Libia, Rosasco: dietro la sparatoria anche la gestione illegale di Tripoli della pesca del tonno rosso

Motovedetta

Dichiarazione di Alessandro Rosasco, membro della Giunta di segreteria di Radicali Italiani: 

“E’ quanto mai opportuna la denuncia avanzata dal Wwf, e ancora sottaciuta dal mondo politico e mediatico, in merito alla gestione della pesca e in particolare di quella al tonno rosso che la Liba attua ormai da anni. L’organizzazione ambientalista segnala un importante retroscena in merito alla sparatoria subita dal peschereccio italiano da parte delle autorità di Tripoli. Il motopeschereccio si trovava infatti in acque che la Libia ritiene, unilateralmente, dal 1975, facenti parte del proprio territorio. Nel 2005 ha addirittura proclamato un’area di 62 miglia zona di pesca protetta nella quale è possibile pescare solo dietro licenza rilasciata dalle autorità libiche. Risultano quindi ancora più gravi le parole del Governo italiano che continua a sostenere la versione secondo la quale il motopeschereccio stava pescando illegalmente, legittimando dunque una decisione arbitraria, unilaterale e non riconosciuta da nessun organismo internazionale e perfino il Trattato di cosiddetta “amicizia” rimanda a “future intese” lo scioglimento di questa controversia.
L’area dove si trovava il peschereccio italiano è molto ricca di tonno rosso (bluefin tuna), specie tipica del Mediterraneo e a rischio di estinzione a causa dell’eccessivo sfruttamento di questa risorsa e per questo sottoposta a precise quote di pesca stabilite dall’ICCAT (International Commission for the Conservation of Atlantic Tunas)più volte violate dal regime libico. E’ dell’organizzazione internazionale “Sea Shepherd” la denuncia documentata della violazione, anche per il 2010, della quota di 725 tonnellate di tonno rosso assegnata alla Libia. Inoltre, nel marzo di quest’anno durante la quindicesima Conferenza delle Parti della CITES (Convention on International Trade in Endangered Species)svoltasi a Doha, fu proprio la Libia a impedire che si svolgesse una discussione scientifica approfondita sulla gestione del tonno rosso e sulla possibilità di stabilirne il divieto di commercio internazionale. Ottenendo il voto immediato sulla proposta, con la complicità e il silenzio di altri Paesi, la risoluzione venne bocciata con 72 voti contrari su 129.
Insomma la Libia considera anche il mare e le sue risorse affare privato nel quale nessuno può intervenire se non dietro pagamento di somme di denaro (come ha deciso di fare l’Italia, nella cosiddetta “lotta all’immigrazione clandestina”). A prova di questo, la denuncia del Wwf ci conferma che perpescarein Libia tonno rosso bisogna necessariamente passare per una società con sede a Tripoli, la Nour-Al Haiat Fishing Co. (Nafco), il cui capo è Alladin Wefati, intimo amico del secondogenito e successore designato del colonnello Seif el Islam Gheddafi. La Nafco stabilisce infatti joint-venture con società spagnole, italiane, francesi asiatiche per pescare il tonno rosso, fornendo anche tutto l'apparato logistico. Secondo lo stesso rapporto, esisterebbero voci non confermate che molto tonno è pescato illegalmente e fuori dalle quote, per poi essere congelato in alto mare in pescherecci asiatici.
Mi auguro che anche su questo aspetto venga al più presto fatta chiarezza se non dal nostro Paese, che allo stato attuale non pare voler sentire ragione, almeno dalla comunità internazionale e dai propri organismi specifici.”
 

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