41-BIS// Salvate il cittadino Provenzano

Dichiarazione di Irene Testa e dell’avv. Alessandro Gerardi, rispettivamente Segretario e dirigente dell’Associazione Il Detenuto Ignoto
La notizia dell’ennesimo ricovero d’urgenza di Bernardo Provenzano non ci ha sorpreso, anche perché, quando alcuni mesi fa andammo in visita ispettiva presso il carcere di Parma insieme alla deputata radicale Rita Bernardini, ci rendemmo subito conto di quanto il detenuto fosse gravemente debilitato e sofferente dal punto di vista fisico e di come orma stesse perdendo o avesse già perduto il lume della ragione, al punto che ci domandammo come fosse possibile sottoporre a un regime detentivo così duro una persona anziana ridotta in quelle condizioni. Proprio per questi motivi come radicali abbiamo depositato qualche mese fa una interrogazione parlamentare nella quale si chiedono chiarimenti al Governo sulle condizioni di salute del detenuto Provenzano, ma nonostante la gravità della situazione nessuno ci ha ancora ufficialmente risposto.
Ci rivolgiamo quindi al Ministro della Giustizia Paola Severino affinché le misure disumane in cui sono ristretti i detenuti in 41bis, misure che le convenzioni internazionali definiscono tortura, non diventino atti di vera e propria bestialità. Le sacrosante esigenze di sicurezza nei confronti del detenuto Provenzano non possono essere spinte fino al punto di pregiudicare il suo stato di salute. È proprio in casi come questo che lo Stato deve mostrare tutta la sua forza, che consiste innanzitutto nel garantire ad un suo nemico quei diritti umani fondamentali che lui ha negato alle sue vittime.
Che non accada a Provenzano quel che è già accaduto a molti detenuti in 41bis infartuati, colpiti da ictus, malati di cancro, paralizzati o costretti sulla sedia a rotelle, la cui malattia è stata diagnosticata in ritardo, che sono arrivati in ospedale quando non c'era più nulla da fare oppure che sono stati riportati in carcere subito dopo una delicata operazione chirurgica e abbandonati nella propria cella. Molti detenuti in passato sono morti in 41bis, in cella o in ospedale o a casa dove erano stati mandati a finire i pochissimi giorni rimasti della loro vita. Chissà quanti potevano essere salvati se il loro male fosse stato preso in tempo o se fossero stati curati adeguatamente. Già per i detenuti “normali” la cura della salute è un optional, per quelli in 41bis è pressoché nulla, affidata al buon cuore di operatori penitenziari, spesso degli stessi agenti di custodia, ovvero usata come arma di ricatto finalizzata al pentimento. La verità è che dal 41 bis si può uscire solo in due modi: o da pentito o da morto. E non sono pochi quelli che in questi anni ne sono usciti come si suol dire: coi piedi davanti.
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