Referendum. Comitato Libertà di Voto: Raccolta firme non è diritto ma privilegio di grandi partiti e apparati. Istanze in Cassazione per sospendere giudizio su "spacchettamento" e rinvio a Consulta

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Il “Comitato per la libertà di voto” ieri ha depositato due istanze presso l’Ufficio centrale per i referendum della Corte di Cassazione. Con la prima, depositata entro il termine di consegna delle firme, il Comitato chiede alla Cassazione di sospendere il giudizio di legittimità circa le richieste di referendum per parti separate e parziali, nonché di rimettere alla Corte costituzionale le questioni incidentali di costituzionalità relative alle procedure previste dalla legge n 352 del 1970 per la raccolta delle firme.

I promotori dei referendum, infatti, nell’istanza hanno documentato l’impossibilità di raccogliere le firme tra i cittadini a causa delle restrizioni irragionevoli contenute nella legge 352 del 1970 che hanno determinato, in particolare, l’assenza di pubblici ufficiali disponibili ad autenticare le firme. Tra le motivazioni alla base della richiesta, anche il mancato intervento da parte del Governo Renzi per rimuovere gli ostacoli alla raccolta firme, cui il Comitato si era rivolto insieme al Comitato per il No e al Comitato sull’Italicum senza ricevere alcuna risposta.
Qualora l’Ufficio centrale della Cassazione accogliesse l’istanza, il giudizio sulla raccolta firme sui referendum sarebbe sospeso e spetterebbe alla Consulta esprimersi circa l’incostituzionalità degli ostacoli della legge 352/1970.
Nella seconda istanza, il Comitato ha chiesto l’accesso alla documentazione e ai moduli depositati in Cassazione il 14 luglio sia dal Comitato per il Si che dal Comitato per No. Questa richiesta, è volta a consentire la verifica delle modalità con cui si è arrivati al deposito delle firme, che nel caso del Comitato per il Si sono state dichiarate in numero superiore alle 500 mila.
 
Dichiarazione del segretario di Radicali Italiani Riccardo Magi, Mario Staderini e del professore Fulco Lanchester, promotori del Comitato per la Libertà di Voto
 
“Se per i parlamentari è stata una scelta quella di non evitare il plebiscito, i cittadini italiani invece non hanno potuto decidere se sostenere la richiesta di referendum per parti separate o parziali.
In Italia oramai solo chi ha un “esercito” di consiglieri comunali diffusi a livello nazionale o un analogo apparato sindacale o parastatale, è in grado di raccogliere utilmente le 500 mila firme autenticate previste dalla legge. Non è un caso che gli unici che sinora sono riusciti nell’impresa – o almeno così dichiarano - sono stati il Partito Democratico, che può contare su decine di migliaia di amministratori locali per autenticare gratis e sedi in tutti i comuni, e la CGIL, le cui disponibilità economiche e presenza nelle amministrazioni pubbliche sono note.
Si tratta di una evidente discriminazione che incide nell’esercizio del diritto di tutti, tranne che del PD e della CGIL, a promuovere referendum. Per questo motivo abbiamo presentato le due istanze e confidiamo nell’attenta valutazione da parte della Cassazione. 
Quanto al Presidente Renzi, farebbe bene a occuparsi dei diritti di tutti gli italiani, anziché vantarsi delle sue asserite 600 mila firme raccolte soltanto grazie a questi privilegi".

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