senatore Fabrizio Bocchino. «Abbiamo preso il 25 per cento dei voti - spiega - e allora perché non dialogare anche sull’elezione di un presidente della Repubblica? Se ci arroccheremo sulle nostre posizioni, rischiamo di avere un D’Alema presidente della Repubblica ed un bel governissimo Pd-Pdl, e noi staremo a guardare mentre loro sfasciano un Paese. A me, francamente, questa situazione darebbe un po’ fastidio». Sottotraccia, ma neanche tanto, si fa infine strada la spinta per eleggere una donna alla carica più importante dello Stato. In questo senso, la candidata con maggiori chance è quella della radicale Emma Bonino.

 

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