Bebè in provetta, l'Europa piccona la legge "Un diritto anche per le coppie non sterili"

Dalla Rassegna stampa

Per adesso la Corte europea per diritti dell'uomo ha accolto il ricorso. Poi arriverà la sentenza. In ogni caso però la legge italiana sulla fecondazione assistita, già semi abbattuta a colpi di sentenze, torna sul banco degli imputati. Questa volta all'attenzione dei giudici di Strasburgo c'è il ricorso presentato da una coppia di Reggio Calabria, Rosetta Costa e Walter Pavan, contro l'articolo della legge che esclude dalle tecniche di fecondazione assistita, e dunque dalla diagnosi pre-impianto, le coppie non sterili. Rosetta e Walter, 34 anni lei, 36 anni lui, nel 2006 diventano genitori di un bimbo affetto da fibrosi cistica, e proprio in quell'occasione scoprono con dolore di essere entrambi portatori sani della grave malattia genetica, che si trasmette dai genitori ai figli in un caso su quattro. Nel 2010 Rosetta Costa resta di nuovo incinta, ma un test prenatale rivela anche in questo caso la presenza nel feto della fibrosi cistica. La coppia decide per l'aborto. Prima di affrontare una nuova gravidanza, la coppia chiede di poter effettuare una fecondazione assistita, per poter così accedere alla diagnosi pre-impianto dell'embrione e mettere al mondo un bimbo sano.

La legge 40 vieta però l'accesso alle tecniche alle coppie non sterili, anche se portatrici di patologie genetiche. Con l'eccezione, introdotta nel 2008 dal ministro Livia Turco, che ammetteva allo screening prenatale anche i maschi (fertili) ma affetti da patologie "virali" come l'Aids o l'epatite B. Affermando dunque di essere vittime di una discriminazione, e invocando gli articoli 8 (diritto al rispetto della vita familiare) e 14 (divieto di discriminazione) della Convenzione dei diritti dell'uomo, Rosetta Costa e Walter Pavan si sono rivolti a Strasburgo. E c'è da segnalare che la diagnosi pre-impianto per le coppie non sterili è già legale 15 paesi europei. Soddisfatto il commento di Filomena Gallo, vicepresidente dell'Associazione Luca Coscioni. «Quando il tribunale europeo esaminerà la normativa, mi auguro che consenta un accesso universale alle tecniche di fecondazione assistita a tutti coloro che per avere un figlio hanno bisogno dell'aiuto della medicina, eliminando discrimini assurdi. In Italia, la Carta costituzionale sancisce il principio di uguaglianza, il diritto alla cura, ma la legge 40 disattende tutto ciò». E un'eventuale bocciatura della Corte europea, obbligherebbe l'Italia a riscrivere tutta la legge. Del tutto diversa la posizione del sottosegretario alla Salute Eugenia Roccella, secondo la quale la Corte europea «non ha accolto bensì, al momento solo accettato di valutare il ricorso». In ogni caso Roccella ribadisce il no alla selezione genetica degli embrioni «espressamente vietata dalla legge stessa». Anche se, a dire il vero nel 2009 la Consulta ha dichiarato incostituzionale l'articolo della legge 40 che vietava la diagnosi pre-impianto che infatti viene di nuovo eseguita nei centri.

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