Profumo, Tabarelli e il Kazakistan lucano

Di Maurizio Bolognetti, Segretario Radicali Lucani e Direzione Radicali Italiani
Latronico (19 agosto 2013) – La lobby intenzionata a trasformare la Lucania in un unico campo petrolifero ha assestato negli ultimi giorni il suo uno-due: gancio destro, gancio sinistro. Il primo colpo lo ha sferrato l’ottimo Alessandro Profumo che, nella doppia veste di Presidente del Monte dei Paschi di Siena e membro del consiglio di amministrazione dell’Eni, ha parlato della necessità di raddoppiare i barili estratti. Il secondo è arrivato dall’ottimo Davide Tabarelli, il quale ha dichiarato che “è ora di togliere le royalties agli enti locali, che le interpretano come compensazioni per un danno che in realtà non esiste”. Tabarelli, per chi non lo ricordasse, nel dicembre 2012 ha partecipato in quel di Potenza ad un convegno sponsorizzato da alcune compagnie petrolifere e patrocinato dalla Presidenza della Repubblica, da Assomineraria e da Confindustria.
Da cittadino italiano, attualmente residente nel Kazakistan d’Italia, affermo che le dichiarazioni di Profumo non fanno altro che confermare quanto da tempo vado affermando: qualcuno ha deciso di trasformare la Basilicata in hub petrolifero d’Italia, vincolando buona parte del suo territorio ad attività di estrazione, ricerca ed esplorazione idrocarburi. Per raggiungere questo obiettivo, poteri che qualcuno definirebbe “forti” non hanno esitato ad utilizzare alternativamente bastone e carota ed hanno varato un programma che già due anni fa ebbi a definire “Oil for Food”.
Quanto a Tabarelli, va detto che l’ottimo esponente di Nomisma o è vittima di un vuoto di memoria oppure sta semplicemente e legittimamente svolgendo al meglio delle sue capacità la sua azione di lobbista pro attività estrattive.
Tocca ricordare a Tabarelli e soci quanto scriveva nel 2000, nella relazione sulla Basilicata, la Commissione Bicamerale sul ciclo dei rifiuti: “Nel complesso l’indagine ha censito 890 siti inquinati, la metà dei quali connessi alle attività di prospezione ed estrazione petrolifera”.
Tocca altresì richiamare alla memoria collettiva quanto scritto a chiare lettere negli accordi intercorsi tra Regione Basilicata, Stato ed Eni, tra il 1998 e il 1999, nei quali non a caso si parla di “Progetti e interventi di compensazione ambientale”. In particolare Tabarelli farebbe bene a leggere con attenzione “l’Intesa Istituzionale di Programma intercorsa tra il Governo della Repubblica e la Giunta della Regione Basilicata”. Così come non guasterebbe ricordare che lo Stato ebbe a reintrodurre le royalties con il D.LGS n. 625/1996, proprio per controbilanciare i contraccolpi ambientali, sanitari ed economici prodotti dalle attività estrattive. Royalties appunto da intendersi come compensazione ambientale.
Il giornale on-line “Contropiano”, in un interessante articolo dedicato alla presenza dell’Eni in Kazakhastan, riferendosi al caso Shalabayeva, sottolinea che “I ritardi nell’avvio dell’investimento del secolo – il giacimento gigante di Kashagan – si sono sbloccati un mese dopo l’affaire Ablyazov”.
Nello stemma della Regione Basilicata le onde simboleggiano i quattro fiumi della regione: il Basento, il Sinni, il Bradano e l'Agri; non vorremmo che a qualcuno sia venuto in mente di sostituirli con Pozzo, Barile e Trivella.
Noi abitanti del Kazakistan d’Italia non siamo disposti a farci trattare come una colonia, e una volta di più vogliamo ricordare quel Marco Pannella che nel 1978 affermava che “anche per le sinistre una bella raffineria è più gratificante della lotta alle alluvioni e alle frane, della limitazione dei livelli di inquinamento, anche della prevenzione di un Vajont o di una Seveso, o di un incidente nucleare”. Oggi che abbiamo l’impressione che qualche compagno abbia sostituito la falce e il martello con il pozzo e la trivella, la frase citata è quanto mai attuale.
P.S. Davvero una strana coincidenza che si sia iniziato a parlare di attuazione del Memorandum petrolifero in pieno agosto e con una Regione azzerata dall’inchiesta “Rimborsopoli”.
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