Ceronetti sull’italiano: «Nella politica non c'è da sperare nulla. Sono completamente infettati dal niente in cui sono vissuti. Non c'è pensiero nelle Aule»

Guido Ceronetti

Intervista di democrazialinguistica.it pubblicata sull’omonimo sito oggi 5 luglio 2012

Ha parole dure il poeta e scrittore Guido Ceronetti per la situazione della lingua e della cultura italiana di oggi. Intervistato dall’Associazione Radicale Esperanto, Ceronetti vede il linguaggio «in progressivo disfacimento, perché il linguaggio che viene appreso dai giovani, che viene usato emblematicamente dai politici, è l’assurdità della negazione di un linguaggio».

«Il Novecento è stato un grande secolo della lingua, un secolo di grandi scrittori in lingua italiana», ha continuato lo scrittore torinese «però via via l’arrendevolezza e l’impoverimento del linguaggio diventano la premessa inevitabile della colonizzazione. Se non ti difendi ti occupano, è stato sempre così: ti occupano nel modo oggi possibile, economicamente e linguisticamente».

L’inglese ormai sembra farla da padrone in ogni campo: «il Sole 24ore per l’uso dell’inglese è temibile, perché ne fa un uso, anche nei titoli, che rende la lettura impossibile; anche il linguaggio sportivo è totalmente arreso alle parole inglesi». Ciò porta ad una discriminazione: se un giovane non ha nel curriculum la buona conoscenza dell’inglese «non te lo guardano neppure. Puoi avere tutto il talento che vuoi, nessuno ti sfiora con lo sguardo. Questo crea certamente una classe di persone che sanno l’inglese. A questa classe appartiene il presidente del Consiglio, naturalmente, il quale non concepisce niente senza l’uso e l’apporto della lingua inglese».

È uno sguardo amaro e realistico, quello di Ceronetti: «mi costerna l’italiano, non soltanto la sua perdita, ma la rinuncia all’italiano per un’altra lingua, che poi esprime pensieri analoghi».

L’unica speranza può venire da un risveglio intellettuale, visto che «Nella politica non c'è da sperare nulla, nulla, nulla, nulla. Sono completamente infettati dal niente in cui sono vissuti, non hanno un pensiero. Non c'è pensiero nelle Aule».

 



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