Sintesi dell'intervento di Maurizio Bolognetti all'inaugurazione dell'Anno Giudiziario

INTERVENTO INAUGURAZIONE ANNO GIUDIZIARIO POTENZA
(Sintesi)
"Esigiamo che il nostro Stato interrompa la flagranza di reato
contro i diritti umani e contro la Costituzione"
Signor Presidente della Corte d’Appello, signor Procuratore Generale, ho chiesto di poter prendere la parola per parlare della questione giustizia in questo paese, con il suo putrido percolato rappresentato da carceri che sono assurte a luoghi di tortura per detenuti e agenti di Polizia penitenziaria.
Ho chiesto di poter prendere la parola per ribadire, anche in questa sede, che è necessario e non più rinviabile un provvedimento di amnistia e di indulto.
Ci sono numeri, cifre, dati che dovrebbero far riflettere, e sono quelli che ratificano la bancarotta della giustizia.
Signor Presidente, signor Procuratore Generale, se emergenza, in una delle accezioni proposte dal vocabolario Treccani della lingua italiana, è “una circostanza imprevista e accidentale”, va da sé che di imprevisto, in un sistema la cui cifra è rappresentata da oltre dieci milioni di procedimenti pendenti tra civile e penale, non c’è nulla. Anzi, i Radicali avevano lanciato l’allarme e messo sull’avviso quando gli arretrati sul fronte del penale erano decisamente meno consistenti.
Nessuna “emergenza”, se da tempo assistiamo ad una irragionevole durata dei processi con corollario di un’amnistia clandestina e quasi sempre di classe che produce ogni anno decine di migliaia di prescrizioni.
Ma quali sono i reati che vanno in prescrizione?
Beh, magari quelli contro la pubblica amministrazione che dal mio punto di vista sono reati che destano allarme sociale, in un paese, l’Italia, dove continuiamo a registrare ogni anno una tassa occulta che la Corte dei Conti stima in 60 miliardi di euro: la corruzione.
Quali sono i reati che vanno in prescrizione?
Magari i reati ambientali, in un paese che sul fronte della tutela dell’ambiente così come sul fronte della giustizia e delle carceri, è uno “Stato canaglia” pluricondannato dall’Europa.
Dici reati ambientali e ti viene in mente che a volte le leggi sembrano pensate a misura di inquinatore. Qui, nel paese del caso Seveso. Qui, nel paese dove un Ministro pensò, negli anni ’80, di risolvere il problema dell’Atrazina nelle acque innalzandone i limiti.
E se dico prescrizione mi viene in mente il processo Bassolino-Impregilo, il processo negato, il processo vietato ai microfoni di Radio Radicale.
E su questo divieto mi fa piacere ricordare quanto affermato dal dottor Aldo De Chiara del pool ambiente della Procura partenopea: “Il provvedimento non va nella direzione di una valorizzazione di un diritto costituzionalmente garantito, qual è il diritto all’informazione, che è il sale della democrazia”.
Ma forse tutto questo è tristemente normale in un paese dove viene quotidianamente negato il diritto a poter conoscere per deliberare e dove si attenta ai diritti civili e politici dei cittadini. Un paese dove si nega diritto, diritti, legalità e legalità costituzionale.
Signor Presidente della Corte d’Appello, signor Procuratore Generale, c’è un problema in questo paese ed è rappresentato dalla durata dei processi, che ha spinto il Presidente Lupo ad affermare che “i tempi eccessivi costituiscono un grave pericolo per il rispetto dello Stato di diritto, conducendo alla negazione dei diritti consacrati dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo”.
E infatti, l’art.5 comma 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali recita: “Ogni persona arrestata o detenuta ha diritto di essere giudicata entro un termine ragionevole o di essere messa in libertà durante la procedura”.
Dati, cifre, numeri che ci aiutano a capire le dimensioni del problema che abbiamo davanti, il debito di giustizia che dobbiamo colmare.
· Il 30% dei detenuti è in attesa di giudizio. Le statistiche raccontano che la metà sarà riconosciuta innocente.
· 5.200.000 procedimenti penali pendenti e circa 180.000 prescrizioni nel 2011.
