Il Colosseo è a rischio. Il Dossier

Dossier diffuso durante la conferenza stampa della Lista Amnistia Giustizia Libertà
"I rischi per l’area archeologica del Colosseo legati alla realizzazione della Metro C e le conseguenze per le tasche dei cittadini dell'opera"
alla quale hanno partecipato:
Emma Bonino, vice Presiente del Senato e candidata Lista Amnistia Giustizia Libertà
l’Avv. Giuseppe Rossodivita, Candidato Presidente Regione Lazio, Lista Amnistia Giustizia Libertà
Elisabetta Zamparutti, Deputata Radicale e candidata Lista Amnistia Giustizia Libertà in Puglia e Basilicata
Carlo Ripa di Meana, Presidente Italia Nostra – Roma
Antonio Tamburrino, Consigliere Italia Nostra – Roma
Il Colosseo è a rischio. DOSSIER.
Ci sono serissime preoccupazioni causate dagli interventi che stanno per essere avviati a giorni e che riguardano la costruzione della stazione Colosseo della metro C.
A giorni verrà recintata un’immensa area su via dei Fori Imperiali (http://online.stradeeautostrade.it/notizia/100013021199005).
Partendo dai piedi del Colosseo arriverà fino a metà dei Fori, altezza Largo Corrado Ricci.
Progressivamente, si ridurrà lo spazio residuo per il traffico a due sole corsie, totalmente addossate al Colosseo. Per i turisti rimarrà solo uno strettissimo corridoio di 2,85 mt.
Questa recinzione serve perché al suo interno tutta Via dei Fori verrà scavata e svuotata fino ad una profondità di 50 mt. Nello spazio così ricavato verrà costruita la gigantesca stazione della Metro C. Il cantiere durerà fino al 2020.
Il progetto della metro C nasce ben 20 anni fa e costituisce il perno centrale della cosiddetta “cura del ferro”. Da subito il consenso fu unanime. Doveva prosciugare la marea automobilistica, rendere centrale la mobilità su ferro, spezzare l’isolamento delle periferie, e permettere la pedonalizzazione dell’intero Centro Storico. Infine, doveva rendere possibile recuperare l’incomparabile patrimonio archeologico e facilitarne l’accesso. Gli obiettivi erano ambiziosi a tal punto che la nuova metropolitana venne chiamata anche la “metro archeologica”. Fondendo insieme storia, cultura, efficienza e
modernità, la metro C doveva portare verso il futuro di Roma Capitale. L’inaugurazione era prevista per il grande Giubileo del 2000.
Ma le cose poi sono andate molto diversamente. Lo scorso anno una dettagliatissima relazione della Corte dei Conti ha certificato il sostanziale fallimento della metro C. Incompetenze, negligenze, errori, illegittimità. I costi dell’opera sono schizzati alle stelle così tanto che questa metropolitana viene considerata la più costosa del mondo. La situazione ad oggi è che i lavori arrancano faticosamente nella tratta esterna da Pantano a San Giovanni. Ma nella tratta centrale, che è la vera ragion d’essere della Metro C, quella che da San Giovanni va al Colosseo e poi a piazza Venezia, quindi Largo Argentina, Corso Vittorio Emanuele fino a San Pietro, siamo ancora a zero.
Anzi, dal Colosseo in poi, il progetto è stato praticamente abbandonato (http://carteinregola.files.wordpress.com/2013/01/scheda-metro-c.pdf) dato che, grazie
proprio alla Corte dei Conti, all’ultimo momento è stato sventato un inaudito colpo di mano delle imprese che stavano trattando una proposta di project financing per l’astronomica cifra di 10 miliardi di euro
(pag. 167 http://www.corteconti.it/export/sites/portalecdc/_documenti/controllo/sez_centrale_controllo_amm_stato/2011/delibera_21_2011_g.pdf), più la licenza di cementificare caserme e depositi dell’Atac nel Centro Storico.
Ma come è possibile che si sia potuto verificare questo disastro epocale? La principale ragione è che il progetto è stato gestito totalmente e gelosamente all’interno del sistema dei partiti. Italia Nostra ha provato tutte le strade per far accedere i cittadini ai processi decisionali ma la chiusura è stata totale. Il sistema dei partiti è infatti caratterizzato dalla minima competenza tecnica e dalla massima disponibilità affaristica. Così l’errore fondamentale è stato quello di preferire una tecnologia del tutto obsoleta caratterizzata da dimensioni strutturali ciclopiche e da impatti devastanti. Il peggio che si potesse scegliere per il luogo più archeologico del mondo, comunque una manna per le imprese di costruzione senza scrupoli.
Ora siamo all’epilogo. Attualmente si vuole almeno arrivare al Colosseo, costi quel che costi, anche mettendo a rischio il monumento più importante d'Italia. Le ragioni per andare
avanti sono fortissime: intanto è in gioco il più ricco contratto di opere pubbliche in Italia che può durare decenni e può continuare a lievitare ancora. E poi il fermo definitivo del cantiere rischierebbe di portare definitivamente a galla colpe, responsabilità, omissioni gravissime, e chissà quant’altro che potrebbe far vacillare il sistema dei partiti.
