Inquinare e non pagare dazio? In Basilicata si può!!!

moria di pesco petrusillo.jpg

Si può per oltre tre anni inquinare impunemente e non pagare dazio? Se ti chiami Edf e operi in Basilicata si può.

Da poche ore si è conclusa l’ennesima sconfortante puntata sull’inquinamento prodotto dall’inceneritore Fenice di proprietà della multinazionale francese Edf. L’inceneritore, come è noto, è ubicato nella zona industriale di Melfi(PZ) ed è l’unico inceneritore del sud Italia che brucia rifiuti speciali e pericolosi. 
Il 14 dicembre, presso la sala Giunta della città federiciana si è tenuta una Conferenza di Servizi dalla quale è emerso che Fenice continua ad inquinare la falda acquifera con Nichel, Cromo e Trielina. Ormai va avanti così da 3 anni. Nel settembre del 2009, il sostituto procuratore Renato Arminio in servizio presso la Procura della Repubblica di Melfi, rispondendo ad una mia lettera aperta, ebbe ad affermare che non aveva disposto il sequestro dell’impianto in quanto persona responsabile. A 16 mesi di distanza da cotanta affermazione verrebbe da chiedersi cosa ci sia di responsabile e di sensato nell’aver consentito alla Edf di continuare ad inquinare. Grazie all’azione svolta dai Radicali il mare di cortine fumogene, innalzato per non far emergere un’incredibile verità, è crollato da tempo. Quando nel marzo del 2009 l’Arpab comunicò agli enti interessati che era in atto un inquinamento della falda acquifera prodotto da Fenice, iniziammo ad indagare sulla vicenda e scoprimmo che la stessa Arpab per un anno e mezzo aveva omesso di comunicare agli enti competenti, e aggiungo ai cittadini, un evento inquinante.
Gioverà ricordare, infatti, che in base a documenti, che ormai sono di pubblico dominio anche sul sito della stessa agenzia, la presenza di inquinanti cancerogeni va retrodatata perlomeno al dicembre 2007!!! L’ex direttore dell’Arpab Vincenzo Sigillito, che oggi veste nuovamente i panni di dirigente regionale, in un’ audizione presso la competente commissione regionale ebbe ad affermare che di fatto l’Arpab non disponeva di dati sul monitoraggio dell’area Fenice nel quinquennio 2002-2006. Comunque sia, c’è da prendere atto che non un solo protagonista di questa vicenda è stato chiamato a rispondere di fronte alla giustizia di comportamenti omissivi che sono solari ed evidenti.
L’inchiesta, originariamente condotta dalla procura di Melfi, è stata spostata a Potenza e si trascina ormai da quasi due anni. Come se non bastasse, l’inceneritore della Edf continua ad operare, forse per senso di responsabilità, nonostante l’autorizzazione all’esercizio sia scaduta nell’ottobre di quest’anno. Questa è una storia molto italiana, di quell’Italia che ogni giorno muore per l’assenza di legalità, democrazia e stato di diritto. Questa è una storia che ci parla di un Procuratore fin troppo “responsabile” e di un direttore dell’Arpab che forse ha tutelato interessi non propriamente coincidenti con la mission dell’agenzia che ha diretto. Questa è una storia di veleni industriali, figli di una politica che non vuole e non sa governare il territorio: la politica del regime partitocratico made in Lucania, che fa di organismi che dovrebbero tutelare l’ambiente e la salute pubblica solo contenitori da lottizzare. Questa è una storia di veleni finiti nell’acqua e, dio non voglia, sulle tavole dei cittadini. In questa regione per troppo tempo si è subordinato il diritto alla salute ad interessi altri. Ci auguriamo che la dura presa di posizione della Regione nei confronti dell’EDF sia un segnale concreto di un cambiamento in atto. Spero davvero che il neo nominato direttore dell’Arpab, Raffele Vita, sappia e voglia segnare con la sua azione un’inversione di tendenza rispetto alla gestione Sigillito. Esprimo l’auspicio che l’Agenzia regionale per la protezione ambientale onori la convenzione di Aarhus e impronti la sua azione alla massima trasparenza. Ne abbiamo tutti un gran bisogno.
Di Maurizio Bolognetti, Direzione nazionale Radicali italiani

© 2010 Partito Radicale. Tutti i diritti riservati



SEGUICI
SU
FACEBOOK

Nota sui commenti: i commenti lasciati dagli utenti del sito non vengono ne' censurati ne' verificati in base al contenuto. I commenti con link non vengono pubblicati. Per i commenti si utilizza la piattaforma Diqsus che memorizza sui suoi server tutti i dati degli utenti, compreso l'indirizzo IP in caso di eventuali segnalazioni per abusi o violazioni di legge. Tutti possono lasciare commenti, quindi non c'e' alcuna verifica sull'appartenenza degli utenti al partito o al movimento Radicale.