· 5.400.000 procedimenti civili in arretrato, con quello che questo significa in termini di investimenti che non ci sono stati e non ci saranno, con l’incidenza che questo determina sul nostro PIL.
Almeno un terzo dei cittadini(vittime e imputati) di questo paese è coinvolto in questo marasma.
Ed ha ragione la deputata radicale Rita Bernardini quando afferma: “è la cifra non solo di una grave emergenza istituzionale, ma di una vera e propria questione sociale”.
I tempi dei processi si dilatano e la giustizia rischia di morire, definitivamente sepolta da una coltre di fascicoli, mentre i danni da pagare per ingiusta detenzione si moltiplicano e in un triennio abbiamo accumulato decine di milioni di euro di risarcimenti, con il paradosso che veniamo condannati in sede Europea anche per il ritardato pagamento degli indennizzi.
Anche…perché, come è noto, noi siamo stati condannati dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo 2012 volte tra il 1949 e il 2010. La stragrande maggioranza delle condanne ci è stata comminata per l’eccessiva durata dei processi(siamo al secondo posto tra i 47 paesi che aderiscono alla CEDU).
La domanda allora – sempre per citare l’on. Bernardini – è: ”Se esistesse una Borsa della giustizia, a che punto sarebbe lo spread tra L’Italia e gli altri paesi?” Probabilmente schizzerebbe alle stelle.
Ma tornando per un attimo alle carceri, al “percolato”, che giustamente Marco Pannella ha definito “un consistente e allarmate nucleo di nuova Shoah”, gioverà ricordare che tra il 1990 e il 2010 si sono suicidati 1093 detenuti e abbiamo registrato 15.974 tentativi di suicidio, e che negli ultimi 10 anni sono un centinaio gli agenti di polizia penitenziaria che si sono tolti la vita. Appunto, il carcere luogo di tortura per l’intera “Comunità penitenziaria”.
Verrebbe da citare allora l’art. 3 della Convezione Europea dei diritti dell’uomo: “Nessuno può essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti”.
E magari verrebbe da citare l’art. 27 della Costituzione, che qualcuno definisce la “più bella del mondo”, salvo dimenticarsene quando ci sarebbe da ripristinare la legalità costituzionale, il diritto, i diritti.
Tutto questo è la “prepotente urgenza sul piano costituzionale e civile”, invocata e immediatamente dimenticata…perché non è mai il momento, perché non si è mai pronti. Prepotente urgenza sì, ma di diritto, diritti, democrazia. E verrebbe da aggiungere di ruoli da garante del diritto non esercitati.
Quanti conoscono la splendida lettera sull’emergenza penitenziaria diffusa dai direttori del Si.Di.Pe. : “…non ci pongono in condizione di svolgere il nostro lavoro con dignità, nell’effettivo rispetto delle leggi solennemente enunciate e quotidianamente violentate…siamo stati, in verità, ricacciati negli angoli più bui di uno Stato che non sembra in grado di mantenere fede agli impegni ed alle promesse celebrate nelle sue leggi.”
Perdonatemi se dico che in questa frase ci leggo l’eco de “La peste” che consuma questo paese, dove la costituzione scritta è stata sostituita dalla costituzione materiale; ci leggo l’eco di quella frase di Marco Pannella che afferma: “La strage di legalità ha sempre per corollario, nella storia, la strage di popoli”. Ed è così, temo, sulle vicende di veleni industriali, di veleni politici che abbiamo raccontato.
Il segretario dell’ANM, il dottor Cascini, ha affermato: “Un provvedimento di amnistia non servirebbe. Le carceri tornerebbero immediatamente a riempirsi e si accentuerebbe quel sentimento di ineffettività del sistema penale…”
Viceversa, Il 25 gennaio, il Presidente della Corte d’Appello di Napoli, Antonio Bonaiuto, ha dichiarato: “il rimedio principe sarebbe un'amnistia, per eliminare il grosso carico di arretrati. È un fardello, un debito pubblico, un debito giudiziario che ci portiamo dietro. Naturalmente questa amnistia lascerebbe fuori i reati maggiori, quelli più gravi, ma bisogna avere il coraggio di dire queste cose. La crisi economica e le azioni di contrasto hanno fatto venir meno le tradizionali vie criminali di approvvigionamento, quelle delinquenziali tipiche, basti pensare all'azione di contrasto all'usura, al pizzo e simili. Di riflesso, sul piano del crimine si compensa con il furto, la rapina ecc.ecc.”
