Dopo il caso Boffo movimenti cattolici divisi E torna il dualismo progressisti-conservatori

Boffo, caso con Feltri

 

È significativo che proprio ieri Edoardo Patriarca, segretario del Comitato organizzatore delle Settimane sociali dei cattolici promosse dalla Cei a metà ottobre, abbia posto il problema dell'impegno dei fedeli laici, «ammesso che vogliano essere protagonisti e non solo soprammobili». All'inizio di agosto la Radio Vaticana aveva diffuso un'intervista allo stesso Patriarca che descriveva l'Italia come un Paese «senza classe dirigente»; da Benedetto XVI al segretario di Stato vaticano Tarcisio Bertone al presidente dei vescovi Angelo Bagnasco non si contano più gli appelli per una «nuova generazione di politici cattolici».
Ma il punto dolente, nella Chiesa, è proprio questo: la consistenza, o l'inconsistenza, dei cosiddetti «laici cattolici». L'affondo di Famiglia Cristiana contro Berlusconi, con relative repliche dai cattolici di centrodestra, sembra rinnovare una tensione astiosa tra «progressisti» e «conservatori» che si è cercato invano di comporre. Sono passati sei anni esatti dalla «nuova stagione» annunciata al Meeting di Rimini da monsignor Giuseppe Betori, ai tempi segretario della Cei: una giornata storica, quel 24 agosto 2004, con l'allora presidente dell'Azione cattolica Paola Bignardi sul palco assieme al leader laico di Cl, Giancarlo Cesana.
La temperie del Sessantotto, la Cattolica divisa tra seguaci di don Giussani e amici di Giuseppe Lazzati, decenni di antagonismo superati tra flash, strette di mano e l'idea che bisognava cercare, finita la Dc e la stagione dell'unità politica dei cattolici, «tutte le convergenze ragionevolmente possibili» per «reagire alla diaspora culturale». E al rischio, sempre paventato, dell'irrilevanza. Cl e Azione cattolica erano un simbolo, la faccenda riguardava tutti i movimenti o associazioni e più in generale la presenza dei cattolici in Italia, che non si esauriscono nelle realtà organizzate. Una strategia guidata dalla Cei del cardinale Camillo Ruini che si accompagnava al rapporto diretto delle gerarchie con la politica e il governo. In questo senso, il «caso Boffo» ha segnato una cesura, un anno fa l'attacco del Giornale all'allora direttore di Avvenire ha cambiato il quadro. Nel frattempo, sopiti i contrasti tra Segreteria di Stato e Cei sui rapporti col mondo politico, i cardinali Bertone e Bagnasco hanno mandato segnali di «responsabilità e unità», la Chiesa mantiene un profilo istituzionale e si tiene a distanza dalle polemiche estive: «la Santa Sede non ha la minima intenzione di intervenire», si fa sapere Oltretevere, e anche da parte della Cei c'è distacco e prudenza. Intervistato a luglio dall'Osservatore Romano, tuttavia, il cardinale Bagnasco non ha mancato di «apprezzare lo sforzo di quanti, innanzitutto il presidente della Repubblica, invitano continuamente a ritrovare la coesione e la convergenza, al di là delle legittime differenze». E, parlando delle Settimane Sociali e dell'«agenda» di «obiettivi concreti» da discutere in ottobre, auspicava una «rinnovata stagione di impegno dei cattolici italiani dentro la società di oggi». E adesso che succede, i laici cattolici tornano a dividersi? «Io credo che quella di Famiglia cristiana sia più che altro una scelta editoriale», alza le spalle Luigi Amicone, direttore del settimanale ciellino Tempi.
«Del resto quello che dice mi sembra puerile: se davvero il berlusconismo condiziona e divide i cattolici vuol dire che sono i cattolici ad avere un problema e non Berlusconi, che fa il suo mestiere. La cultura del piagnisteo è la condizione per essere spazzati via». In realtà, considera Amicone, «più che le tensioni interne ai movimenti o alle anime cattoliche, mi pare di vedere al contrario uno scarso entusiasmo, salvo eccezioni come il Meeting.
Il problema è la scarsa visibilità: i progetti ci sono, è una questione di persone». Considerazioni non lontane da quelle di Paola Bignardi: «La spinta del 2004 non si è esaurita ma era ecclesiale, non riguardava la politica, anche se quella capacità di dialogo alla politica farebbe un gran bene: le differenze sono una ricchezza, non si capisce perché ci si debba sentire feriti da un'idea diversa. Ma questo dipende dagli stili, dalla spiritualità delle persone». L'occasione per confrontarsi, dal 14 al 17 ottobre a Reggio Calabria, saranno proprio le Settimane Sociali. Il proposito è trovare unità (e visibilità) sulle famose «questioni concrete» per superare non il bipolarismo ma la sua «crisi». Scriveva ieri Edoardo Patriarca sul sito piuvoce.net: «Se da una parte si rischia una deriva populistica fondata sul rapporto diretto tra il leader e i suoi elettori, dall'altra, al contrario, ci si ritrova con un partito-orchestra che neppure riesce ad accordare gli strumenti musicali». Quanto al «terzo polo», la domanda suona retorica: «È la via migliore per una presenza efficace dei cattolici in politica?». Il confronto è aperto, basta non ritrarsi: «È bene che i cattolici si rimettano a pensare, e provino a stare al "centro", al centro dei processi per governarli nel migliore dei modi. Se vorranno, hanno tutte le carte per giocare».

 

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