Bonino: "Con i Radicali resta la sintonia, ma adesso i ruoli sono diversi"

«Siamo e resteremo in sintonia, ma il governo è collegiale e i nostri ruoli sono diversi».
Voi il partito, io il ministro. Questo, in sintesi, va a dire la neo-titolare degli Esteri, Emma Bonino, alla direzione del Partito Radicale subito dopo il giuramento nelle mani di Napolitano al Quirinale. «In questa casa e scuola radicale ho imparato come si sta nelle istituzioni».
Il faro? L’articolo 92 della Costituzione «sulla collegialità del governo». Al sodo: nessuno si aspetti miracoli laici in un contesto di grande coalizione. Emma saluta i compagni nell’intervento in direzione trasmesso da Radio Radicale prima d’immergersi nell’agenda degli Esteri (oggi il passaggio di consegne alla Farnesina). Ma l’anima battagliera la accompagna ovunque. Oltretutto, i radicali stanno promuovendo una possibile legge d’iniziativa popolare sull’eutanasia e 6 proposte di referendum: dal finanziamento pubblico dei partiti alla giustizia giusta, dal carcere umano al maggioritario elettorale. «Continueremo a lavorare insieme, ma dev’essere chiaro che non ho la bacchetta magica, non sono King Kong. Diversi sono i nostri ruoli e le nostre responsabilità. Il modo migliore per onorare questa lunghissima militanza è svolgere al meglio gli impegni che ho assunto, come portafoglio e come collegialità del governo».
Emma alla Farnesina non significa il Partito Radicale al potere. «Potremo ribaltare stereotipi e tabù, ma non sarà facile in un Paese nel quale se uno dialoga, automaticamente trama inciuci inenarrabili. Ho più bisogno io di voi, di un partito più forte, che voi di me. Nel contesto attuale vogliamo essere speranza, non vendere illusione».
Riconosce poi che è ministro per impulso di Napolitano: «Devo ringraziare soprattutto lui». Si dice fiduciosa «nell’ipotesi referendaria», ma realisticamente non sarà questa «la priorità delle priorità». C’è un’agenda estera da riempire. «Non devo fare al partito transnazionale la lista o il racconto delle spine, dei dossier e dei drammi aperti dei nostri rapporti internazionali, dal Medio Oriente alla Siria, dai marò all’Europa». Anzi, l’Europa in testa. «Sarà durissima», ripete più volte. «C’è l’esigenza di essere immediatamente operativi».
Tutto questo è un’opportunità che «dobbiamo cogliere insieme, non discende automaticamente dal fatto di avere io una funzione. L’indirizzario non basta».
PLAUSO DI ISRAELE
La nomina della Bonino è stata già salutata con entusiasmo in Israele vista la tradizionale vicinanza del PR. Con un ministro politico, la Cooperazione che nel governo Monti aveva un dicastero ad hoc con Riccardi, è probabile che torni alla Farnesina. C’è anche una potenziale frizione sulla direzione della politica europea appannaggio del confermato ministro Moavero, ma che la Bonino ex Commissario Europeo vorrà riprendere in mano (ieri i due ministri sono scesi insieme, a piedi, dal Quirinale a Palazzo Chigi). E c’è la crisi dei marò, con le nuove indagini dell’Anti-terrorismo indiano e le devastazioni che la gestione del caso e le polemiche dimissioni di Terzi hanno fatto emergere nel tessuto della diplomazia. Ci sono nomine in vista, a cominciare dal rappresentante presso la Ue (l’ambasciatore Nelli Feroci va in pensione)... Ma la Bonino è donna di polso. Saprà governare le feluche e conciliare realismo e diritti. L’abbiamo vista determinata nel giuramento al Quirinale, in giacca rosso-fragola stile dissidente San Suu Kyi. Lo era pure nella direzione radicale parlando delle tutele rafforzate dopo la sparatoria di ieri. «Se per caso mi impongono la scorta per ragioni di sicurezza, sappiate che averla è già una gran rottura di suo e se ministro degli Interni e governo decideranno così, vi dico subito che vorrei non esser dileggiata da tutti voi inutilmente e demagogicamente». Compagni e feluche sono avvertiti.
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