Caro amico ti scrivo

Dalla Rassegna stampa

In uno di quei cinque giorni di guerra a Sanremo, la seconda o la terza sera del Festival, credo, decisi di non pensare a niente anche se il compito che ormai mi ero affidato non era affatto di lieve tensione. Mi sforzai comunque di evadere da ciò che sarebbe stato il mio secondo atterraggio al Festival. Quindi lo guardai e stranamente mi sorpresi del fatto che mi piacevano tutti. Dal simpatico conduttore ai cantanti, Rocco Papaleo e la allegra bellezza di Belen, Ivanka e Elisabetta Canalis. Ma più di tutti mi colpì una cosa: la dolce tenerezza di Lucio Dalla. Mi colpì al punto che aspettavo che la telecamera tornasse su di lui, come per rinforzare nella mia mente quella tenerezza che avrei voluto abbracciare.

Lui racconta sempre di quel giorno quando insieme partecipavamo ad uno spettacolo e lo spiazzò il fatto che quando toccava a me, prima di cantare presi un martello e piantai un chiodo sul pavimento del palcoscenico. Ricordo che lo feci, ma non rammento il perché lo feci. Lui rimase incantato come se improvvisamente si fosse imbattuto in chissà quale strana follia.

È stato un grande come cantante e come musicista. Ma soprattutto per l'originalità del suo modo di essere. E proprio per questo ho sempre visto in lui qualcosa che ci accomunava. Come per esempio quello di non presentarsi al pubblico se non si è più che certi di piacere prima di tutto a se stessi. Consapevoli, sia lui che io, che col passare del tempo, più che piacerti devi convincerti che tutto sommato puoi andare... .

Ti voglio bene Lucio! Il vuoto che hai lasciato è triste, anche se sappiamo, e tu ora lo stai allegramente toccando con mano, che il distacco da tutti quelli che ti amano e ti vogliono bene è momentaneo. Poco più di una frazione di secondo...

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