Approccio liberale prima di tutto

Dalla Rassegna stampa

La Politica può riacquistare prestigio e autorevolezza soltanto attraverso un grande dibattito, ma che sia aperto, ampio, diffuso. Un dibattito a 360 gradi, in modo tale che le idee possano circolare ed essere conosciute dal maggior numero di persone. Un grande dibattito è quello che manca, oggi, nel nostro Paese.

L'approccio liberale, non a caso, prevede sempre una discussione, un dialogo, un contraddittorio prima di fare una scelta o di prendere una decisione.

Alla politica italiana servirebbe un dibattito aperto, sincero, espresso con solarità, alla luce del sole, in modo palese, dichiarato, riconoscibile.

La teoria liberale, infatti, si basa sulla ricerca della e delle verità, sull'apertura verso l'altro, sull'ascolto, sulla parola, sulla conoscenza delle idee in campo.

È quello che, per esempio, cercò di fare Mario Pannunzio con il suo "Risorgimento liberale", il periodico clandestino degli anni quaranta, e poi con "Il Mondo", che mise insieme il meglio della cultura liberale degli anni cinquanta e sessanta. È quello che cerca di fare, nel suo piccolo o grande che sia, anche il quotidiano "l'Opinione" attraverso un'impostazione liberale, sempre attenta a ciò che si muove nel panorama politico italiano e non solo.

Insomma, se manca la circolazione delle idee, se non c'è dibattito, se non c'è la possibilità di conoscere e di essere conosciuti, di contraddire o contraddirsi, di approvare o dissentire, di scambiare opinioni e proposte, allora la democrazia si svuota e diventa un mero meccanismo elettoralistico, affaristico, spartitorio, fino a trasformarsi in un Potere fine a se stesso, in una conventicola oligarchica, in un verticismo, in un sistema partitocratico, in una non-democrazia. È l'elemento liberale, infatti, a permettere alla democrazia il rispetto della regola e delle persone, a garantire la tutela delle minoranze a offrire il riconoscimento dei meriti, la scoperta del talento, la valorizzazione delle attitudini di ciascuno ma , soprattutto, a favorire la concorrenza leale tra le forze e le proposte esistenti rimuovendo quegli ostacoli che impediscono la libera circolazione delle idee e l'affermarsi della democrazia.

È il “metodo liberale" che delimita i vari poteri in maniera tale da evitare i soprusi, le sopraffazioni e l'emergere dell'arbitrio al posto della regola o dello Stato di diritto. Tutte le lotte politiche di Marco Pannella e dei radicali si basano su questo presupposto, cioè sulla necessità di aprire un grande dibattito liberale sui problemi e sulle eventuali soluzioni che riguardano la giustizia, l'economia, il mondo del lavoro, le istituzioni, i diritti umani e civili. Al di là di tutto, prima di tutto, con le generose battaglie non violente, Pannella chiede che si offra ai cittadini la possibilità di accedere a una discussione approfondita sui temi e le questioni che attanagliano la nostra vita sociale e civile.

Perché soltanto così diventa possibile far vivere la democrazia attivando quella continua ricerca delle verità, con la v minuscola, che la filosofia liberale promuove, aziona, alimenta. Il Potere, invece, ha bisogno delle menzogne per affermarsi, per sopravvivere, per restare al Potere. Quando le menzogne non bastano più, il Potere illiberale e anti-democratico ricorre al sotterfugio, all'oscurantismo, all'annullamento del dialogo, alla chiusura ermetica nei confronti della diversità, delle idee altrui, della conoscenza. Perché se non si è conosciuti, non si può nemmeno essere valutati né giudicati, nemmeno per correggere i propri errori. Restano ignoti finanche gli errori. E se non si conoscono gli sbagli non si può migliorare. Ma non basta: tra le menzogne e le verità, in mezzo, ci sono anche le omissioni, ci sono i comportamenti omertosi, c'è la mancanza di conoscenza. È l'ignoranza del Potere partitocratico. Servirebbe allora, un grande dibattito in questo nostro Paese. Una discussione sullo stato delle carceri, sulla sofferenza della comunità penitenziaria, sull'intero sistema della giustizia. Altrimenti, in queste condizioni, qualsiasi riforma rischierebbe di trasformarsi nell'ennesima controriforma.

Ma c'è qualcosa di peggio della menzogna, c'è qualcosa di peggio dell'omertà, c'è qualcosa di peggio delle omissioni, in fondo al tunnel buio della partitocrazia al Potere c'è l'auto-inganno.

Quando, cioè, dopo tante bugie e falsità, si finisce con l'ingannare se stessi. Può capitare a chiunque, a tutti.

Può capitare ai cittadini, alle persone oneste, a chi è in buona fede, ma può capitare anche a una intera classe dirigente e partitocratica. È quel che capita oggi. In tali casi, cosa può accadere? Servirebbe un dibattito anche su questo.

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