Biotestamenti, continua la corsa dei Comuni

L’ultimo in ordine di tempo è stato il Comune di Parma, il cui Consiglio comunale martedì ha deliberato a maggioranza l’istituzione del registro dei testamenti biologici. Sempre dei giorni scorsi è la notizia che il Comune di Foggia discuterà a breve una proposta per l’istituzione del registro dei biotestamenti elaborata da due commissioni competenti, dietro mozione del gruppo Sinistra e Libertà, mentre a Trento si è mossa l’amministrazione provinciale che ha approvato la proposta dell’assessore alla Sanità Ugo Rossi (Centrosinistra autonomista) di far nascere una banca dati del cittadino sui trattamenti sanitari di fine vita. Nel corso dell’estate identiche iniziative, se pur con qualche differenza poco sostanziale, sono andate in porto a Milano e Venezia, aggiungendosi così al centinaio di Comuni che hanno già deliberato l’istituzione dei cosiddetti bio-registri. attivismo delle amministrazioni locali nell’assumere iniziative nel campo del fine vita sembra non arrestarsi, viaggiando di pari passo con la sempre più marcata campagna ideologica a favore dell’autodeterminazione del soggetto cavalcata in particolare dai Radicali italiani, che solo alcuni giorni fa, il 13 settembre, insieme all’Associazione Luca Coscioni, Exit Italia e Uaar (Unione degli atei e agnostici razionalisti), hanno presentato alla Camera la proposta di legge di iniziativa popolare «per affermare per tutti i cittadini la libertà di scelta», ovvero legalizzare l’eutanasia (7Omila la firme raccolte).
A Parma la delibera, proposta da Ettore Manno dei Comunisti italiani, ha trovato l’appoggio del Movimento 5 Stelle, che governa il Comune emiliano. Marco Bosi, capogruppo grillino, ha sostenuto di ritenere «ragionevole che anche a livello comunale si faccia quanto possibile per superare l’immobilismo centrale sui temi etici», sollevando così il velo sulle intenzioni reali: aprire il varco a un intervento parlamentare sul tema del testamento biologico, nel senso di un rispetto assoluto della volontà del soggetto anche nei casi in cui spingesse verso il suicidio. Sì, perché è proprio questo l’interrogativo da porsi: a cosa servono i registri per le dichiarazioni anticipate di trattamento sanitario se, come anche i promotori riconoscono, non hanno alcun valore normativo, entrando in una materia che deve essere regolamentata a livello nazionale? Si cerca così di produrre un’accelerazione. Quella di cui si dice «preoccupato» il deputato Raffaele Calabrò (Pdl), relatore nella scorsa legislatura del disegno di legge sulle Dichiarazioni anticipate di trattamento, arenatosi in extremis per lo scioglimento delle Camere. «In questo momento - dice Calabrò - mentre il tema del fine vita non è all’ordine del giorno dell’agenda politica, si registra un’accelerazione culturale e istituzionale non di poco conto a favore del principio dell’autodeterminazione. Basti pensare che la bozza del nuovo Codice deontologico predisposta dalla Federazione nazionale dell’Ordine dei medici, in un articolo sulle Dat chiede ai medici di rispettare fino in fondo le volontà espresse dal paziente».
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