Anche da assente Vasco oscura i film del Festival

Venezia Lido. Potenza dell'assenza. Vasco Rossi non c'è, dovendo ingurgitare antibiotici per sei settimane in clinica, ma qui al Lido non si parla che di lui. Il documentario che lo riguarda, Questa storia qua, ha oscurato i film del concorso di ieri, trasformandosi, grazie al tam-tam mediatico, in uno degli eventi della Mostra. In tanti, quasi un centinaio, tra i quali Gaetano Curreri, Angelo Righetti e amici vari, sono venuti da Zocca, la sua cittadina natale tra i monti emiliani, per festeggiarlo prima sul tappeto rosso, con Vincenzo Mollica a fare da padrone di casa, e poi in Sala Darsena. Quelli che Vasco chiama, per scherzo, «le teste di Zocca». Il resto l'ha fatto la tecnologia applicata al senso degli affari, visto che la Lucky Red, in anticipo di due giorni sull'uscita ufficiale ma in contemporanea con l'anteprima veneziana, ieri sera ha proiettato Questa storia qua in oltre 200 sale italiane, grazie a un collegamento satellitare. Non poteva mancare il saluto di "Blasco", arrivato per mail e letto dalla fedele Tania Sachs.
Cosa manda a dire'? «Eccomi qua, sul tappeto rosso, per assistere con voi alla visione di questo film documentario che racconta la terra dove sono cresciuto, la sua influenza su di me e sulla rockstar Vasco Rossi» esordisce. Zocca come centro del suo mondo. «Questo piccolo microcosmo, popolato da un pugno di anime uscite dalla feroce e terribile esperienza della guerra e che ha ricominciato a vivere una vita normale felice soltanto di essere viva. Noi siamo una generazione cresciuta nel periodo più bello della storia dell'umanità. In un crescendo di benessere e di esplosione sociale. Personalmente, in una famiglia che non possedeva niente, non ho mai avuto la sensazione mi mancasse qualcosa. Credo sia stato l'amore che respiravo a pieni polmoni in una casa di 100 metri quadri. Ho avuto un'infanzia felice e un'adolescenza fantastica». Il messaggio, ricolmo di suggestioni, ricordi e citazioni, si chiude così: «Un universo in un bicchiere di vino. Tutto il mondo è Paese. Il film documentario è molto poetico. Io l'ho già visto e mi sono commosso. In bocca al lupo a tutti».
In tanti per assistere alla passerella, e ce ne sarebbero stati di più se il rocker sessantenne non avesse dato buca per i noti motivi di salute. Ma anche così s'è pappato la Mostra, esattamente come Madonna giovedì e un po' Patti Smith domenica sera, quando ha suonato live qualche canzone a sostegno di "Pivano Blues", l'omaggio di Teresa Marchesi a Femanda Pivano. A quanto pare il cinema è dei cantanti, anche quando teorizzano sciocchezze. Proprio ieri, infatti, un gruppo di oncologi ha saggiamente replicato a una confessione di Vasco Rossi affidata a Vanity Fair: «Se avessi avuto un cancro non mi sarei curato. Antidolorifici ai Caraibi. Ecco quello che avrei fatto. Perché non voglio soffrire, voglio morire allegro». Vabbè. In compenso, sempre dal suo blog, il cantante s'è divertito a sfottere lo spot antidroga che il sottosegretario Carlo Giovanardi è venuto un po' inopportunamente a presentare proprio alla Mostra, insieme a Nek, don Mazzi e Beppe Fiorello. «Non è mai morto nessuno a causa di uso o abuso di marjia!! I radicali a Venezia stanno manifestando contro questo spot oltretutto misogino, odia pure le donne Giovanardi se le vede come vampiri ...» ha ironizzato Vasco. Davanti al Palazzo alcuni radicali, pochi ma combattivi, innalzavano cartelli di protesta con la scritta: «Giovanardi non ci casco Io preferisco Vasco». Tutto si tiene?
Per fortuna da Questa storia qua, amorevolmente girato dai ventottenni Sibylle Righetti e Alessandro Paris, esce un Vasco inedito e non convenzionale, che fa dimenticare le stramberie su Facebook delle ultime settimane. Mai inquadrato direttamente, Vasco parla a ruota libera: ricorda il padre camionista e il primo arresto per droga, commenta le immagini che lo ritraggono, da ragazzo e poi da giovane rocker capellone e sciupafemmine: la prima band, le ragazze, soprattutto l'amico chitarrista Massimo Riva, ucciso dall'eroina. Un collage sorprendente di super 8, filmini fatti in casa, fotografie private, esordi televisivi e canzoni. Ne esce un ritratto denso, non inginocchiato, anche contraddittorio di un uomo vivo quasi per miracolo. «Ho momenti di genio e lunghi periodi di mediocrità» riconosce. E intanto I soliti, canzone scritta apposta per i titoli di coda, è già prima nella classifica digitale di iTunes.
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