Poi ci sono quelli che affermano che “uno stato serio fa pagare chi sbaglia”.
A tal proposito verrebbe da ricordare a chi fa queste affermazioni che su 3 milioni di delitti denunciati tra furti, omicidi, rapine, estorsioni e sequestro di persona a scopo di estorsione, la percentuale media degli autori che rimane impunita supera l'80 per cento. E per quello che riguarda i furti, che sono quasi i due terzi del totale, la misura dell'impunità sfiora il picco del 97,4 per cento!
Uno Stato serio? Peccato che il nostro non sia uno Stato serio, ma piuttosto uno Stato fuorilegge, un delinquente professionale dedito alla reiterazione dei suoi delitti, uno stato che trasforma la detenzione in tortura, che manda in prescrizione centinaia di migliaia di processi, che nega il principio per cui la sentenza si ottiene in tempi reali.
Ma in un contesto, quello della “democrazia reale” italiana, in cui si dedicano migliaia di ore al delitto di Avetrana e zero ore ad un dibattito sulla stato della giustizia, è facile fare certe affermazioni.
Verrebbe da aggiungere che alcuni di coloro che così si esprimono preferiscono lo status quo- quello dell’amnistia clandestina e di classe – perché sanno come “aggiustare” convenientemente le cose.
Di fronte a questo situazione noi proponiamo un’amnistia, “un’amnistia per la Repubblica”.
Per dirla con Marco Pannella, un’amnistia quale proposta di riforma strutturale dell’amministrazione del sistema giudiziario italiano, sovraffollato oltre che nelle immonde carceri anche e soprattutto da 10 milioni di procedimenti civili e penali pendenti. E ancora: noi chiediamo l’Amnistia più grande degli ultimi 60 anni, quella che elimina buona parte dei processi da smaltire, in modo che il giorno dopo si possa ricominciare ad assicurare i tre gradi di giudizio.
Perché noi si, siamo per la certezza della pena, quella che oggi non c’è!
Amnistia, non solo e non tanto come atto di clemenza, ma come strumento tecnico indispensabile a far rientrare il nostro paese nella legalità.
Noi chiediamo quel provvedimento di Amnistia previsto dai costituenti e scritto nell’art.79 della Costituzione anche come antidoto all’amnistia clandestina chiamata prescrizione.
Amnistia per la salvezza democratica e legalitaria del nostro paese.
Amnistia per la Repubblica, per i magistrati.
Ma, ahimé, su questo il dibattito è negato, non c’è. Negato nel paese dove le telecamere scrutano con occhi morbosi ogni particolare dei casi di cronaca nera e dove i luoghi di efferati crimini diventano meta di inquietanti pellegrinaggi.
Giovanni Palombarini di magistratura democratica ha scritto: ”Per varie ragioni a molti non piace l’idea, assiduamente proposta da Marco Pannella, di un provvedimento di amnistia e indulto”. E ha aggiunto: “Magistratura Democratica, io penso, dovrebbe fare propria la proposta di amnistia e indulto, affiancandosi pubblicamente, anche con una sua iniziativa, a coloro che nella società insistono per l’amnistia”.
Vorrei poter parlare di leggi criminogene e depenalizzazione, ma il tempo è tiranno e io ne ho abusato.
Signor Presidente della Corte d’Appello, signor Procuratore Generale, noi abbiamo una obiettivo minimo: far rientrare nella legalità lo Stato italiano.
Noi, per dirla ancora una volta con Marco Pannella, esigiamo che il nostro Stato squassato da sessantanni di regime partitocratico, questo Stato dove la costituzione materiale prende il posto della Costituzione scritta, interrompa la flagranza di reato contro i diritti umani e contro la Costituzione.
Grazie.
Maurizio Bolognetti
Approfondimenti
Servizio Tgr Basilicata (Ore 14.00)
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