Juncker e il pacchetto per l'economia circolare. Su rifiuti, cibo e salute l'Europa torna indietro

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L’Unione europea ha presentato oggi il pacchetto di misure per l’economia circolare. Le finalità della normativa sarebbero la rottamazione delle discariche e il contestuale aumento del riciclo dei rifiuti, ridurre lo spreco alimentare, obbligare alla raccolta separata della frazione organica dei rifiuti, allungare la vita ai prodotti e porre fine al fenomeno dell'obsolescenza programmata.
Usiamo il condizionale perché, in realtà, il pacchetto presentato dalla Commissione Juncker non è né una novità, né rappresenta un atto coraggioso. Anzi, si torna proprio indietro.

La normativa è infatti ereditata della precedente Commissione guidata da Barroso. L'attuale commissione Juncker la ritirò all’indomani del suo insediamento: una mossa che espose la nuova Commissione adaspre critiche che in parte rientrarono dietro la promessa del Presidente Junker di ripresentare il documento migliorato. Ma il confronto tra le due proposte è davvero impietoso.

L’obiettivo di riciclo dei rifiuti urbani: era del 70 per cento al 2030 nella prima proposta, scende al 65 per cento, mentre l’obiettivo di riciclo degli imballaggi scende dall’80 al 75 per cento al 2030. Alcuni paesi (Estonia, Grecia, Croazia, Lettonia, Malta, Romania e Slovacchia) potranno anche chiedere una proroga di 5 anni. A questo va aggiunto che il pacchetto non prevede più alcuna misura volta all'eliminazione di quelle sostanze tossiche dai prodotti che impediscono il riciclo e mettono in pericolo la salute di chi li produce o ripara.

Una bella sforbiciata anche per gli obiettivi sulla riduzione del conferimento in discarica. Il documento attuale prevede che possano finire in discarica nel 2030 fino al 10 per cento dei rifiuti domestici, compresi rifiuti riciclabili o compostabili. La proposta originaria fissava, per la stessa data, un massimo del 5 per cento per i rifiuti non pericolosi di origine domestica ed escludeva quelli riciclabili o compostabili.

Indietro tutta anche sulla raccolta separata della frazione organica. Nella proposta della precedente Commissione si fissava la obbligatorietà entro il 2025. Ora si parla di organizzarla ovunque entro il 2025 laddove si dimostri possibile sotto un profilo tecnico, economico e ambientale. Una clausola molto pericolosa che mantiene inalterati i privilegi della lobby degli inceneritori e la pretesa di considerare come rinnovabile la quota di energia derivata dalla combustione della frazione umida dei rifiuti urbani.

Per la riduzione dello spreco di cibo, si indicava un taglio del 30 per cento di cibo finito in spazzatura nel 2025 rispetto ai valori del 2017 mentre ora non viene suggerito nessun obiettivo. Scompare ogni riferimento agli obiettivi di efficienza nell’uso delle risorse, cioè come fare gli stessi prodotti consumando meno materie prime. Un punto che era invece alla base del pacchetto precedente, che indicava una riduzione del 30% rispetto al consumo di materie prime impiegate nella produzione manifatturiera. E pensiamo che questo sarebbe stato un aspetto centrale da rafforzare nel nuovo documento.

L’unico aspetto positivo è quello legato alla direttiva Ecodesign, che introduce criteri di durevolezza, riciclabilità e riparabilità negli elettrodomestici prodotti e venduti in Europa, così da combattere l'odioso fenomeno della obsolescenza programmata.

Complessivamente, il pacchetto non è per nulla un buon biglietto da visita da spendere al Summit sul Clima di Parigi.

 

Fabrizio Cianci, segretario EcoRadicali - Associazione Radicale Ecologista

 



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