Adesso voltiamo pagina

Dalla Rassegna stampa

Era verosimilmente il referendum più importante e - secondo le previsioni – ha fatto da traino a tutti gli altri, favorendo il raggiungimento del quorum. Il responso degli elettori, respingendo a larghissima maggioranza la costruzione delle centrali nucleari sul territorio italiano, stimola e promuove la diffusione delle energie rinnovabili: a cominciare da quelle che madre natura mette generosamente a nostra disposizione, come il sole e il vento.

È una svolta di grande rilievo e portata, perché implica in realtà un diverso modello di sviluppo, fondato sul risparmio energetico e sulla "green economy". Un'energia pulita, insomma, per un futuro sostenibile. Un risparmio che significa anche maggiore efficienza, più ricerca e tecnologia.

Ma sarebbe riduttivo definirla una vittoria della paura: la paura dell'apocalisse, del disastro atomico, di un'altra Fukushima. È dal 1987, infatti, che gli italiani si sono pronunciati contro il nucleare. E anche recentemente avevano confermato questa diffusa ostilità, com'è avvenuto - per esempio - nel referendum consultivo della Sardegna, dove i no hanno raggiunto addirittura il 97%.

Il fatto è - per riprendere l'autorevole tesi del Premio Nobel per la Fisica, Carlo Rubbia - che oggi l'energia nucleare è ancora troppo cara e insicura. E anche al di là della convenienza economica, su cui pure insistono molti dubbi e riserve, non c'è progresso senza sicurezza per la salute e la sopravvivenza del genere umano. Questa è una priorità obbligata.

Ora si tratta, però, di difendere il verdetto del referendum. Cioè di evitare che, com'è accaduto purtroppo tante volte in passato, il risultato venga vanificato dagli espedienti o dagli artifici della politica. Noi italiani non dobbiamo aspettare una catastrofe atomica per chiudere definitivamente le centrali nucleari.

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