Contro la partitocrazia per la legalità e l'amnistia

Dalla Rassegna stampa

Lo sapevate che dal 1993, anno del referendum promosso dai Club Pannella con cui fu abolito il finanziamento pubblico ai partiti, quegli stessi partiti si sono attribuiti sotto forma di "rimborsi elettorali", tradendo la volontà popolare, due miliardi e duecentocinquanta milioni di euro? E lo sapevate che quei "rimborsi", quei due miliardi e duecentocinquanta milioni di euro, non sono veri rimborsi? Scommettiamo di no. La partitocrazia non può permettersi che voi siate informati e che possiate effettivamente scegliere: sanno che, se accadesse, li mandereste tutti a casa.

Ma torniamo ai rimborsi elettorali. Per ciascuno di noi la parola "rimborso" vuol dire che se ho speso 10, devo ricevere indietro altrettanto, non di più. I partiti, invece, ricevono a titolo di "rimborsi elettorali" una somma di un ammontare pari a ben il 390 (t-r-ec-e-n-t-o-n-o-v-a-n-t-a) per cento delle spese sostenute! Questi dati non sono un'invenzione, un'operazione propagandistica di noi Radicali: sono contenuti nel Referto della Corte dei Conti (Collegio di controllo sulle spese elettorali) del 16 dicembre 2009. Nello stesso Referto, la Corte afferma che "quello che viene normativamente definito contributo per il rimborso delle spese elettorali è, in realtà, un vero e proprio finanziamento", il finanziamento pubblico sotto mentite spoglie, appunto: quello stesso che il 90,3 per cento delle italiane e degli italiani aveva deliberato di abrogare nel 1993. Un solo partito, come ha constatato la stessa Corte dei Conti, ha speso più di quanto ha ricevuto. Quale? La Lista Marco Pannella! I "costi della politica" di cui con tanto scandalo si parla andrebbero chiamati, piuttosto, "costi della partitocrazia", "costi della negazione dello Stato di diritto": noi Radicali da sempre invece rivendichiamo, contro "lor signori", la nobiltà della politica, come strumento per "cambiare la vita", per risolvere i problemi dei cittadini, non per truffarli!

Questi dati descrivono la realtà del regime italiano, di quella partitocrazia che - raccogliendo l'infausto testimone del Ventennio fascista - da oltre sessant'anni occupa il nostro Paese negando ai cittadini il diritto a "conoscere per deliberare", annientando lo Stato di diritto, cancellando alla radice la stessa possibilità di avere una "giustizia giusta". D'altra parte, i dati relativi ai rimborsi elettorali fanno perfettamente il paio con l'informazione: i partiti che si abbuffano con il denaro pubblico che si sono autoassegnato, sono gli stessi che monopolizzano radio, televisioni, telegiornali, talk-show: gli stessi nei quali i leaders di tutti i partiti, tranne noi Radicali, tranne Marco Pannella, letteralmente abitano. Ma quanto valgono quegli spazi? è possibile farsene un'idea prendendo come riferimento i listini pubblicitari della Sipra (Rai) e di Publitalia (Mediaset). Trenta secondi a ridosso del Tg1 delle 20 possono costare fino a centoventicinquemila euro. Trenta secondi a ridosso del Tg5 delle 20 costano fino a novantamila euro. Due minuti di Berlusconi (o di D'Alema, o di Vendola...) al Tg1 delle 20 valgono un miliardo di vecchie lire. Trenta secondi di pubblicità nel corso di Anno Zero possono costare da trentacinquemila a sessantacinquemila euro; nel caso di Che tempo che fa, da trentamila a quarantasettemila euro.

Per combattere questa occupazione partitocratica, condotta da chi - come quelli sul finanziamento pubblico - ha tradito i referendum per un sistema elettorale uninominale maggioritario infliggendoci invece la "porcata" di Calderoli e dei Parlamento dei nominati, o i referendum "Tortora" per la giustizia giusta, e proprio sulla giustizia, Marco Pannella ha iniziato dal 20 aprile scorso un lungo, drammatico sciopero della fame e, per ben quattro giorni, anche della sete, "perché l'Italia torni a potere in qualche misura essere considerata una democrazia". Un'iniziativa sostenuta ad oggi, tra gli altri, da 184 parlamentari, e che ha visto l'intervento anche del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. A quell'intervento il leader radicale ha risposto con queste parole: "Ho deciso di sospendere, e sottolineo sospendere lo sciopero della sete per rispondere e corrispondere all'atto istituzionale assai importante compiuto ieri dal Presidente della Repubblica che ha voluto riconoscere ufficialmente senso e valore della mia e della nostra lotta. Ora va rafforzato lo spiraglio di speranza che questa Presidenza della Repubblica ci offre: amnistia, amnistia, amnistia".

La lotta per la giustizia e la legalità continua!

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