Accordo Italia-Libia, il dramma dei bambini respinti e spariti

I minori che non sono arrivati non sono un numero: sono ragazzi che fuggono da situazioni di povertà, di conflitto o disordine generalizzato fermati a metà del proprio cammino. A questi ragazzi stiamo negando una possibilità, un futuro». Negare un futuro. Una chance di vita. Negarli respingendoli. Centinaia di minori respinti in mare dopo l’entrata in vigore della normativa sui respingimenti sono probabilmente bloccati in Libia. Bloccati o per meglio dire reclusi nei centri di «accoglienza», veri e propri lager, stando a quanto denunciato dalle più importanti organizzazioni umanitarie internazionali. Deboli tra i deboli, i bambini sono i primi a pagare questa situazione. Ad affermarlo è Save the Children che nel secondo rapporto su «L’accoglienza dei minori in arrivo via mare» rileva che il drastico calo delle presenze di minori nelle comunità siciliane è fonte di preoccupazione per le centinaia di minori stranieri cui «viene negata la possibilità di un futuro» contro «il rispetto della normativa nazionale, comunitaria e internazionale in materia di divieto di respingimento, rispetto dei diritti umani e tutela delle categorie vulnerabili». E tra i vulnerabili, i bambini sono al primo posto.
L’organizzazione punta il dito contro «le pratiche adottate dal governo italiano in materia di contrasto all’immigrazione clandestina e gli accordi stipulati con le autorità libiche», si legge nel rapporto, che rischiano di «vanificare il percorso d’integrazione dei minori». Da marzo 2009 a febbraio 2010 sono giunti in Sicilia 278 minori non accompagnati (di cui solo 4 identificati a Lampedusa), successivamente collocati in comunità sul territorio siciliano. Nell’anno precedente, da maggio 2008 a febbraio 2009, i minori non accompagnati sbarcati a Lampedusa erano stati 1.994, mentre, nello stesso periodo erano giunti sulle coste siciliane altri 260 tra bambini e ragazze (inclusi quelli accompagnati). Nel corso dell’anno, rileva Save the Children, sono state effettuate 9 operazioni di rinvio di migranti rintracciati in acque internazionali: raffrontando i dati sugli arrivi degli anni 2008 e 2009 «appare evidente che con ogni probabilità» sono centinaia i minori rimasti in Libia o che vi sono stati rinviati nel tentativo di raggiungere l’Italia. «E’ necessario che non vengano più effettuate operazioni di rinvio di migranti in arrivo via mare, garantendo il rispetto della normativa nazionale, comunitaria e internazionale in materia di divieto di respingimento, rispetto dei diritti umani e delle categorie vulnerabili», incalza Valerio Neri, direttore generale per l’Italia di Save the Children. Centinaia di bimbi di cui non si ha più notizie. Bambini lasciati alla mercé di organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di minori o di organi. Bambini costretti a vivere in lager, a in una quotidianità fatta di violenza, abusi, disperazione. In questi lager si affolla una umanità sofferente: decine di migliaia di persone. Tra di loro anche donne e bambini, migranti economici e rifugiati politici. Molti di loro sono tenuti agli arresti senza processo, mentre altri sono stati abbandonati alla frontiera meridionale con Niger, Chad, Sudan ed Egitto andando incontro alla morte. La gran parte di queste persone giunge con trafficanti che le tengono ammassate in edifici dispersi per le campagne libiche, in attesa di organizzare un viaggio che si fa sempre meno sicuro e più difficile. La permanenza può durare mesi e mesi, in condizioni di sovraffollamento e alla mercé dei trafficanti dai quali si dipende in tutto. Talvolta queste persone possono essere scoperte e arrestate dalla polizia libica e finire quindi o in prigione o espulsi dal Paese, rischiando di morire nella traversata del deserto.
