E adesso facciamoli uscire!

Un salto di qualità per la campagna LasciateCientrare. L’obiettivo dichiarato non è più consentire alla stampa di entrare nei centri. Adesso si punta alla loro chiusura, senza se e senza ma.
«In Italia, lo spread da colmare non è solo quello economico ma in primis quello dei diritti umani», così la vicepresidente del Senato Emma Bonino in apertura del convegno Il sistema Cie e la violazione dei diritti umani, promosso dalla campagna LasciateCIEntrare e tenutosi il 16 novembre. Obiettivo della giornata, mettere insiemee integrare varie prospettive sui Cie, da quelle accademiche a quelle giuridiche, da quelle istituzionali a quelle politiche. Ne è venuto fuori (e ce lo aspettavamo) un quadro inquietante: l‘illegalità di queste strutture, la loro anti-costituzionalità e inutilità.
Nonostante la revoca della circolare 1305 del 2011 firmata dall’ex ministro Maroni, che vietava l’accesso ai giornalisti nei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) e nei Cara (Centri d’accoglienza per richiedenti asilo), sapere che cosa esattamente accada in questi centri rimane un’impresa molto difficile. Lo ha evidenziato, in particolare, la Ong Medu, protagonista di un “tour” nazionale nei 13 centri sparsi per la Penisola, nonché la ricerca Betwixt and Between: Turin’s CIE 2012 dell’International University College of Turin. I loro costi, infine, sono sproporzionati e particolarmente gravosi per la comunità nazionale.
«L’internamento per soli migranti in una struttura militarizzata, una detenzione priva di causa, è paragonabile alla tortura», ha affermato l’avvocato Luigi Paccione, portavoce della Class Action procedimentale di Bari. I migranti stessi, ha evidenziato la ricerca dell’Iuc effettuata sul Cie di corso Brunelleschi a Torino, si vedono come «corpi a disposizione totale della struttura». Senza alcun diritto alla comunicazione con l’esterno, né con i propri famigliari e senza alcuna informazione sulla durata della detenzione e del loro destino: i casi di autolesionismo, depressione e altre gravi patologie sono numerosi.
La mancata identificazione in carcere del migrante alimenta il circolo vizioso carcere-Cie-carcere e dimostra «il fallimento della politica di securitarizzazione», come ha ricordato il senatore Roberto Di Giovan Paolo (Commissione Diritti Umani). Particolarmente interessante e nuova, invece, la prospettiva europea offerta dalla relazione di Chiara Tamburini, consigliere presso la Commissione Libe (Libertà civili, giustizia e affari interni) del Parlamento europeo, che ha illustrato come gli strumenti legislativi europei, in particolare la Direttiva 2008 (cd. direttiva rimpatri), non “obblighino” – come spesso viene propinato – i vari Stati nazionali a fare uso dello strumento della detenzione amministrativa, bensì vadano tutti nella direzione opposta: quella della sua limitazione.
Gli interventi hanno tutti riaffermato l’unica soluzione percorribile: l’immediata chiusura di queste strutture. Segnando la svolta cruciale operata dalla campagna LasciateCIEntrare nello smantellamento della falsa idea di un loro possibile “superamento” o “miglioramento”, il convegno ha ulteriormente sancito l’impegno di tutti i suoi membri a proseguire con il monitoraggio e le denunce sistematiche. Nel corso dell’incontro, infine, sono stati presentati l’appello “Mai più Cie” e il policy paper, proposto dalla campagna a conclusione della sua prima fase di lavoro.
Oggi LasciateCIEntrare ha bisogno di uno sforzo corale di tutte le forze della società civile per mettere fine d’urgenza a questa inaccettabile violazione dei diritti umani, che si perpetua “nel nome del popolo italiano” e a raggiungere al più presto il suo obiettivo: la chiusura definitiva e immediata dei Cie.
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