Bersani, ultima corsa: "Grillo decida o a casa"

Dalla Rassegna stampa

Vuole essere lui, Pier Luigi Bersani, il primo a dare le carte per la costruzione del prossimo governo. La sconfitta elettorale è un dato di fatto e il segretario del Pd non la nega (“Noi abbiamo perso perché abbiamo avuto un risultato inferiore alle aspettative”). Ma non accetta neppure da lontano l’idea che questi numeri lo escludano dal tentativo di formare un nuovo governo. Conta su Napolitano, Bersani. E sul fatto che quel governo del Presidente, di cui si parla in modo molto concreto in queste ore, non possa che rappresentare un’extrema ratio per arginare il ritorno forzato alle urne tra pochi mesi. È vero, ammette Bersani, che “da soli non riusciamo a garantire la governabilità”, ma insiste: “Noi abbiamo 460 parlamentari, il doppio della destra, il triplo di Grillo e quindi tocca a noi dire la prima parola su quello che bisogna fare; Grillo decida, o tutti a casa. E va a casa pure lui”.

Quel Senato uscito ingovernabile dalle urne, dunque, sembra non spaventarlo. Al punto da ammettere, temerariamente, di avere già in testa un suo schema di governo: “Largamente rinnovato - giura - con la presenza di giovani, donne e anche presenze esterne dai partiti, assolutamente competenti”. Perché, dice il leader Pd, con una delle sue consuete metafore un po’ naif, “far battere la palla in una situazione sociale come questa è pericoloso”. Come a dire: sarebbe pazzesco che qualcuno non si prendesse le sue responsabilità visto il momento che sta vivendo il Paese, ma fare i conti con Grillo non è solo difficile, è impossibile. Quel che emerge, dunque, alla vigilia di una settimana che potrebbe rivelarsi esiziale per il Pd, con una direzione del partito, fissata per mercoledì prossimo (e dove ci sarà una resa dei conti aspra, con possibile richiesta di dimissioni di Bersani) è che comunque il segretario del partito punta tutto sul rilancio, per non restare ostaggio di Grillo. Conscio tuttavia che questo “gioco di rimbalzo” potrebbe anche avere esiti devastanti. La strategia è quella dell’attacco e niente tavolini. “Lo dico a Grillo che gioca a fare l’uomo mascherato: io non apro tavolini e non sto qui a scambiare le sedie. Ha un movimento che ha un terzo dei parlamentari, decida che vuole fare altrimenti andiamo tutti a casa, anche lui”. L’analisi del perché si è arrivati a questo punto sembra semplice: “La rabbia e il disagio sociale hanno messo anche noi nel mucchio; anche l’appoggio al governo Monti ha precisato - ha comportato dei problemi”. L’autocritica, però, si ferma qui. Ed è un po’ poco anche per allontanare l’accordo preventivo con qualche forza politica del nuovo Parlamento, anche se il rifiuto verso il Pdl è netto: “É pura irrealtà - sostiene Bersani - io non so se è vero o falso, ma è in corso un’indagine sul caso del senatore De Gregorio, sull’acquisto di parlamentari per ribaltare le elezioni. Non sono mica noccioline, è roba di una gravità cosmica”. Per Grillo, il piatto è ancora più freddo. “Mi sembra che Grillo non sia d’accordo sul fatto che uno straniero nato e cresciuto qui sia italiano marca la distanza Bersani - e che sia stato tiepido sulla lotta all’evasione”. Ancora: “Grillo non dica che non c’è più né destra né sinistra - ecco la contestazione politica - perché poi a un certo punto bisogna scegliere in che direzione andare”. E come si fa, poi, a pensare di trovare una convergenza con un partito “azzoppato nella sua democrazia interna? Una volta al governo, finirebbe per azzoppare la democrazia”.

Con il Pdl no. Con Grillo neppure. E, allora, dove pensa Bersani di trovarli i numeri per varare il suo governo tanto innovativo? Nello “scopo”. Un governo “di scopo”. Che prende una fiducia in Parlamento sulla base di una serie di punti di programma. Poi, di nuovo alle urne. C’è da fare: una legge contro la corruzione, una contro il conflitto di interessi, una dedicata ai costi della politica; un’altra per gli interventi sull’economia verde e sull’urgenza sociale. Per il segretario del Pd altri temi centrali sono i diritti civili, i diritti degli omosessuali e la scuola. Da che parte verrà il sostegno? “Da chi vuole cambiare qualcosa”. A cominciare, forse, dal nuovo presidente della Repubblica, su cui “troveremo una convergenza”, mentre sarà dura trovarla sui rimborsi elettorali. Bersani non vuole nessun taglio netto, nessuna tabula rasa; i rimborsi “servono”. E poi apre anche su Renzi: “Avrà un ruolo”.

 

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