Di questa tragedia non tiene conto l’Accordo bilaterale tra Italia e Libia. Semmai l’aggrava. Tra il 5 maggio e il 7 settembre 2009 - denuncia ancora Save the Children - sono stati 1.005 i migranti ricondotti in Libia nell’ambito di 8 operazioni effettuate dall’Italia (in particolare, 883 persone attraverso l’attività congiunta libico-italiana e 172 prese e riportate in Libia dalle autorità di Tripoli). Un numero non quantificabile di migranti respinti è costituito da bambini, come attestato anche da fonti Onu, e sulla base del monitoraggio dei flussi migratori arrivati via mare attraverso la frontiera Sud nei mesi e anni scorsi, nell’ambito dei quali la presenza di minori è costante.
«A partire dal 7 maggio 2009, in aperto spregio delle norme internazionali sui diritti umani, l’Italia ha trasportato forzatamente in Libia o altrimenti consegnato alle autorità libiche centinaia di donne, uomini e bambini, migranti e richiedenti asilo, che tentavano di raggiungere l’Europa imbarcandosi attraverso il Mediterraneo su mezzi di fortuna, rischiando la vita per sfuggire a persecuzioni, torture, altre violazioni
dei diritti umani e condizioni di povertà estrema», ha denunciato Amnesty International in un suo recente
rapporto. «Il 75 per cento delle persone che arrivano in Italia via mare - prosegue il rapporto di Amnesty - sono richiedenti asilo e, secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), tra le persone rinviate in Libia sulla base di questa prassi vi erano cittadini somali ed eritrei, bisognosi di protezione. -Nel luglio 2009, dopo aver incontrato le 82 persone intercettate all’inizio del mese dalla Marina Militare Italiana a 30 miglia da Lampedusa e trasferite forzatamente su una motovedetta a comando libico, lo stesso Unhcr ha dichiarato che non risultava che le autorità italiane a bordo della nave avessero cercato di stabilire la nazionalità delle persone coinvolte o le motivazioni della fuga. Di quel gruppo, smistato in centri di detenzione dopo l’arrivo in Libia, facevano parte 76 cittadini eritrei tra cui 9 donne e 6 bambini. Alcuni di loro hanno dichiarato all’Unhcr di aver avuto necessità di cure mediche in seguito all’uso della forza nei loro confronti da parte dei militari italiani e di non aver ricevuto cibo durante l’operazione, durata circa 12 ore. D’allora le cose sono ulteriormente peggiorate.
Secondo Fortress europe, l’osservatorio sulle vittime dell’emigrazione, nello scorso mese di marzo sono stati almeno 20 i morti alle frontiere del Mediterraneo, nonostante l’azzeramento degli sbarchi a Lampedusa e alle Canarie, in Spagna. La Libia di Gheddafi, della cui amicizia si va vanto Berlusconi, è un
Paese che non garantisce in alcun modo la protezione dei migranti sul suo territorio, anche in considerazione del fatto che non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra.
L’organizzazione punta il dito contro «le pratiche adottate dal governo italiano in materia di contrasto all’immigrazione clandestina e gli accordi stipulati con le autorità libiche», si legge nel rapporto, che rischiano di «vanificare il percorso d’integrazione dei minori». Da marzo 2009 a febbraio 2010 sono giunti in Sicilia 278 minori non accompagnati (di cui solo 4 identificati a Lampedusa), successivamente collocati in comunità sul territorio siciliano. Nell’anno precedente, da maggio 2008 a febbraio 2009, i minori non accompagnati sbarcati a Lampedusa erano stati 1.994, mentre, nello stesso periodo erano giunti sulle coste siciliane altri 260 tra bambini e ragazze (inclusi quelli accompagnati). Nel corso dell’anno, rileva Save the Children, sono state effettuate 9 operazioni di rinvio di migranti rintracciati in acque internazionali: raffrontando i dati sugli arrivi degli anni 2008 e 2009 «appare evidente che con ogni probabilità» sono centinaia i minori rimasti in Libia o che vi sono stati rinviati nel tentativo di raggiungere l’Italia. «E’ necessario che non vengano più effettuate operazioni di rinvio di migranti in arrivo via mare, garantendo il rispetto della normativa nazionale, comunitaria e internazionale in materia di divieto di respingimento, rispetto dei diritti umani e delle categorie vulnerabili», incalza Valerio Neri, direttore generale per l’Italia di Save the Children. Centinaia di bimbi di cui non si ha più notizie. Bambini lasciati alla mercé di organizzazioni criminali che gestiscono il traffico di minori o di organi. Bambini costretti a vivere in lager, a in una quotidianità fatta di violenza, abusi, disperazione. In questi lager si affolla una umanità sofferente: decine di migliaia di persone. Tra di loro anche donne e bambini, migranti economici e rifugiati politici. Molti di loro sono tenuti agli arresti senza processo, mentre altri sono stati abbandonati alla frontiera meridionale con Niger, Chad, Sudan ed Egitto andando incontro alla morte. La gran parte di queste persone giunge con trafficanti che le tengono ammassate in edifici dispersi per le campagne libiche, in attesa di organizzare un viaggio che si fa sempre meno sicuro e più difficile. La permanenza può durare mesi e mesi, in condizioni di sovraffollamento e alla mercé dei trafficanti dai quali si dipende in tutto. Talvolta queste persone possono essere scoperte e arrestate dalla polizia libica e finire quindi o in prigione o espulsi dal Paese, rischiando di morire nella traversata del deserto.
