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Mentre a Palermo ha preso il via l'udienza preliminare che dovrà decidere se l'inchiesta Ingroia sulla Trattativa stato-mafia può divenire un processo, a Roma la commissione parlamentare Antimafia prosegue le sue audizioni sullo stesso argomento. Giusto una settimana fa ha ascoltato di nuovo il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso. Audizione molto interessante, per più di un motivo, ma passata pressoché inosservata. In particolare Grasso ha parlato, sollecitato da un senatore dipietrista, del dossier mafia-appalti redatto dal Ros. Il senatore ha sostenuto che i carabinieri fornirono alla procura di Palermo un primo rapporto molto ridotto. La risposta di Grasso è stata singolare. È vero - ha detto in sostanza - il fatto è che non si fidavano della procura, allora retta dal dottore Giammanco. E infatti già quel rapporto "ballon d'essai" venne spezzettato e archiviato in gran parte. E per dolersene il generale Mori incontrò, in caserma e non in procura, Borsellino poco prima della sua morte. In quel momento anche Borsellino era ostacolato da Giammanco nelle sue indagini. Mori e Borsellino in sostanza, sostiene Grasso, avevano lo stesso problema con la gestione della procura di allora, all'interno della quale magistrati come Scarpinato e Lo Forte firmarono una richiesta di archiviazione per la parte di loro competenza del dossier del Ros. Nella ricostruzione di Grasso dunque i personaggi non sono posizionati come l'inchiesta sulla trattativa indurrebbe a pensare. Forse è il cuore della questione.
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