E Alemanno usa anche i feti per la campagna elettorale

Dalla Rassegna stampa

Alla fine, da dovunque si guardasse il corteo, quella che era impossibile non notare era l’enorme croce di legno a cui qualcuno aveva appeso decine di finti feti. Un’immagine agghiacciante e lugubre a poche decine di metri da dove centinaia di bambini erano riuniti per la Festa del Minivolley. Una giornata di sport, quella, d’un tratto invasa da centinaia di manifestanti con cartelli come «Aborto: già un miliardo di vittime» o anche «Ogni aborto è un bambino morto» che non sono piaciuti affatto ai genitori.

Chi, invece, non ha trovato niente da dire davanti ai toni della «marcia per la vita» (alla sua terza edizione) è stato il sindaco di Roma Gianni Alemanno, schierato in prima fila in mezzo alle associazioni cattoliche e antiabortiste insieme ad alcuni parlamentari del centrodestra, tra i quali Maurizio Sacconi, Giorgia Meloni e Carlo Giovanardi, e il vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri. Il primo cittadino, che proprio sotto al Colosseo chiuderà la sua campagna elettorale insieme a Silvio Berlusconi il 24 maggio, non ha voluto perdere l’occasione di strizzare l’occhio alla parte più conservatrice dell’elettorato cattolico. Che lo ha accolto con tutti gli onori assieme a Jeanne Monahan, presidente della storica «March for Life» di Washington, e all’antiabortista francese Xavier Dor, fondatore di Sos Tout-petits («allarme per i piccoli»). «È un segnale di grande sensibilità questa manifestazione - ha commentato Alemanno - perché al Colosseo si manifesta contro la pena di morte e quindi non si può non dire “no” alla strage degli innocenti. Sarebbe giusto attuare la legge 194 nella parte in cui si propone di aiutare le donne a non abortire per dare una mano a chi è in difficoltà». Un pensiero che, probabilmente, era decisamente minoritario all’interno del largo corteo (diverse migliaia i partecipanti che hanno sfilato fino a Castel Sant’Angelo, anche se non 30mila come sostengono gli organizzatori) dove invece sono spuntati come funghi i cartelli «No194» toutcourt. «Penso che il governo non debba intervenire su questi temi, vista anche la sua natura bipartisan - ha poi proseguito Alemanno - ma debba lasciare al Parlamento e alle commissioni il dibattito. Se si è contro la pena di morte non è possibile non schierarsi contro gli attacchi alla vita innocente che derivano dall’aborto e dall’eutanasia».

Da cattolico, però, non la pensa allo stesso modo il candidato sindaco del Pd Ignazio Marino. «Io sono per la difesa della vita in ogni suo stadio, ma non si può prendere parte alla marcia solo perché le elezioni comunali sono vicine - ha commentato - Come medico e credente ho sempre lavorato per difendere la vita di ogni bambino e di ogni donna. Sono cresciuto all’Università Cattolica, in anni in cui le donne arrivavano in ospedale sanguinanti e morivano di aborto clandestino. La posizione di uno Stato laico è e deve essere in difesa della vita e della dignità delle donne anche nelle scelte più difficili. Cercare di esasperare gli animi su un argomento del genere come fa il sindaco Alemanno dà la misura della sua statura politica. Ci dica che cosa ha fatto per i consultori di Roma e per le donne in difficoltà». Duro con le parole di Alemanno anche Mario Puiatti, presidente nazionale dell’Associazione italiana per l’educazione demografica. «Ancora una volta assistiamo alla manifestazione di movimenti religiosi integralisti che chiedono l’abrogazione della legge 194 che 35 anni fa ha legalizzato l’interruzione volontaria della gravidanza in Italia. Ormai fa parte della liturgia - ha dichiarato in una nota - Eliminando la legge non si elimina l’aborto. La legge ha solo consentito a tutte le donne, non solo a quelle che potevano permettersi di andare nelle cliniche svizzere, di abortire in ospedale senza rischiare la pelle».

IL NO PER GIORGIANA
Ma la polemica per la marcia per la vita è andata anche oltre i contenuti. Vista la concomitanza con il corteo delle organizzazioni antiabortiste, infatti, è stata negata l’autorizzazione alla manifestazione in ricordo di Giorgiana Masi, l’attivista radicale uccisa da un proiettile sparato dalla polizia il 12 maggio de11977 nel corso di una manifestazione per i tre anni della vittoria nel referendum sul divorzio. Un divieto che, dopo il no della Questura alla richiesta dei Radicali, non ha fermato i collettivi e le associazioni delle donne che hanno invece organizzato un sit-in a Campo de’ Fiori. «Nonostante i divieti il corteo ha raggiunto il luogo dove Giorgiana venne uccisa», ha spiegato il candidato sindaco indipendente Sandro Medici. «Abbiamo deciso di scendere in piazza - ha aggiunto non solo per denunciare l’applicazione a proprio piacimento del Protocollo sui cortei da parte del sindaco Gianni Alemanno, ma per ribadire il diritto a manifestare, difendere la libertà delle donne e dare voce a chi su divorzio, aborto e diritti non vuole un ritorno al passato».

 

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