Di questa tragedia non tiene conto l’Accordo bilaterale tra Italia e Libia. Semmai l’aggrava. Tra il 5 maggio e il 7 settembre 2009 - denuncia ancora Save the Children - sono stati 1.005 i migranti ricondotti in Libia nell’ambito di 8 operazioni effettuate dall’Italia (in particolare, 883 persone attraverso l’attività congiunta libico-italiana e 172 prese e riportate in Libia dalle autorità di Tripoli). Un numero non quantificabile di migranti respinti è costituito da bambini, come attestato anche da fonti Onu, e sulla base del monitoraggio dei flussi migratori arrivati via mare attraverso la frontiera Sud nei mesi e anni scorsi, nell’ambito dei quali la presenza di minori è costante.
«A partire dal 7 maggio 2009, in aperto spregio delle norme internazionali sui diritti umani, l’Italia ha trasportato forzatamente in Libia o altrimenti consegnato alle autorità libiche centinaia di donne, uomini e bambini, migranti e richiedenti asilo, che tentavano di raggiungere l’Europa imbarcandosi attraverso il Mediterraneo su mezzi di fortuna, rischiando la vita per sfuggire a persecuzioni, torture, altre violazioni
dei diritti umani e condizioni di povertà estrema», ha denunciato Amnesty International in un suo recente
rapporto. «Il 75 per cento delle persone che arrivano in Italia via mare - prosegue il rapporto di Amnesty - sono richiedenti asilo e, secondo l’Alto Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), tra le persone rinviate in Libia sulla base di questa prassi vi erano cittadini somali ed eritrei, bisognosi di protezione. -Nel luglio 2009, dopo aver incontrato le 82 persone intercettate all’inizio del mese dalla Marina Militare Italiana a 30 miglia da Lampedusa e trasferite forzatamente su una motovedetta a comando libico, lo stesso Unhcr ha dichiarato che non risultava che le autorità italiane a bordo della nave avessero cercato di stabilire la nazionalità delle persone coinvolte o le motivazioni della fuga. Di quel gruppo, smistato in centri di detenzione dopo l’arrivo in Libia, facevano parte 76 cittadini eritrei tra cui 9 donne e 6 bambini. Alcuni di loro hanno dichiarato all’Unhcr di aver avuto necessità di cure mediche in seguito all’uso della forza nei loro confronti da parte dei militari italiani e di non aver ricevuto cibo durante l’operazione, durata circa 12 ore. D’allora le cose sono ulteriormente peggiorate.
Secondo Fortress europe, l’osservatorio sulle vittime dell’emigrazione, nello scorso mese di marzo sono stati almeno 20 i morti alle frontiere del Mediterraneo, nonostante l’azzeramento degli sbarchi a Lampedusa e alle Canarie, in Spagna. La Libia di Gheddafi, della cui amicizia si va vanto Berlusconi, è un
Paese che non garantisce in alcun modo la protezione dei migranti sul suo territorio, anche in considerazione del fatto che non ha mai firmato la Convenzione di Ginevra.
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