Alla ricerca di una vera opposizione con l’aiuto di Piero Calamandrei

Dalla Rassegna stampa

Si è sempre ritenuto che la democrazia consistesse in una maggioranza che governa e una minoranza che controlla. Eppure gli scandali dei rimborsi spese sono emersi perché ci sono magistrati, non da opposizioni consiliari che fanno il loro mestiere. In Italia c’è un’opposizione che controlla, da qualche parte?
Roberto Colombo, Milano

Opposizione cercasi, osserva lei facendo riferimento all’ingloriosa pagina degli scandali dei rimborsi spese dei partiti e dopo aver affermato che la democrazia consiste in una maggioranza che governa e una minoranza che controlla. Partiamo da qui, dai fondamentali. Scriveva nel luglio 1948 Piero Calamandrei che «in Parlamento bisogna essere in due, una maggioranza e una opposizione (...). Dove la maggioranza non deve essere un ventricolo pronto a trangugiare l’opposizione (...)». A sua volta «anche l’opposizione, se si vuol che il Parlamento funzioni, non deve mai perdere la fede nella utilità delle discussioni. Se l’opposizione intende l’importanza istituzionale della sua funzione, essa deve sentirsi sempre il centro vivo del Parlamento, la sua forza propulsiva e rinnovatrice, lo stimolo che dà senso di responsabilità e dignità politica alla maggioranza che governa: un governo parlamentare non ha infatti altro titolo di legittimità fuor di quello che gli deriva dal superare giorno per giorno pazientemente i contrasti dell’opposizione, come avviene del volo aereo, che ha bisogno per reggersi della resistenza dell’aria».

Questo è quello che dovrebbe succedere in Parlamento, attraverso un confronto-scontro che esalti e non mortifichi la democrazia. Il problema è che nei "parlamentini" regionali (nel 1948 non c’erano, sono venuto molti anni dopo) questa traccia virtuosa si è persa e lo stesso Parlamento nazionale è stato a sua volta investito dello scandalo dei rimborsi ai partiti, metodo che è servito ad aggirare il referendum del 1993 con il quale gli italiani avevano sancito l’abrogazione del finanziamento pubblico dei partiti. Su questo fronte (i soldi, partita da 2,7 miliardi in vent’anni) maggioranza e opposizione (entrambe di ogni colore) hanno trovato, purtroppo, solidi e molto interessati punti di contatto. Il silenzio complice sugli scandalosi sprechi di denaro pubblico, va detto, è stato rotto per la prima volta a Roma dai consiglieri regionali dei Radicali, il partito che del resto aveva promosso il referendum del 1993. Ed è la prova che un’opposizione «anche se ridotta a un esiguo drappello di pochi isolati», come scriveva Calamandrei, può fare cose utili e aprire varchi insperati.

 

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