Biotestamento, l'etica a fini politici

Dalla Rassegna stampa

Forse qualcuno saprà che al Senato da qualche giorno è ripresa l’ultima lettura della proposta di legge sul cosiddetto testamento biologico voluta dalla maggioranza, e di cui ormai sono rimaste a nostro avviso solo le "mentite spoglie".

La discussione per il momento è tutta rinchiusa nell’angusto spazio delle questioni tecnico-medicali, abbandonando completamente quello spazio etico - giuridico dove forse sarebbe stato meglio collocarla.

Il paziente, che esso sia uomo donna giovane vecchio, che sia malato terminale o in stato vegetativo passa in secondo piano, sembra tramontare di fronte allo stagliarsi della figura del medico, e dietro di lui dello Stato, ed ancora prima di una strana ideologia liberticida che vuole limitare l’autodeterminazione dell’individuo, cancellare i rapporti umani, le affettività, la fiducia di chi si mette nelle mani di un altro uomo/donna e di un altro uomo/donna (il medico) che a sua volta dovrebbe liberamente esercitare la propria professione in autonomia e con responsabilità.

All’interno del testo la volontà del paziente cede il passo al solo orientamento, dunque viene meno la libera espressione della determinazione individuale.

Il presunto tecnicismo cancella le relazioni affettive, il rapporto medico-paziente, le paure e il coraggio dei familiari e degli amici. Al paziente viene negata la sua dignità ed inviolabilità colpendo al cuore il diritto sancito dalla nostra Costituzione e dunque motivo certo di centinaia di futuri ricorsi alla magistratura.

Proseguendo all’articolo 2, che tratta di consenso informato, si legge, che esso “può esplicitarsi se il medico lo ritiene necessario o se il paziente lo richiede”un enorme passo indietro rispetto alla prassi ormai consolidata di alleanza terapeutica tra paziente e medico così come questa vive quotidianamente all’interno delle strutture sanitarie.

Sbagliamo forse a questo punto se affermiamo che questa legge è una non legge!

Il testo, infatti, è tutto volto alla minuziosa protezione penale del medico piuttosto che del paziente che da soggetto diviene oggetto. Il rapporto fiduciario di alleanza terapeutica si spezza, aprendo le porte alla diffidenza e ad un gioco di rapporti di forza. Il paziente può solo esprimere degli orientamenti e questi, a loro volta, possono essere solo sulla eventuale attivazione di trattamenti terapeutici e non sul rifiuto di essere sottoposti ad essi.

Il paziente si trova in trappola, tanto più se volesse sottrarsi a trattamenti sanitari quali idratazione ed alimentazione tramite sondino visto che questi non possono, ancora una volta è il testo di legge a dircelo, essere oggetto di dichiarazione anticipata di volontà.

Poco ci manca che una persona, per essere sicura che qualcuno non imponga al suo corpo ed alla sua dignità qualcosa che non vuole, non decida sia meglio rimanere a casa tra i suoi cari piuttosto che affidarsi alle cure sanitarie!

Come possono i parlamentari della maggioranza che magari con sincerità intendono difendere la vita (quanto ha detto a questo proposito il femminismo!) non ritenere che sia più naturale e giusto eticamente accompagnare la fine vita piuttosto che artificialmente imporre una non morte?
Questo è il cuore etico - filosofico della discussione.

I medici ci chiedono di restituire loro il ruolo di autonomia e di responsabilità riconoscendogli dunque quella abilità tecnica ma anche umana che sono proprie della loro professione.

In questo ambito cosi delicato e sempre oggetto alle variazioni della incredibile velocità del progresso tecnico e scientifico noi parlamentari dovremmo produrre una legislazione che ci consegni un diritto mite, capace di garantire un rapporto di intimità e di relazioni affettive e di fiducia tra i soggetti coinvolti (paziente, medico, familiari). Nella ricerca sempre più necessaria di un nuovo rapporto tra l’uomo e la natura che lo circonda, le tecniche artificiali andrebbero più giustamente ricollocate, mezzo nelle mani dell’uomo per migliorarne le condizioni di vita.

È l’uomo che deve poter ancor decidere se e quando farne uso. È la vita nella sua inviolabilità e dignità che deve ritrovare centralità nelle finalità della politica.

Qualcuno qualche giorno fa sulle pagine dell’Avvenire ha scritto: “Si avverte, da parte della politica e del diritto, un delegare scelte ed opzioni che di fatto trascendono le capacita delle scienze empiriche, costringendo questi argomenti (quelli bioetici) nello spazio angusto della razionalità tecnica. Ciò ha impedito di discuterne i risvolti antropologici, etici e politici”.

Questo qualcuno è il Ministro Sacconi. Come la mettiamo, colleghi della maggioranza con quello che impone questo vostro brutto testo? E come la mettiamo, colleghi dell’opposizione, a voler con troppa disinvoltura liberarsi dei radicali che sul tema dei diritti civili molto hanno fatto nel nostro paese e che probabilmente molto hanno ancora da dirci?

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