Carceri, Radicali: a Pistoia detenuti ostaggio di condizioni drammatiche e illegali

Carcere di Pistoia

Interrogazione della deputata Rita Bernardini dopo la visita effettuata con Marco Pannella e i radicali Matteo Angioli e Manila Michelotti.

Il doppio dei detenuti rispetto alla capienza regolamentare (3 detenuti in celle di 6mq), carenza pressoché totale di attività, personale fortemente sottodimensionato, magistrato di sorveglianza assente, il tutto in una struttura fatiscente dove gli unici lavori in corso riguardano “la creazione di locali da adibire alla costituzione della banca dati del DNA”. E’ questo il quadro allarmante delle condizioni del carcere di Pistoia che emergono dall’interrogazione presentata dalla deputata radicale Rita Bernardini, a seguito della visita ispettiva effettuata lo scorso 2 maggio insieme a Marco Pannella e gli esponenti radicali Matteo Angioli e Manila Michelotti. Una situazione peggiore di quella, già illegale e drammatica, riscontrata in una precedente visita a luglio del 2011 e descritta in un’altra interrogazione rimasta senza risposta.

Se, infatti, nove mesi fa i detenuti presenti erano 117 a fronte di una capienza regolamentare di 74 posti, il 2 maggio scorso la delegazione ha trovato ben 147 ristretti, di cui 73 in attesa di giudizio. Affidati alla sorveglianza di soli 49 agenti di polizia penitenziaria effettivamente in servizio, a fronte dei 67 assegnati e di una pianta organica che ne prevedrebbe 79. Due educatori e un solo psicologo chiamati a farsi carico dell’intera popolazione detenuta, che comprensibilmente reclama una presenza maggiore, anche del magistrato di sorveglianza che in molti sostengono non aver mai visto, sebbene la legge gli imponga colloqui periodici e individuali con i carcerati e la visita alle celle per verificare le condizioni di detenzione . 

I radicali descrivono inoltre condizioni igienico sanitarie precarie: “persino la carta igienica viene lesinata, tanto che alcuni detenuti più indigenti, usano la carta di riviste donate dai volontari” (“proprio il 2 maggio tutti i detenuti avevano però miracolosamente ricevuto il kit mancante da mesi e consistente in alcune saponette, una bottiglia di detergente per pulire la cella e alcune spugnette”, si legge). A gravare ulteriormente su un contesto di povertà diffusa è l’aumento esorbitante del sopravvitto denunciato dai reclusi.

“Se si considera che nelle condizioni sopra descritte i detenuti del carcere di Pistoia “vivono” per 21 ore al giorno e che le 3 ore d’aria le trascorrono in squallidi cortili denominati “passeggi” alcuni dei quali senza tettoia, è consequenziale comprendere come questo tipo di detenzione corrisponda ad un sequestro di persona che nulla ha a che vedere con quanto previsto dall’articolo 27 della Costituzione; il che, ad avviso dell’interrogante, provoca inevitabilmente un costante stato di frustrazione e mortificazione del personale di ogni livello professionale”, inoltre, “una buona percentuale dei detenuti incontrati si trovava a Pistoia per scontare vecchi residui pena di pochi giorni o di pochi mesi, incarcerazioni intervenute nel momento in cui i soggetti avevano ormai intrapreso un sano percorso di reinserimento sociale attraverso il lavoro” scrive Rita Bernardini chiedendo conto ai ministri della Giustizia e dell’Interno delle ragioni del peggioramento delle condizioni già disastrate del carcere di Pistoia e se intendano assumere iniziative per garantire forme alternative di esecuzione della pena per chi deve scontare un breve residuo di pena relativamente a fatti di reato commessi in epoca molto risalente nel tempo.

"Le uniche note positive - commenta infine la deputata radicale - sono la grande professionalità e umanità del personale, supportato dalla forte presenza del volontariato".

  

DI SEGUITO IL TESTO INTEGRALE DELL'INTERROGAZIONE:

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA

Al Ministro della Giustizia

Al Ministro dell’Interno

Per sapere, premesso che

Il 2 maggio 2012 la prima firmataria del presente atto è tornata a visitare il carcere di Pistoia insieme agli esponenti radicali Matteo Angioli e Manila Michelotti e al leader radicale Marco Pannella; la visita è stata guidata dalla comandante Barbara D’Orefice e dalla Direttrice dell’organizzazione e delle relazioni Alessandra Di Fortunato;

la precedente visita risale al 18 luglio 2011 ed è stata oggetto di un’altra interrogazione (n. 4-12744) che pur essendo stata sollecitata 4 volte dalla scrivente non ha mai ricevuto risposta;

la situazione del carcere, già illegale e drammatica 9 mesi fa, è addirittura peggiorata: se allora, infatti, i detenuti presenti erano 117 a fronte di una capienza regolamentare di 74 posti, il 2 maggio scorso la delegazione ha trovato ben 147 ristretti; 4 detenuti erano assenti temporanei per permessi; i detenuti in attesa di giudizio erano 73 (51 in attesa di 1° giudizio, 14 appellanti, 8 ricorrenti), 78 i definitivi; i detenuti stranieri – in tutto 77 – erano così divisi per nazionalità: 23 albanesi, 1 bulgaro, 1 ivoriano, 1 algerino, 2 egiziani, 1 spagnolo, 22 marocchini, 4 nigeriani, 1 pakistano, 16 rumeni, 4 tunisini, 1 iugoslavo;

permane la carenza di agenti di polizia penitenziaria: a fronte di una pianta organica che ne prevede 79, gli agenti assegnati sono 67 ma gli effettivamente in servizio sono 49; 1 solo psicologo ex articolo 80 ha un incarico per poche ore settimanali ed è oggettivamente impossibile che possa farsi carico della popolazione detenuta, in particolare dei nuovi giunti; gli educatori sono solamente 2;

