Mozione cristiani. Poretti: sbagliata analisi scontro di civiltà, è scontro tra terrorismo e islam moderato

Donatella Poretti

 

Intervento della Senatrice Donatella Poretti in sede di dibattito generale sulle mozioni sulla persecuzione dei Cristiani al Senato
 
Signor Presidente, onorevoli colleghi,
l'analisi dei fatti in politica deve portare a pensare e promuovere possibili soluzioni. Ma se l'analisi e' sbagliata il rischio di produrre nella migliore delle ipotesi terapie inadeguate e nella piu' concreta, soluzioni sbagliate, quindi dannose, il rischio e' appunto elevato.
 
Se l'analisi dei fatti che ci hanno portato a questo dibattito, a partire dalla morte dei cristiani copti ad Alessandria d'Egitto, e' che sono il frutto e l'esito di uno "scontro di civilta' in atto", di "attacchi e persecuzioni dei cristiani  da parte dei mussulmani", di "epurazioni", di "pulizia etnica" dei cristiani dal Medio oriente, di veri e propri nuovi pogrom nei confronti di comunità cristiane anche nel nord della Nigeria, in Pakistan, in Indonesia ed altri Paesi, allora parlare di "cristianofobia" puo' avere un senso, e quindi possono sembrare adeguate anche le soluzioni individuate dal ministro Frattini di stipulare accordi in cambio di diritti dei cristiani nel mondo arabo e musulmano.
 
Ma siamo sicuri che l'analisi sia giusta? Emma Bonino nei giorni scorsi ha tentato di proporre un'analisi diversa, recuperando quelle di molti intellettuali arabi, oltre che di donne e uomini impegnati in associazioni e movimenti della società civile che ben conoscono quelle realta'.
Guardando ad esempio all'Egitto o all'Iraq, per non parlare dei Talebani in Afghanistan, l'obiettivo che l'Islam combattente intende perseguire con l'arma del terrore è un altro: liquidare l'Islam dialogante, quello più ragionevole.
Allora, piu' che davanti ad uno scontro di civiltà o una guerra di religione, ci troveremmo davanti ad uno scontro interno tra l'Islam combattente e quello più "ragionevole", quello piu' secolarizzato, quello piu' dialogante con l'Occidente.
Che una delle conseguenze di questo scontro in atto all'interno dell'Islam, sia una situazione di grande instabilità, di paura, che può produrre anche degli esodi di quanti se sentano minacciati, questo è un fatto grave e incontestabile. Ma non è la ragione, la motivazione di questi attacchi. Il discorso vale per l'Egitto, ma a ben vedere, anche per l'Iraq. Gli islamisti combattenti fanno anche calcoli politici. Il loro non è il terrore per il terrore. Costoro colpiscono nelle zone "fragili" -è il caso dell'Iraq- o in zone consolidate che stanno però attraversando una fase di transizione complessa, e questo è il caso dell'Egitto. E in Egitto cercano di provocare la reazione delle componenti socialmente più deboli, e in queste c'è anche la minoranza copta. I jihadisti cercano di cavalcare il malessere sociale -e ciò vale non solo in Egitto, ma anche in Iraq o nel Maghreb- per imporsi come unica alternativa all'esistente.
 
Allora ecco perche' in Egitto l'obiettivo vero, strategico, dei terroristi e dei loro mandanti non sono i copti, i cristiani, ma e' la classe dirigente araba, a cominciare da Hosni Mubarak considerato un "fantoccio nelle mani dell'Occidente". Insomma, non è in corso uno scontro di civiltà tra Occidente e Oriente, ma una duplice resa dei conti all'interno delle varie "anime" politiche e identitarie dell'Islam.
 
Restando in Egitto, quindi la prima sfida è quella tra gli islamisti militanti, ijihadisti, e la leadership araba di Mubarak, più "secolarizzata" e dialogante con l'Occidente. Ma poi c'è un'altra sfida, non meno significativa: essa riguarda l'egemonia sul variegato arcipelago fondamentalista. L'ala militare islamista ha sempre osteggiato il percorso "entrista", istituzionalizzato, politico dei Fratelli Musulmani, ritenendo essere questa una strategia fallimentare, facendo peraltro leva anche sull'insuccesso dei Fratelli musulmani nelle recenti elezioni legislative. Con gli attentati e sviluppando una azione destabilizzante, l'ala militare islamista vuol dimostrare di essere la vera alternativa al "regime fantoccio" di Mubarak.
 
Per cio' ben vengano questi dibattiti, ben vengano le mozioni, gia' altre ne abbiamo approvate, anzi ricordiamoci in queste occasioni per esempio che in altre parti del mondo esistono persecuzioni dei cristiani in quanto tali come nel caso dei Montagnard in Vietnam, ma se parliamo di Egitto, o Iraq cerchiamo di capire cosa succede per promuovere analisi e soluzioni aderenti alle realta' in questione, e non per riproporre i vecchi cliche' della contrapposizione tra la civilta' islamica e quella cristiana, rischiando di fare cosi' il gioco di chi sta minando la classe dirigente araba moderata per sostituirla con una ben piu' integralista.
 

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