· Dichiarazione di Rita Bernardini, deputata Radicali/PD, a nome dell’Osservatorio
Le morti in carcere scandiscono le ore di una comunità penitenziaria sofferente, umiliata, abbandonata. Dobbiamo dircelo chiaro: la causa più frequente delle morti tra i detenuti è una patologia che va sotto il nome di "mal di carcere".
Si manifesta quando una persona è costretta a trascorrere oltre 20 ore al giorno in meno di 3 metri quadri, una ristrettezza che è vietata anche per gli animali negli zoo.
Si manifesta quando a questa persona viene fornito un vitto quotidiano al costo complessivo di 3 euro e 50 centesimi, quando nelle celle manca l'acqua calda (e spesso anche il riscaldamento), quando nelle celle manca perfino la carta igienica.
Si manifesta quando la visita di un medico specialista richiede settimane e a volte mesi di attesa e quando le infermerie delle carceri non hanno a disposizione i farmaci e i detenuti devono comperarli con i propri soldi (ammesso li abbiano).
Si manifesta quando gli psicologi riescono a dedicare a ogni detenuto 10 minuti di colloquio ogni anno e quando parlare con un educatore diviene pressoché impossibile.
Si manifesta quando una persona viene incarcerata e attende per mesi o per anni prima di avere un processo.
Si manifesta quando due terzi di tutti i detenuti condannati sono nelle condizioni oggettive per ottenere una misura alternativa e non la
ottengono. Quando si è trasferiti a centinaia di chilometri dalle famiglie e dagli affetti e si è privati del conforto di un abbraccio.
I sintomi del "mal di carcere" sono i suicidi, sono le morti accidentali causate dalla ricerca dello "sballo" tramite l'inalazione di gas, sono gli scioperi della fame protratti fino alla morte, sono i decessi
"inaspettati", per malattie che fuori dal carcere sarebbero curabilissime e invece in carcere diventano fatali, sono le esplosioni di violenza, contro se stessi con gli autolesionismi, o contro gli altri, con le aggressioni agli agenti, che fanno le spese anch'essi di questa situazione da incubo...
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