perdura la pressoché totale carenza di attività: ridottissime le possibilità di studio, di lavoro, di attività ricreative e sportive; solo la piccola sezione riservata ai collaboratori di giustizia ha le celle aperte di giorno dalle 8 alle 18;

impressionante è stato per la delegazione trovare nella sezione destinata all’isolamento detenuti classificati come “media sicurezza” ristretti in celle di circa 6 mq in tre, con il letto a castello a tre piani; stessa situazione nelle celle al primo piano: tre detenuti in sei metri quadrati e anche nei camerotti del primo piano dove sono stipati dai 6 ai 10 detenuti, sempre in letti a castello a tre piani; le condizioni igienico sanitarie e di struttura continuano ad essere molto precarie: persino la carta igienica viene lesinata, tanto che alcuni detenuti più indigenti, quando vanno in bagno, usano la carta di riviste donate dai volontari; proprio il 2 maggio tutti i detenuti avevano però miracolosamente ricevuto il kit mancante da mesi e consistente in alcune saponette, una bottiglia di detergente per pulire la cella e alcune spugnette;

se si considera che nelle condizioni sopra descritte i detenuti del carcere di Pistoia “vivono” per 21 ore al giorno e che le 3 ore d’aria le trascorrono in squallidi cortili denominati “passeggi” alcuni dei quali senza tettoia, è consequenziale comprendere come questo tipo di detenzione corrisponda ad un sequestro di persona che nulla ha a che vedere con quanto previsto dall’articolo 27 della Costituzione; il che, ad avviso dell’interrogante, provoca inevitabilmente un costante stato di frustrazione e mortificazione del personale, in qualsiasi profilo professionale operi;

nel corso della visita, la delegazione ha potuto osservare che gli unici lavori in corso nella fatiscente struttura del carcere di Pistoia riguardavano la creazione di locali da adibire alla costituzione della banca dati del DNA;

una buona percentuale dei detenuti incontrati si trovava nel carcere di Pistoia per scontare vecchi residui pena di pochi giorni o di pochi mesi, incarcerazioni intervenute nel momento in cui i soggetti avevano ormai intrapreso un sano percorso di reinserimento sociale attraverso il lavoro; in molti hanno sottolineato la difficoltà ad incontrare gli educatori; fra le lamentele anche quella di periodi di sovraffollamento ancora superiori dell’attuale che hanno determinato l’utilizzo di materassi buttati per terra senza branda, oltre che l’occupazione per il pernottamento della sala colloqui;

la popolazione detenuta, nella quasi totalità indigente, ha deplorato l’aumento esorbitante del sopravvitto: il prezzo del caffè è quasi raddoppiato, l’olio di semi è passato da € 1,30 a € 1,90, il burro da 0,93 euro a 1,30; solo il prezzo della pasta è diminuito da 0,96 euro a 0,84;

a domanda esplicita rivolta ai detenuti dalla prima firmataria del presente atto in merito alle visite alle celle di detenzione da parte del magistrato di sorveglianza, la risposta unanime è stata quella di non averlo mai visto;

il 1° comma dell'articolo 75 del decreto del Presidente della Repubblica n. 230 del 30 giugno 2000 prevede che «Il magistrato di sorveglianza, il provveditore regionale e il direttore dell'istituto, devono offrire la possibilità a tutti i detenuti e gli internati di entrare direttamente in contatto con loro. Ciò deve avvenire con periodici colloqui individuali, che devono essere particolarmente frequenti per il direttore. I predetti visitano con frequenza i locali dove si trovano i detenuti e gli internati, agevolando anche in tal modo la possibilità che questi si rivolgano individualmente ad essi per i necessari colloqui ovvero per presentare eventuali istanze o reclami orali;

da segnalare, infine, il caso di E. H. (Elmodigui Hicham) che da un anno aspetta di fare una radiografia per una caduta accidentale dalle scale del carcere;

rimanendo purtroppo tuttora valide tutte le domande avanzate nella precedente interrogazione n. 4-12744, si aggiungono le seguenti:-

  • se sia a conoscenza dei fatti rappresentati in premessa;
  • quali siano le ragioni del peggioramento delle condizioni già disastrate del carcere di Pistoia;
  • da quanto tempo il magistrato di sorveglianza non visita i locali ove si trovano i detenuti;
  • se il magistrato di sorveglianza abbia prospettato al Ministro le esigenze dei vari servizi del carcere di Pistoia, con particolare riguardo alla attuazione del trattamento rieducativo;
  • quali siano le ragioni dell’eccessivo aumento dei prezzi del sopravvitto e se ritenga di dover intervenire;
  • se sia stata programmata la radiografia del detenuto E.H.;
  • quali siano i costi, nel carcere di Pistoia della creazione di locali da adibire alla costituzione della banca dati del DNA;
  • se negli altri 205 istituti penitenziari italiani siano state già costituite le banche dati del DNA e a quanto ammonti la spesa complessiva effettuata o da effettuare;
  • se a seguito dell’approvazione della Legge di ratifica del Trattato di Prum sia stata approvata e diramata una regolamentazione organica e standard operativi chiari che indichino criteri etici in grado di garantire il rispetto dei concorrenti diritti di riservatezza, libertà e pubblica sicurezza;
  • se il Governo non intenda assumere iniziative volte a garantire forme alternative di esecuzione della pena per chi deve scontare un breve residuo di pena relativamente a fatti di reato commessi in epoca molto risalente nel tempo.

 



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