Cara Emma ci manchi, torna a darci una mano

Dalla Rassegna stampa

Il nostro è un popolo di bambini mai cresciuti, che ha per vocazione di estromettere le guide illuminate ma ha sempre bisogno di un padre-padrone, se lo cerca fra i peggiori imbonitori, e non rilegge mai la Storia: in tal modo ripercorre tutti gli errori del passato, studiandosi di aggiungerne ogni volta di nuovi e più gravi. Si sono consegnati a Mussolini in sudditanza assoluta, "Italia proletaria e fascista", obbedendo all’ordine di crescere di numero, accettando denaro e pacchi-dono in cambio di procreazione, per fornire braccia alla battaglia del grano e fantaccini per l’imperialismo da straccioni cui si credevano destinati. Affollando le piazze inneggiavano al "duce" che li arringava calcando la voce sulle frasi-chiave, quelle destinate ad essere stampigliate a caratteri cubitali sui muri delle stazioni e dei caselli ferroviari, sicché viaggiando per un’ora su un treno "accelerato" (ad onta del nome, lento come una lumaca) chiunque potesse ripassare la lezione: "Duce tu sei tutti noi", "Chi si ferma è perduto" e soprattutto "Credere, obbedire, combattere". Poi fu la liberazione dall’invasione nazista e dai rigurgiti fascisti di Salò, e gli italiani lessero con orgoglio nella Costituzione che la sovranità, da quel momento, sarebbe appartenuta al popolo. E tuttavia si sono lasciati governare per quarant’anni dalla diarchia di falsa contrapposizione pubblica (ma con accordi segreti) fra Dc e Pci, e hanno lasciato che tutto dall’informazione radiofonica e televisiva alla direzione dei complessi produttivi del Paese fosse lottizzato e suddiviso fra i vari partiti in un colossale sistema di scambio.

Di quando in quando gli italiani scoprono qualche nuovo padre padrone cui votare la propria fiducia, e la fantasia creativa del nostro popolo si manifesta nella varietà delle scelte: abbiamo avuto un industriale che ha governato l’Italia a colpi di "panem et circenses", mentre le piazze del Nord facevano rivivere il campanilismo più sfrenato, in un mondo che si fa ogni giorno più globale. Poi la fiducia massima è stata data ad un comico in disarmo che attrae tuttora le folle denunciando e criticando tutto senza mai proporre alternative. Intanto, dovunque c’è potere e denaro di cui impadronirsi, c’è tuttora attenta spartizione: neppur mascherata, anzi ormai legittimata dalla consuetudine. Infine, l’Italia ha assistito senza batter ciglio alla replica moderna del delitto fraterno di Caino, messo in scena con l’obiettivo di sostituire il capo di un governo con un altro della sua stessa parte. In questo Paese senza democrazia, la parola "democratico" è ormai solo una suppellettile del nome di un partito ora al governo, in cui avanzi estremi Pci e rigurgiti fondamentalisti Dc strattonano la linea politica alternativamente nelle opposte direzioni. Il giovane provinciale, emerso da una campagna elettorale per le primarie di partito mentre era sindaco di una importante città capoluogo e continuava a percepire le prebende da sindaco mentre faceva tutt’altro, ha scalato in pochi mesi la massima carica partitica di segretario nazionale che tuttora mantiene, ed ha brigato all’interno del Pd contro il capo del governo per prenderne il posto.

Il governo Letta è caduto senza alcuna crisi parlamentare, senza alcun dibattito nelle due Camere, per una decisione presa durante una direzione del partito sedicente democratico, al quale egli stesso appartiene. E non una voce si è levata a chiedere giustizia, perfino il capo dello Stato ha dovuto accettare il ricatto per evitare il peggio. Il ragazzotto di provincia ha deciso di innovare profondamente, cominciando col praticare un criterio giovanilista: il suo governo è costituito quasi tutto da giovani della sua parte, e da qualcuno appena un pochino più maturo, che gli è stato comunque imposto dalla lottizzazione partitocratica... no, chiedo scusa, "dal peso politico dei voti conquistati dai vari partiti alle elezioni". E così è stata spazzata via dal ministero della Giustizia Anna Maria Cancellieri, che ha alle spalle una importante storia al servizio dello Stato, ed una lunga attività di cui l’intera nazione deve esserle grata, per sostituirla con un giovanotto che ha soltanto esperienza di partito, e neppure uno straccio di laurea in giurisprudenza. Peggio: dal ministero degli Affari Esteri è stata eliminata Emma Bonino, la cui esperienza politica internazionale è riconosciuta ovunque, le cui ottime relazioni con persone di governo oltre i nostri confini sono note, che conosce per averli studiati sul posto i luoghi più "caldi" dei conflitti e delle violenze su diritti e popoli, che ha dato prova di capacità e forza in tutti gli incarichi che nel tempo le sono stati affidati: e il Dicastero è passato ad un ectoplasma politico che di affari esteri sa soltanto ciò che ha appreso facendo per qualche anno la "responsabile esteri" del partito Democratico. Esperienza di partito, anche qui, null’altro.

