Dal campo di Shousha (Tunisia), immagini esclusive sulle vergognose condizioni in cui vivono i profughi e la denuncia della collusione tra Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr) e governo nigeriano. Alla luce dell’inchiesta, pubblicata in esclusiva su www.FaiNotizia.it, il sito di citizen journalism di Radio Radicale, i senatori radicali Emma Bonino e Marco Perduca hanno già annunciato un'interrogazione al Ministro degli Esteri sulla gestione e i finanziamenti italiani a Shousha, che è anche il set del documentario "Mare Chiuso" di prossima uscita nelle sale. Roma, 14 marzo 2012 Da maggio 2009 circa 2000 immigrati sono stati intercettati nel Mar Mediterraneo dalle navi italiane e respinti in Libia. La maggioranza di questi erano richiedenti asilo provenienti da paesi in guerra.
Molti di loro sono finiti a Shousha, un campo profughi al centro del deserto tunisino. A poche settimane dalla condanna che la Corte europea dei diritti dell’uomo ha inflitto all’Italia per questi respingimenti, le condizioni del campo di Shousha e delle migliaia di persone che vi risiedono sono oggi al centro di un’inchiesta pubblicata in esclusiva su
www.FaiNotizia.it, il sito di citizen journalism di Radio Radicale. Gestito dall' Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr), Shousha Camp, si trova a 7 chilometri dalla Libia: ospita più di 3300 persone ed è stato aperto il 24 febbraio 2011. E’ cofinanziato dal governo italiano, in seguito agli accordi stipulati tra l'allora Ministro Dell'Interno Roberto Maroni e il governo provvisorio tunisino tra febbraio e aprile 2011. A Shousha, dopo lo scoppio della crisi libica, hanno trovato rifugio persone provenienti da Ciad, Nigeria, Iraq, Eritrea e Sudan che prima della guerra erano emigrate in Libia in cerca di lavoro. Le condizioni del centro sono agghiaccianti, come emerge dalle immagini di FaiNotizia, i pasti forniti dal World Food Programme insufficienti e la fame genera tensioni e scontri tra gli stessi ospiti della struttura. A mancare sono di frequente anche l'acqua potabile e l’acqua calda, e ciò costringe la maggior parte dei profughi a fare a meno delle docce per giorni. Una situazione di forte disagio, dunque, ulteriormente peggiorata dalle tempeste di sabbia che spesso spazzano il campo. Shousha, nato come "Transit Camp", rischia di trasformarsi in un accampamento permanente anche per la presenza di chi ha ottenuto lo status di rifugiato e non ha i mezzi per andarsene.
A ciò si aggiunge la denuncia dei profughi dalla Nigeria, che non possono tornare né nel paese d'origine né in Libia. Sebbene l'Unhcr avesse assicurato la segretezza delle loro dichiarazioni e dei dossier relativi, alcuni rappresentanti della comunità nigeriana raccontano di essere stati testimoni, nel settembre 2011, di una collaborazione tra l'ambasciatore nigeriano e l'Unhcr nell’analisi e valutazione dei casi. Nel loro appello, i nigeriani denunciano sia l'agenzia dell'Onu che l'ambasciatore il quale, essendo il rappresentante del paese da cui sono stati costretti a scappare, difficilmente darà mai credito alle loro testimonianze. L'Unhcr nega però tutte le accuse: “Non siamo a conoscenza della visita di alcun ambasciatore nigeriano a Shousha – dichiara Rocco Nuri, funzionario responsabile di Shousha, interpellato da Fai Notizia –. I nostri dossier sono sempre segreti e restano tali anche in caso di diniego”.
Alla luce delle immagini e delle testimonianze diffuse da FaiNotizia, i senatori radicali Emma Bonino e Marco Perduca hanno già annunciato un'interrogazione al Ministro degli Esteri sulla gestione e i finanziamenti italiani a Shousha, che è anche il set del documentario "Mare Chiuso" di prossima uscita nelle sale. L'inchiesta “Shousha – Profughi nel deserto tunisino” è disponibile da oggi sul sito di giornalismo partecipativo di Radio Radicale:
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