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Se nel 1993 i partiti avessero preso atto del risultato plebiscitario del referendum radicale contro il finanziamento pubblico e avessero cercato di ricostruire strutture leggere basate sull'autofinanziamento non sarebbero oggi al punto più basso della loro popolarità fra la gente.
Invece hanno preferito la scorciatoia di una legge-truffa sui rimborsi elettorali che ha ulteriormente aumentato il flusso di denaro contante nelle loro casse. La conseguenza era lucidamente descritta ieri sera all'“Infedele” da Arturo Parisi quando spiegava che i partiti ormai incassano più di quanto gli possa servire e che da ciò non può venire nulla di buono. Purtroppo però la validità dell'analisi è inversamente proporzionale al peso politico dell'analista dentro il suo partito.
La stessa equazione vale per altre questioni e altri parlamentari. Per esempio Ichino - o Cazzola - e la legge sul lavoro.
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