La condizione della Libertà e dei Diritti nel mondo peggiora: marciamo per chiedere di dare alla difesa dei Diritti Umani priorità nei rapporti internazionali

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di Demetrio Bacaro, Vicepresidente del Comitato Nazionale di Radicali Italiani
Il Dubbio - 05/10/2016

 

Dalle ceneri umanitarie, sociali ed economiche createsi con la fine del secondo conflitto mondiale, con oltre 71 milioni di vittime fra militari e popolazione civile (solo in Europa circa 50 milioni), decine di milioni di feriti, senzatetto, sfollati, orfani, nasceva l’intento di cautelare l’intera umanità, ormai già forzatamente globale, dalla possibilità del ripetersi di simili catastrofi. Si arrivò così nel 1948 alla redazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Tale documento, pensato come una sorta di assicurazione per la difesa della inviolabilità della persona umana, per la tutela delle sue esigenze primarie, per la promozione del suo sviluppo psicofisico e socio economico nel rispetto delle prerogative di uguaglianza, avrebbe poi generato anche documenti successivi, fino ad arrivare alla Carta dei Diritti Fondamentali della UE nel 2000. Il tutto si inseriva in una concreta speranza ed un obiettivo di pace duratura e collaborazione universale.

Genera invece sconcerto osservare come a distanza di soli 70 anni di quei propositi siano rimaste le parole, non certo la tensione realizzativa; non solo a causa del permanere, se non addirittura del rifiorire, di molti governi autoritari in vaste aree del mondo, ma anche per un amnesico risorgere dei nazionalismi e della cultura del respingimento, anche in quegli stessi Paesi (Europei, ma anche Americani ed Asiatici) che erano usciti devastati dall’esperienza bellica.
La condizione della Libertà e dei Diritti nel mondo peggiora: in oltre metà dei Paesi a centinaia di milioni di persone è negata o limitata la libertà politica, religiosa, economica e sono negati i diritti umani, sociali e civili.
Dall’ultimo rapporto di Amnesty International si evince come siano circa 60 milioni gli individui allontanati o costretti a farlo dalle loro case, generando flussi migratori enormi di sfollati e rifugiati; oltre 30 Paesi nel mondo (compresi alcuni dell’UE) hanno derogato dal Diritto Internazionale respingendo nei Paesi di origine i rifugiati in fuga da guerre e persecuzioni, esponendoli ad altissimi rischi per la loro incolumità se non della vita; in oltre 60 paesi si procede a provvedimenti carcerari e peggio per reati di coscienza o di opinione.
L’ Unione Europea, o per meglio dire il risorgere dei nazionalismi in molti suoi Stati membri, come incapaci di aderire ad uno spirito di reale comunitarismo, sembra aver smarrito la strada maestra dell’accoglienza, della libertà intesa come atteggiamento umano anche all’apertura, all’accettazione e al confronto con realtà altre. Sorgono di nuovo, e tristemente, muri fisici (alimentati culturalmente da populismi e demagogie che soffiano su istinti di paura ed egoismo) in questa nostra Europa, che avremmo voluto piattaforma aperta lanciata nel Mediterraneo e verso l’Atlantico con l’ambizioso proposito di essere non solo culla della civiltà democratica, ma sua testimonianza viva e in progresso, suo alfiere contagioso. Invece molti governi o singoli politici mostrano la memoria corta di chi non ricorda come in un solo decennio (1945-55) ci furono 15 milioni di europei che migrarono verso altre parti del mondo; o di come il 5 per cento della popolazione danese, alla fine degli anni 40, era costituita da sfollati tedeschi. O i 27 milioni di italiani migranti, per lo più economici, in un secolo.
L’idea che trasmette la civiltà Occidentale, e purtroppo l’Europa in particolare, in questi anni inquieti è quella di uno sparuto gruppo di superstiti, che accerchiati dagli invasori si trincera in un atteggiamento di chiusura, ostilità e respingimento, sia nei confronti degli individui in migrazione obbligata, sia nei confronti dell’avanzamento dello Stato di Diritto nei suoi confini, Perché alla fine le 2 evenienze vanno a braccetto: la paura dell’altro genera sensazioni emergenziali, che giustificano limitazioni o negazione di Diritti civili.
Convinti come siamo, forti anche delle esperienze della Storia (facile ricordare gli errori degli imperi in decadenza, contrapposti allo sviluppo sempre fiorente delle società libere e democratiche), che l’avanzamento delle conquiste sui Diritti debba essere considerata una strada senza ripensamenti, auspichiamo che la presa di coscienza dei Diritti Individuali, consenta ad ognuno, singolo e collettività, di accettare serenamente e con convinzione i propri doveri, facciamo nostra la bella frase di Emma Bonino: “la libertà prende forma con i diritti e sono i doveri a darle 'tenuta', anzi diritti e doveri sono le facce di una stessa medaglia. La libertà si accompagna alla responsabilità”. Solo un determinato e convinto rilancio dell’intento universalistico delle democrazie occidentali, che possa essere accogliente per gli individui ed attrattivo per i governi, consentirà di ideare un mondo ancora possibile, dove il Diritto sia il perno sul quale inserire l’insieme dei Doveri soggettivi e di collettività.
Chiediamo che i Paesi leader nella promozione dei Diritti Umani, in primis quelli Europei, sappiano valorizzare e rilanciare i propri modelli di società democratiche ed aperte, nelle quali il diritto alla vita e all’autodeterminazione siano intangibili e sempre garantiti.
Per questo organizziamo, come Radicali, con l’Associazione Società Libera e le Comunità delle Minoranze e dei Popoli Oppressi,  una Marcia internazionale per una società aperta e lo stato di diritto, sabato 8 ottobre a Roma alle 16 da Piazza Mazzini a Castel Sant’Angelo (in contemporanea con analoga manifestazione a Parigi), alla quale parteciperà tra gli altri la stessa Emma Bonino.
Con questa Marcia silenziosa, chiediamo alle istituzioni internazionali di dare alla difesa dei Diritti Umani priorità nei rapporti internazionali, sia di natura politica che commerciale, e di perseguire nei fatti l’affermarsi dello stato di Diritto e delle libertà individuali. Nessun Paese da solo è in grado di fronteggiare sfide come le migrazioni, le grandi crisi finanziarie, il mutamento climatico o il terrorismo internazionale. Oggi sono gli Stati nazionali a fallire, così come un’idea di Europa: quella delle patrie e dei trattati, quella intergovernativa e delle reazioni nazionali.

Partecipa alla marcia: https://www.facebook.com/events/1003239286489454/ 

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