Alla vigilia della sentenza dal Carcere di Nouakchott queste le parole di Biram Ould Abeid

 

Biram con gli amici Marco Pannella e Ouattara

Biram Dah Abeid, leader del movimento anti-schiavista in Mauritania e dirigente del Partito Radicale Nonviolento, transnazionale e transpartito, è stato condannato il sei gennaio 2011 da un tribunale di Nouakchott a un anno di reclusione (di cui 6 mesi senza condizionale) oltre al pagamento di un’ammenda. La stessa condanna è stata inflitta ad altri due compagni di Biram, mentre altri tre militanti sono stati condannati a 6 mesi con la condizionale e sono già stati rilasciati. La pubblica accusa aveva chiesto per tutti una condanna a tre anni di carcere.

Biram e i due suoi compagni dovranno dunque scontare effettivamente 6 mesi in carcere, per i fatti che risalgono al 13 dicembre scorso, quando una manifestazione organizzata per denunciare la riduzione in schiavitù di due bambine fu duramente repressa e dispersa dalla polizia. Il presidente dell’IRA (Iniziativa di rinascita del movimento abolizionista, contro la schiavitù) fu seriamente ferito alla testa e alle gambe e incarcerato, suscitando indignazione e proteste nel Paese e nella comunità internazionale. Manifestazioni per chiedere la liberazione degli arrestati, organizzate dalla diaspora mauritana, si sono svolte a Parigi e a Stoccolma. In Italia interrogazioni urgenti al ministro degli Esteri sono state presentate alla Camera e al Senato dai parlamentari radicali.

A seguito di questi fatti, una delegazione del Partito Radicale, composta da Marco Pannella e dai parlamentari italiani Marco Perduca e Matteo Mecacci si è recata dal 20 al 24 dicembre in Mauritania, incontrando fra gli altri il Ministro degli esteri mauritano, signora Naha Mint Mouknass, e vistando lo stesso Biram in carcere.

La difesa legale di Biram Dah Abeid ha annunciato l’intenzione di presentare appello contro la sentenza di condanna.

Dal carcere dove è detenuto alla vigilia della sentenza, Biram Ould Abeid denunciava il  complotto contro la sua organizzazione, l’accanimento contro di lui e l'ingiustizia del sistema socio-politico del suo paese.

Incarcerato per "aggressione contro le forze dell'ordine" durante una manifestazione davanti al commissariato di polizia di Arafat, a seguito di un "caso accertato di schiavitù" secondo i difensori dei diritti umani, Biram ritiene che il suo arresto fosse invece dovuto al rifiuto delle autorità pubbliche di combattere le pratiche schiavistiche, bandite per legge sin dal 2007.

Egli sottolinea che «nel caso di Arafat si tratta, infatti, di un caso comprovato di schiavitù di due ragazze minorenni di 10 anni e 14 anni. Non ho ancora la forza sufficiente per parlare, a causa delle ferite alla testa e alla gamba sinistra, dovute alle percosse della polizia. Tuttavia vorrei dire che, nonostante la mia sofferenza, mi viene negata la possibilità di consultare un medico».

Ferito e indebolito, Biram Ould Abeid, presidente dell’IRA ha rilasciato questa dichiarazione dal carcere di Nouakchott dove è rinchiuso dopo il caso cosidetto di Moughataa Arafat. Abeid precisa che «contrariamente alle informazioni divulgate dalle autorità su questa vicenda, in nessun momento i militanti dell'IRA hanno fatto uso della forza di fronte alla polizia. Invece sono i poliziotti che li hanno attaccati e aggrediti». Il presidente dell’IRA aggiunge: «La nostra organizzazione infastidisce molti per la rilevanza della sua missione e la qualità del suo lavoro. Essa è perseguitata per la sua lotta e i suoi risultati. In tempi record, siamo stati in grado di presentare al mondo intero circa  una decina di casi documentati di schiavitù nel paese. Disturbiamo anche perché riusciamo a convincere, con la correttezza della nostra causa, sia all’interno del paese che all’estero. Basta vedere l'imponente afflusso di adesioni che riceviamo da parte di tutti i mauritani, senza eccezioni!».

