Le associazioni bocciano il referendum proposto dalla maggioranza di centrodestra Prostitute ascoltate in Regione: “No al ritorno delle case chiuse”

Le associazioni che rappresentano le prostitute bocciano il referendum proposto dalla Lega per l’abolizione parziale della legge Merlin. Questo l’esito della prima audizione ieri in commissione Affari Istituzionali sull’iniziativa del Carroccio, votata dal centrodestra, ma non dall’Ncd, e sostenuta anche dal movimento Cinque stelle, che punta ad ottenere la riapertura delle case di tolleranza. «L’abrogazione parziale della legge Merlin sarebbe inutile e dannosa — ha spiegato Pia Covre, storica fondatrice della onlus Comitato per i diritti civili delle prostitute — . Siamo convinti che i referendum popolari siano un atto democratico, ma questa proposta non è abbastanza valida per cambiare lo scenario».
La preoccupazione della Covre è che, al contrario, «eliminare dalla strada la prostituzione per legge significherebbe spingerla più nel sommerso e renderla più pericolosa». L’attivista ed ex prostituta ha quindi lanciato una sfida: «Se la politica avesse coraggio, dovrebbe abolire tutta le legge Merlin, per poi approvarne una totalmente nuova». Per nulla intimidita dalla presenza di rappresentanti di tutti i gruppi presenti al Pirellone, la Covre ha aggiunto con tono provocatorio: «Gli italiani in fondo sono un popolo tutto casa, chiesa e casa di tolleranza. Nella politica vedo spesso le stesse facce che si spostano dal Comune alla Regione e infine magari in Parlamento, ma ogni volta dicono che non hanno la competenza per fare le cose di cui parlano sul tema della prostituzione».
Parole che hanno spiazzato diversi politici presenti. Come il presidente della commissione, il ciellino Stefano Carugo, che imbarazzato si era rivolto alla Covre chiamandola dottoressa, ricevendo la risposta ironica: «Non sono una dottoressa, ma una ex prostituta che ha smesso di lavorare per raggiunti limiti di età». O il leghista Massimiliano Romeo, relatore della proposta di referendum, che ha difeso la sua idea: «Chi critica il referendum non vuol cambiare nulla». A spostare l’accento sul problema della prostituzione maschile, è stato Yuri Guaiana, leader dell’associazione radicale Certi Diritti: «Noi siamo per la regolamentazione del lavoro sessuale e siamo nettamente contrari alla riapertura delle case chiuse così come lo erano prima, perché rischiano di essere un luogo di sfruttamento».
Secondo la tesi delle associazioni delle prostitute, il tema del «mercato del sesso» dovrebbe essere regolato non dal codice Penale, ma da quello Civile. Vorrebbero un sistema fiscale equo, che preveda magari l’iscrizione delle prostitute all’Inps, il pagamento dell’Irpef, ma non dell’Iva. In altre parole, chiedono che la prostituzione riceva lo stesso trattamento di qualsiasi altro lavoro. Anche i grillini, che avevano votato sì alla proposta di referendum, sono stati presi in contropiede, ma la portavoce Paola Macchi ammette: «Dal comitato prostitute abbiamo ricevuto una lezione di dignità e competenza». L’assessore regionale al Territorio Viviana Beccalossi, Fdi, invece, ha invitato le prostitute «ad autocostituirsi in cooperative».
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