Per continuare nello scempio e arrivare all’apertura del cantiere c'è solo un ultimo stacolo, il no della Soprintendenza Archeologica
(http://www.eur.roma.it/uploads/tx_news/progettoCelio98.pdf).
Le ragioni della Soprintendenza sono validissime, anzi vitali. Ma la Soprintendenza sta egualmente per abbandonarle. Come mai?
Le ragioni sono tre.
La prima riguarda l’erosione e la stabilità delle pareti del monumento.
Esse sono già in stato estremamente precario, a causa della fortissima erosione causata dallo smog del traffico. Già nella nota del 2009 la Soprintendenza “chiede che sia avviato il processo di integrale pedonalizzazione di Via dei Fori Imperiali”. Ma nel parere del 2009 la posizione è molto più drastica: “questa Soprintendenza ritiene, ai fini della tutela dell’Anfiteatro Flavio, e della frequentazione anche in sicurezza dell’area monumentale, incompatibile la compresenza del traffico veicolare pubblico e privato e del transito dei mezzi funzionali alle attività di cantiere”. Infatti, prosegue la Soprintendenza, “occorre considerare gli effetti, in termini di inevitabile accrescimento delle emissioni inquinanti dovute a un traffico prevedibilmente interrotto, sulla conservazione e la tutela delle superfici dell’anfiteatro; già nella situazione attuale, inoltre, il traffico automobilistico costituisce elemento di intralcio e fattore di rischio per il transito pedonale”.
La Soprintendenza conclude “la risoluzione della problematica è ostativa dell’avvio dei lavori”. In sostanza la Soprintendenza mette un paletto insormontabile: se non si pedonalizza prima tutta Via dei Fori Imperiali non si può nemmeno parlare di inizio lavori.
Il secondo elemento riguarda la stabilità delle fondamenta e quindi la vera e propria sopravvivenza del Colosseo. A tale proposito la Soprintendenza detta delle prescrizioni precise: 1) “lungo l’intero fronte settentrionale del Colosseo si richiedono approfondimenti di modellazione in rapporto a potenziali cedimenti dei terreni di riporto”. 2) “gli studi tecnici inerenti le pendici meridionali del Colle Oppio poste direttamente sul tracciato della nuova linea dovranno, pertanto, riconfermare le valutazioni già espresse in merito al parametro di sicurezza del greenfield di rispetto dichiarato con doppia modellazione (in presenza e assenza del volume monumentale) e approfondire in fase esecutiva, i rapporti favorevoli all’integrità fisica del monumento”.
Non c’è nessunissimo dubbio che al momento non si è assolutamente in grado di garantire che le fondazioni del Colosseo non vengano influenzate dai profondi rimaneggiamenti dei terreni che distano pochissime decine di metri dal monumento.
Il terzo motivo di preoccupazione riguarda la fruizione del monumento. La Soprintendenza ritiene che il percorso riservato ai turisti per raggiungere il Colosseo, ridotto a uno strettissimo corridoio di 2,85 metri, e snodantesi all’interno di un cantiere dove si svolgeranno lavorazioni molto pesanti, risulti del tutto scoraggiante al flusso dei visitatori.
Con la conseguenza che non solo verrà a mancare la principale fonte finanziaria della Soprintendenza stessa, ma tutto il turismo romano ne soffrirà pesantemente, dato che la stragrande maggioranza dei turisti viene per vedere il Colosseo.
Ma di fronte a questi pericoli così gravi e dettagliati perché la Soprintendenza sta per cedere?
La ragione è documentata direttamente dalla relazione della Corte dei Conti e si risolve in un gravissimo atto di autoaccusa. La Soprintendenza con l’avallo diretto del Ministero, sostiene che l’errore fatale commesso nella costruzione di quest’opera è che le indagini archeologiche non sono state portate a termine prima dell’inizio dei lavori, ma si svolgono a lavori in corso. La conseguenza è che la Soprintendenza pressata dalle forze potentissime che vogliono andare a tutti i costi avanti nella costruzione, è costretta a cercare solo di salvare il salvabile. Tutto ciò è sicuramente generoso da parte di tutti i dirigenti, ma non è assolutamente sufficiente. Infatti la stessa Soprintendenza ricorda che esiste una legge dello stato molto chiara e precisa chiamata “la legge sull’archeologia preventiva” che stabilisce l’impossibilità di dar via a lavori se prima non si è completata tutta la ricerca archeologica. Pertanto nell’impossibilità di farlo, la Soprintendenza deve denunciare quella che è una vera e propria violazione di legge.
Se tutto ciò finora è avvenuto, con la corresponsabilità di tutti gli attori, dal Comune al Ministero dei Beni Culturali, dalla Regione al Cipe, ora riteniamo che per il Colosseo non possiamo rimanere zitti e daremo seguito a tutte le azioni necessarie.
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