Per quanto impegno e buona volontà ci metta, come può fronteggiare gli avvenimenti diversi e tutti gravissimi che stanno esplodendo un po’ dovunque nel mondo? Ed ora arriva la notizia che sarà responsabile della politica estera europea, e lascerà il ministero italiano a qualche altro personaggio insipido ed inesperto dell’entourage del premier. Si potrà anche dire che io sono di parte, che sono indignata per queste scelte di Matteo Renzi, perché Emma Bonino milita nello stesso partito Radicale in cui milito anch’io da quasi mezzo secolo: questo è innegabile, a parte il fatto che anche Furio Colombo - che Radicale non è - si è espresso in questo senso più volte: ma c’è forse qualcuno, in Italia, che se la senta di affermare che la sostituzione di Bonino agli Esteri è stato un bene per il Paese? Sicuramente più indignata di me è la stessa Emma Bonino, così come Enrico Letta, tradito ed accoltellato "fraternamente" alle spalle. Enrico Letta è sparito dai giornali e dalle tv, e nessuno si chiede dove sia e che cosa stia facendo. Anche Emma Bonino è sparita e di lei si conosce ogni tanto una proposta nata dalla sua fertile mente e confidata ad un intervistatore. L’abbiamo vista un paio di volte al Partito, per la presentazione del Rapporto 2014 di "Nessuno tocchi Caino" e per un convegno sulla Turchia in Europa, e molti si chiedono perché da qualche tempo non la si vede alle riunioni. Pannella non perde occasione di ricordare che la sua sostituzione al ministero degli Esteri è stata una grave iattura e un gesto vergognoso e sleale, e noi non smettiamo di dirgli che non siamo certi che Emma ascolti le nostre conversazioni, ancorché ritrasmesse da Radio Radicale, perché forse è all’estero, chissà, forse è tornata al Cairo.

Dopo la caduta del governo Letta, e la sua estromissione, Emma convocò amici ed elettori in largo Torre Argentina, per un pubblico saluto. E lo disse chiaro al microfono, e tutti l’abbiamo sentita dagli altoparlanti e a Radio Radicale: «Vi ringrazio, vi voglio bene, ma adesso ho bisogno di stare un po’ sola con me stessa». Un modo elegante per dire quello che noi del Nord (Emma è nata a Bra, e io sono di origini piemontesi da parte di madre) definiamo "mettersi in un angola a leccarsi le ferite, e riprender fiato". Nessuno può capirla più di me, ho la stessa reazione quando succede qualcosa di grave. Ho aspettato che l’indignazione si affievolisse, ma oggi sento la necessità e l’urgenza di chiedere agli amici del Garantista lo spazio per scrivere ad Emma un messaggio: e deve essere un messaggio che leggano tutti, non mi basta mandarle una mail come ho fatto cento volte in tanti anni di lavoro militante comune. È come quei messaggi che in un momento di disperazione si mettono in una bottiglia per affidarli alle correnti marine, sperando che qualcuno li raccolga e l’aiuto ci raggiunga. Emma, mi manchi, mi manchi tanto. Come sempre, ma ora più che mai, ciò che facciamo come attività politica è ignorato, cancellato, annullato dal silenzio dei media, che è pesante come il succo del papavero.

Nell’ultimo bimestre dell’anno radicale, andando verso il congresso di "Radicali Italiani" abbiamo un’agenda fitta di impegni italiani e transnazionali, e molta incertezza su come coordinare ed organizzare tutto. Siamo pochi, squattrinati come sempre e più che mai, e ci manca il tuo consiglio, il tuo appoggio, la tua collaborazione: abbiamo bisogno di te, Emma, anche se solo io trovo il coraggio per scrivertelo. Il 3 novembre 2013 tu mi hai candidata all’incarico statutario di presidente del movimento, e sono certa che la mia elezione è avvenuta anche grazie al tuo prestigio: i compagni congressisti hanno votato tenendo conto soprattutto dell’autorevolezza di chi mi stava candidando. Della tua autorevolezza, del tuo prestigio abbiamo bisogno tutti, ora, nei momenti difficili che il Paese sta attraversando. Spero che sia chiaro: ti sto scrivendo non come presidente di Radicali Italiani, ma come militante, come quella laurarconti che per anni ha lavorato al tuo fianco con "Vita e disarmo", quando tu eri segretaria di "Food and disarmament international". Ti scrivo come quella compagna di partito e quell’amica che ti è sempre stata fedele e devota, ed orgogliosa della tua stima e della tua amicizia, tante volte testimoniata anche in pubblico. Solo per dirti, e dirtelo pubblicamente, che mi manchi tanto, che credo tu manchi molto anche a tutti i compagni: per Marco Pannella ne ho la certezza. E forse anche tu potresti aver bisogno di quel gruppo di matti che siamo, che da tanti anni sono la tua famiglia, da quando nel 1974 ti abbiamo vista arrivare con la tua forza, la tua ironia, la tua determinazione, le tue idee. Emma, vieni a dare una mano a noi del Movimento Radicali Italiani, a Marco, al tuo partito Radicale.

 

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