Caselli-No Tav l'errore è politico

Non è banale quello che sta succedendo fra il movimento No-Tav e il procuratore torinese Caselli. C'è da registrare un aspetto singolare che spiega qualcosa. Due editorialisti che spesso si attaccano con toni anche forti, come Pierluigi Battista e Marco Travaglio, convergono sullo stesso giudizio: Caselli ha tutto il diritto di intervenire in pubblici dibattiti e i militanti No-Tav non hanno quello di impedirglielo.
Non si può che convenirne, dopo aver notato che il percorso dei due giornalisti è diverso. Il ragionamento di Battista è di carattere generale: tutti hanno diritto di parola, nessuno deve insidiarlo; quello di Travaglio è più centrato sulle buone ragioni di Caselli e sull'errore politico dei No-Tav. Se ne può arguire che se qualcuno avesse cercato di impedire un dibattito con, per esempio, Cesare Previti, il giudizio di Travaglio sarebbe stato più problematico mentre Battista avrebbe più o meno scritto lo stesso articolo.
Ma c'è un'altra questione degna di nota nell'articolo di Travaglio. Il Fatto ha sostenuto le ragioni dei No-Tav con molta forza e Travaglio evidenzia come Caselli non abbia inteso criminalizzare il movimento ma perseguire solo chi ha commesso atti violenti. Dunque sostenere la frangia violenta attaccando Caselli sarebbe un grave errore politico da parte del movimento. Giusto. Il problema è che i movimenti difficilmente apprezzano che a mettere ordine al loro interno siano PM e polizia. Nel qual caso l'errore politico sarebbe di Caselli.
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