Angela appoggia l'elezione di Nicolas debutta la campagna transnazionale

Dalla Rassegna stampa

Cinque anni fa, sembra un secolo, Ségolène Royal andò a Madrid per ricevere la benedizione del compagno socialista e primo ministro della Spagna. La chiamarono «Zapatera» per qualche giorno, e la cosa finì lì. Poi ci sono stati i contatti tra i leader centristi, il francese Frangois Bayrou e l'italiano Francesco Rutelli, e l'amicizia tra i sindaci Bertrand Delanoé e Walter Veltroni. Scambi di chiavi della città, convegni e poco più.

Con l'annunciato appoggio della cancelliera tedesca Angela Merkel alla campagna elettorale del presidente uscente francese Nicolas Sarkozy, i rapporti tra i politici europei perdono il loro carattere diplomatico per diventare di sostanza: è il debutto di una campagna elettorale transnazionale (chissà se Marco Pannella se ne rallegra), perché non si era mai visto un capo di Stato di un grande Paese impegnarsi in prima persona - e attivamente - per la rielezione del leader del Paese vicino. «Sarkozy è l'uomo giusto per la Francia e per l'Europa», dicono a Berlino: la Merkel ha promesso che salirà sul palco accanto al presidente francese sin dal suo primo comizio. Lo stesso Sarkozy è apparso imbarazzato da un sostegno così impegnativo, e a domanda in tv ha risposto con un sorriso forzato «non sapevo che la signora Merkel votasse in una circoscrizione francese». Ci sono politici più popolari della Merkel in Europa e in Francia, e non si sa se il sostegno pubblico della cancelliera in un meeting francese porterà a Sarkozy più voti e applausi che fischi.

Ma al di là del merito e delle evoluzioni della coppia «Merkozy», l'ingerenza nei processi democratici degli Stati vicini sembra ormai una tendenza che nessuno si preoccupa più di nascondere. Cominciò lo stesso Nicolas Sarkozy, quando nel novembre scorso si offrì di venire personalmente a Roma per convincere i parlamentari italiani a dare la fiducia a Mario Monti, non ancora nominato ufficialmente presidente del Consiglio. Le elezioni e le leadership dei singoli Stati europei non sono più un affare nazionale, e le maschere sono cadute. È forse un primo, caotico, informale inizio di quell'Europa politica federale che, paradossalmente, è proprio Sarkozy a non volere.

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