Bonino: «Dibattito in Parlamento dopo l'eventuale risoluzione Onu»

ROMA. L’Italia mantiene le distanze da un sempre più probabile intervento militare in Siria, anche se ci fosse il via libera dell’Onu. «La nostra partecipazione non sarebbe automatica» ma ci vorrebbe un dibattito parlamentare, ha avvertito il ministro degli Esteri Emma Bonino.
La priorità del governo, come è emerso ieri da un vertice a Palazzo Chigi presieduto dal premier Enrico Letta, è di accertare quanto prima le responsabilità dell’attacco chimico nei sobborghi di Damasco, facilitando il lavoro degli ispettori Onu. Da Washington si moltiplicano gli indizi di un’imminente rappresaglia contro il regime di Assad in risposta all’uso di armi chimiche, ma in Italia al momento prevale la linea non-interventista. L’ulteriore frenata è arrivata ieri dalla titolare della Farnesina: anche con l’ok del Consiglio di sicurezza dell’Onu ad un’azione militare in Siria ha puntualizzato Bonino - la partecipazione italiana «non sarebbe automatica», piuttosto farebbe scattare un «serio dibattito in Parlamento». Il collega della Difesa Mario Mauro ha detto ancora più chiaramente che «non ci sono spazi perché l’Italia prenda parte attivamente ad una nuova azione militare», perché i nostri soldati sono già impegnati «in Libano, Libia, Kosovo e Afghanistan». Ed in caso di richiesta da parte degli alleati di concedere le basi militari, «che ancora non è arrivata», ogni decisione del governo sarà «collegiale» e «sottoposta al Parlamento», ha aggiunto Mauro, specificando che il governo vuole «evitare avventure al nostro Paese». La linea italiana, formalizzata dal premier Letta al termine di una riunione con i ministri Mauro e Bonino ed il vicepremier Alfano, è di «chiedere con grande forza all’Onu che sia chiarito quanto successo» in quel terribile attacco del 21 agosto.
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