All'America le scuse non bastano

Dalla Rassegna stampa

Le scuse non bastano, il comportamento israeliano è un grave insulto che allontana il Medio Oriente dal processo di pace. La Casa Bianca rincara la dose di critiche nei confronti dello Stato ebraico, dopo l'annuncio di nuovi insediamenti a Gerusalemme Est avvenuto mentre il vicepresidente Usa Joe Biden era in visita nel Paese. Si tratta di «un affronto» e «un insulto», che «rende ancora più difficile un processo particolarmente complicato», dice David Axelrod, ospite dei salotti televisivi domenicali.
Il più stretto consigliere di Barack Obama è convinto che l'annuncio «è stato un preciso calcolo per indebolire» i negoziati indiretti iniziati sotto la supervisione dell'emissario Usa George Mitchell. «Israele è un alleato forte e particolare, con il quale abbiamo stretti legami - spiega Axelrod - e proprio per questo non è stato corretto». Si tratta di un comportamento orchestrato da certi ambienti dello Stato ebraico, che desta negli Stati Uniti «maggiore preoccupazione» perché il processo di pace in Medio Oriente «è essenziale per la nostra sicurezza». Del resto dopo le rimostranze di Biden e del segretario di Stato Hillary Clinton «credo che gli israeliani abbiano colto senza nessun dubbio la nostra irritazione». A poche ore di distanza è il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, a farsi sentire spiegando che le scuse del premier Netanyahu sono «un buon inizio», ma da sole non bastano. «Credo che un inizio ancora migliore - dice Gibbs - sarebbe sedersi intorno al tavolo con idee nuove per un dialogo costruttivo basato sulla fiducia».
Da parte sua Netanyahu ha parlato di «un incidente spiacevole avvenuto in buona fede, ma che non avrebbe dovuto accadere e che si è rivelato offensivo», cercando di stemperare la tensione. «Israele e Stati Uniti hanno interessi comuni» e lo Stato ebraico «continuerà ad agire sulla base dei propri interessi essenziali», ha tenuto a precisare Netanyahu secondo cui «non è il caso di lasciarsi trascinare. Il riferimento è ai toni «esasperati» usati dalla stampa ma anche alle esternazioni della Clinton che aveva definito più volte «offensivo» il comportamento di Israele. Ma l'irritazione appare comune a tutta l'amministrazione americana, Obama in testa: secondo il Wall Street Journal il presidente sarebbe «livido» per il trattamento riservato al suo vice. Netanyahu ha voluto dimostrare la sua buona fede istituendo una commissione d'inchiesta sull'accaduto.
Ma sulla prima pagina di Maariv campeggia una vistosa caricatura di Obama che bolle il premier israeliano Benyamin Netanyahu in un
pentolone mentre lo cosparge di sale. Per molti opinionisti israeliani la crisi con gli Stati Uniti «è la più grave degli ultimi 20 anni».

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