William Hague al Gabinetto: “Non si menzioni la guerra in Iraq”

La direttiva del Ministro degli Esteri di non discutere la legalità della guerra in vista del decimo anniversario dell’invasione provoca la rabbia dei Liberal-democratici.
Ha acceso un’aspra protesta William Hague, il Ministro degli Esteri britannico, all'interno del governo di coalizione dopo aver scritto in forma privata ad alcuni membri del gabinetto esortandoli a non discutere le motivazioni, o la legittimità, della guerra in Iraq in vista del decimo anniversario dell’invasione alla fine di marzo.
In una lettera riservata, il Ministro degli Esteri ha comunicato ai membri senior del governo di evitare di farsi coinvolgere in quelle controverse questioni che condussero il Regno Unito in un conflitto che spaccò il Paese e che ha causato la morte di quasi 200 soldati britannici e decine di migliaia di iracheni.
L’indicazione di Hague però ha fatto infuriare i ministri Liberal-democratici del governo, che intendono sfidare l'editto.
Mentre la decisione di Tony Blair di lanciare l’invasione contro Saddam Hussein ebbe il sostegno convinto dei conservatori, i Lib Dems hanno costantemente sostenuto che le basi sulle quali è stata motivata la guerra erano deboli e artificiose, con sprezzo del diritto internazionale.
Il leader dei Lib-Dem e vice primo ministro Nick Clegg, dovrebbe fare un discorso sull’Iraq prima dell’anniversario del 19 marzo.
Nella corrispondenza, Hague ha affermato che i Ministri dovrebbero attendere il tanto atteso rapporto finale dell’inchiesta pubblica guidata da Sir John Chilcot, che da tre anni sta esaminando il coinvolgimento del Regno Unito in Iraq, sebbene sia improbabile che venga pubblicato entro la fine dell’anno.
Il Foreign Office ha fatto sapere di non essere autorizzato a commentare le corrispondenze ministeriali riservate, ma fonti di Whitehall hanno confermato che la lettera è stata inviata. Hanno negato che lo scopo fosse quello di imbavagliare i ministri su quella che resta una questione politica velenosa.
Una fonte vicino a Hague ha detto che “Il Ministro degli Esteri ha scritto ai colleghi per ricordare loro che la posizione concordata del governo di coalizione è quella di non commentare le ragioni o la giustificazione della guerra sino alla pubblicazione del Rapporto Chilcot”.
“Dobbiamo far sì che l’inchiesta Chilcot raggiunga le sue conclusioni, senza che il governo ne pregiudichi l’esito. Tra l’altro, il Ministro degli Esteri ha sostenuto con forza l’istituzione dell’inchiesta, per cui l’idea che qualcuno ora stia cercando di limitare o soffocare il dibattito e discussione è ridicola.”
Dalla lettera di Hague al Gabinetto emerge chiaramente che “non pregiudicare Chilcot non dovrebbe impedire [ai ministri] di riconoscere i sacrifici delle forze armate”.
L’ex leader dei Lib-Dem, Sir Menzies Campbell, ha dichiarato: “Con l’eccezione di alcune coraggiose individualità, il Partito Conservatore ha sostenuto un’azione militare nata male fin dall’inizio contro Saddam Hussein. In alcune occasioni in effetti la leadership Tory sembrava entusiasmarsi più per l’azione che per il governo stesso.”
“Sono passati dieci anni dai principali fatti che ci hanno fatto impelagare in Iraq. Non sorprende la riluttanza dei Conservatori a discutere il loro ruolo in quello che è generalmente considerato come il più grande errore di politica estera dai tempi di Suez”.
“La posizione dei Liberal-Democratici è stata ed è chiarissima: si è trattato di una guerra illegale scatenata sulla base su informazioni non verificate, successivamente rivelatesi prive di fondamento. Non vedo nessun motivo per cui nel 2013 questi problemi non debbano essere affrontati pienamente così che possiamo imparare dagli errori del passato.”
Secondo un autorevole esponente liberal-democratico: “William Hague ha diritto alle sue opinioni sulla guerra in Iraq, ma non può costringere i Lib-Dem a condividerle. L’idea che Nick Clegg e i Lib-Dem rimangano silenti nel decimo anniversario della guerra in Iraq avrà vita breve. Dieci anni fa, il partito prese la posizione giusta sulla guerra in Iraq e non di certo non la cambieremo un decennio dopo”.
Il Rapporto Chilcot conterà circa un milione di parole, ma nonostante le istruzioni contenute nella lettera di Hague, non è affatto certo che esso emetterà un giudizio definitivo sulla legittimità della guerra. Anzi, è probabile che il rapporto si limiti ad esporre gli argomenti di entrambe le parti, senza trarre alcuna conclusione.
Munita di un gruppo di quattro esperti, l’indagine di Chilcot ha trovato l’opposizione di Whitehall alla divulgazione dei documenti fondamentali relativi alla invasione dell’Iraq, in particolare registrazioni di discussioni tra Blair e il Presidente degli Stati Uniti, George Bush.
L’anno scorso, Chilcot ha inviato una lettera a David Cameron per comunicare la frustrazione sua e dei suoi colleghi dell’inchiesta di fronte al rifiuto di Whitehall di rilasciare documenti, tra cui quelli che rivelano quali ministri, consulenti legali e funzionari sono stati esclusi dalle discussioni sull’azione militare. Tra i docmenti ancora sotto segreto vi sono quelli relativi all’MI6 e al Quartier Generale Governativo per le Comunicazioni (GCHQ, Government Communications Headquarters).
In un aggiornamento sullo stato di avanzamento della sua relazione, Chilcot ha detto: “Esistono alcune categorie di evidenza particolarmente importanti: quelle che riguardano il trattamento delle discussioni all’interno del Gabinetto di governo, nelle Commissioni del Gabinetto e quelle – tra il Primo Ministro e dei Capi di Stato o di Governo di altre nazioni sulla posizione che dovrebbe prendere il Regno Unito.”
L’inchiesta Chilcot ha tenuto 18 mesi di audizioni pubbliche, tra il 2009 e il 2011. Un susseguirsi di testimoni, da ex Segretari di Gabinetto a Comandanti militari, hanno criticato fortemente il modo in cui Blair e i suoi consiglieri hanno preso decisioni senza consultare i Ministri e l’allora Procuratore Generale, Lord Goldsmith.
Chilcot ha detto che l’affermazione di Blair secondo cui l’MI6 stabilì “senza ombra di dubbio” che Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa “non era fattibile sulla base dell’intelligence”.
Fonte: The Guardian
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