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Leggo dal libro di Annalisa Chirico "Condannati preventivi" una breve ricostruzione della vicenda giudiziaria di Salvatore Ferraro, ricorderete sicuramente l'omicidio all'Università di Roma della giovane Marta Russo. In poche pagine la questione di merito non viene nemmeno toccata. La sentenza c'è stata, è definitiva, amen. Non è questo il punto. Il punto sta nella sequenza fra carcere, arresti domiciliari, espiazione pena. Accusato nelle indagini preliminari Ferraro va in carcere e poi ai domiciliari. Condannato in primo grado, torna in libertà. Condannato definitivamente finisce di espiare la pena, dopo di che il suo tentativo di lavorare suscita un moto di indignazione nell'opinione pubblica fedelmente riportato dai mezzi di informazione. Converrete che è una sequenza demenziale. Nessuno si indigna se un tizio, nel momento stesso in cui viene condannato per omicidio, esce dal carcere come se fosse stato assolto. Viceversa è presumibile che se una volta accusato non fosse stato arrestato le proteste sarebbero state fortissime. Come sono state quando, scontata la pena, ha provato a reinserirsi. Bastano queste poche pagine a dimostrare che la giustizia in Italia è letteralmente un manicomio. Dove i più pazzi sono i medici.
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