Conversione di un leader

Beppe Grillo ospite del salotto di Bruno Vespa? Succede anche questo, nel nostro piccolo mondo alla rovescia. È come veder allenare la Juve da Clarence Seedorf o chiedere al ministro Franceschini di educare le masse con la tv. Grillo si è deciso al gran passo, che sarà lunedì prossimo, perché ha scoperto che in campagna elettorale Internet non basta, serve anche la tv istituzionale. E chi meglio di Vespa, la «terza Camera dello Stato»? L’ultima volta che si sono visti è stata 31 anni fa. Era una serata elettorale, la Dc di De Mita crollata, Vespa faceva Vespa e Grillo il giullare, per alleggerire quel mare di chiacchiere. La cosa che più stupisce è che fino a poco tempo fa la tv era per Grillo una ossessione: «Ho fatto la tv per 4o anni, fa male non per quello che viene detto ma per quello che si vede. Noi non andremo in tv, noi la occuperemo... La tv è morta da un pezzo, gli unici a non saperlo sono quelli che ci vanno». E ancora, i talk show li ha sempre descritti come luogo di massima perversione tra politica e tv perché «condotti abitualmente da giornalisti graditi o nominati dai partiti». Per non parlare della fatwa lanciata nel 2012, quando ai candidati del Movimento impartì perentorio: «Chi partecipa ai talk show deve sapere che d’ora in poi farà una scelta di campo».
A cosa si deve questo cambio di strategia? Il M5S ha costruito la sua fortuna sulla Rete, sul web, sul blog. E in effetti molto della comunicazione del Movimento, ogni giorno, passa da lì. Ma fin dall’inizio questa è stata soprattutto la retorica tipica del «vaffa», perché la tv ha invece svolto un ruolo decisivo: la comunicazione di Grillo è passata anche attraverso i suoi palinsesti, con proclami, interviste, frammenti di comizi e di spettacoli, efficaci perché contrapposti ai politici «tradizionali» seduti a discutere in studio. Dopo le ultime Politiche, però, qualcosa è cambiato: sono emersi i primi personaggi tra le truppe parlamentari, qualcuno ha svelato un po’ di «presenza», e così gli spettatori dei talk hanno imparato a conoscere i vari Fico, Di Maio, Di Battista. Ora il cerchio si chiude con il grande ritorno del Capo, a ristabilire una leadership, a sottolineare una primogenitura, forse ad anticipare un nuovo cambiamento del suo ruolo, anche politico, nel Movimento.
La prova generale si è avuta a Bersaglio Mobile con Enrico Mentana: è andata bene. Abituati a sentire Grillo urlare nelle piazze, e cavalcare costantemente la linea sottile (e sempre più confusa) che sta tra il comizio e la gaglioffaggine, sarà interessante capire come questa carica comunicativa reagirà con il curiale salotto di Vespa. Grillo presume molto di sé, si vive come uomo della Provvidenza (la sua sola presenza servirà a «salvare» la vituperata tv?); ilfool turpiloquente si fa ora stratega comunicativo e politico. Certo, gli arresti dell’Expo, gli scandali continui lo aiutano non poco a cavalcare il malcontento degli elettori, a uscire dalla sua immobilità prepolitica (attraversata da una vis letale), a fare nuovi adepti, a «purificare» gli scontri interni e le polemiche che si porta dietro. A meno che Vespa non lo anestetizzi e ci restituisca un Grillo d’antan, con differenti ruoli in commedia ma con lo stesso stile comunicativo.
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