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Centoquindici milioni di euro possono ben essere definiti un tesoro. È il valore stimato della più grande discarica d'Europa, che sta in Romania. Era questo, secondo la procura di Roma, il tesoro di Vito Ciancimino che suo figlio Massimo ha cercato di nascondere alla magistratura. A Palermo lo cercavano da anni e si erano imbattuti in alcuni investimenti in campo energetico, sempre da quelle parti. In tempi più recenti i pm palermitani erano arrivati anche alla mega discarica, ma senza costrutto. Un anno fa avevano chiesto l'archiviazione dell'indagine al gip, che l'aveva negata. Intanto un'inchiesta finita a Roma sulla base di alcune intercettazioni telefoniche ha portato alla scoperta di un tentativo di vendita da parte di Massimo Ciancimino e alcuni suoi soci. Non è precisamente un successo della procura di Palermo. Anche perché a guidare le indagini romane è il procuratore capo Pignatone, il magistrato che quando era a Palermo coordinò la cattura di Provenzano. Una "vicenda da chiarire", disse mesi fa il dottor Ingroia annunciando al Fatto l'apertura di una inchiesta in merito. A completare il quadro, i carabinieri che conducono l'operazione fra Malia e la Romania sono diretti dal colonnello De Caprio, che catturò Riina e fu portato a processo da Ingroia, e assolto, per la famosa mancata perquisizione. Infine c'è da notare il nome del gip che negò l'archiviazione richiesta dai pm palermitani. È il giudice Morosini. Lo stesso che dovrà pronunciarsi sull'inchiesta "trattative". Anche la cronaca giudiziaria, oltre alla storia, sa essere maliziosa.
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