A proposito delle visite che ha ricevuto di recente, Biram Ould Abeid dichiara di aver avuto l'opportunità di incontrare la moglie e alcuni parlamentari italiani: «Mia moglie è stata effettivamente autorizzata a farmi visita. Ma non abbiamo avuto modo di comunicare e nemmeno di vederci, visto che eravamo separati da un muro. I parlamentari italiani non hanno potuto farmi tutte le domande che volevano, imbarazzati dalla presenza durante la nostra intervista di diversi agenti penitenziari».

Riferendosi al caso di Arafat, Biram Ould Abeid ribadisce che «si tratta di un caso di schiavitù che coinvolge due ragazze minorenni costrette a lavorare come schiave per la signora Oumouleimine Mint Amar Ould Deval, nel quartiere di Felouja, nella Moughataa di Arafat. Di casi come questo ve ne sono in tutto il paese ... ma le autorità si rifiutano di riconoscere il problema e continuano a nasconderlo».

A proposito del suo imminente processo e della situazione dei diritti umani nel paese, il presidente dell’IRA fa notare in sostanza che la giustizia vale quello che vale. Per lui, «il paese è gestito da un sistema politico, economico e sociale oligarchico, ineguale, corrotto, oscurantista e refrattario ai diritti più elementari della persona umana».

Dopo aver lanciato un appello agli uomini che amano la giustizia e la pace per una riforma del sistema, Biram Ould Abeid afferma: «Mi aspetto di tutto e assumo la responsabilità di tutte le mie azioni. Io non firmerò mai una domanda di libertà condizionale o di grazia. Sono pronto a scontare tutte le condanne che verranno pronunciate contro di me. Come Nelson Mandela in Sud Africa e Omar El Moctar in Libia».

La missione radicale in Mauritania

Pannella, Perduca e Mecacci il 21 dicembre sono partiti alla volta di Nouakchott, capitale della Mauritania per presenziare al processo a carico di Biram Dah Abeid. La missione si è conclusa il 24 dicembre scorso.Continua il loro impegno affinche sia fatta giustizia nei confronti del nostro militante Transnazionale.

La partenza

Gli incontri

La conclusione della missione

"Dal 13 dicembre 2010, l'iscritto al Partito Radicale Nonviolento Biram Dah Abeid è detenuto nella capitale mauritana di Nouakchott senza che se ne siano più avute notizie circa il luogo di detenzione, lo stato di salute, prima dell'arresto era stata aggredito dalla polizia stessa, né la sorte. Nei giorni scorsi i parlamentari Radicali Matteo Mecacci e Marco Perduca, co-vicepresidenti del senato del Partito Radicale Nonviolento hanno presentato delle interrogazioni urgenti alla Camera e al Senato perché la diplomazia italiana si attivasse, simili iniziative son state prese al Parlamento europeo da alcuni eurodeputati del gruppo liberale. A oggi la Farnesina non ha risposto.

Il signor Biram Dah Abeid è da anni impegnato in una campagna contro la schiavitù e il suo arresto era avvenuto, assieme a quello di una trentina di militanti per i diritti umani, durante una manifestazione per chiedere la liberazione di due ragazze, mantenute in condizioni di schiavitù presso un'alta esponente del potere locale.

Dopo aver comunicato le proprie preoccupazioni anche all'Ambasciata mauritana in Italia, nelle prossime ore una delegazione del Partito potrebbe recarsi a Nouakchott per incontrare le autorità locali, le organizzazioni internazionali al fine di liberare Biram Dah Abeid.

Intervento di Biram Dah Abeid al Consiglio generale del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito - Seconda giornata (versione in italiano) - 4 Settembre 2010



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