Dalla giustizia al messaggio di Napolitano: la conversazione domenicale di Pannella a RadioRadicale

Nel corso della conversazione domenicale, dibattuti i temi della giustizia e del carcere; il messaggio del presidente Napolitano, la telefonata del presidente Schifani; la morte di don Luigi Verzè, i suicidi degli imprenditori; a quando Toaff senatore a vita? Quella che segue è la trascrizione della conversazione domenicale di Marco Pannella a “Radio Radicale” curata da Marco Valerio Lo Prete e non rivista dall’autore.
Introduzione
Gli auguri di buon anno, la situazione delle carceri e l’iniziativa dei Radicali, il discorso di fine anno del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.
Marco Pannella: “Comincio ad avere una allergia” a chi evoca “un problema immenso, il più grosso problema istituzionale e sociale italiano, quello del diritto, della legalità e della giustizia, in qualche modo confondendolo e diminuendolo a problema di sovraffollamento del carcere”. Che invece è “conseguenza” del “massacro di diritto e di legge”. La telefonata del Presidente del Senato, Renato Schifani, al leader radicale.
Pannella: “Comincio ad avere da tempo un’allergia: sottolineare ed evocare un problema immenso, il più grosso problema istituzionale e sociale italiano, quello del diritto, della legalità e della giustizia, in qualche modo confondendolo e diminuendolo a problema di sovraffollamento del carcere”. Che invece è “conseguenza” del “massacro di diritto e di legge”.
La telefonata del presidente del Senato, Renato Schifani, al leader radicale e l’apprezzamento per la battaglia sulle carceri:
“Vorrei dire che in questo c’è un sottofondo che vorrei sottolineare”, “da parte di noi che siamo anche prodotto storico del Regno delle due Sicilie, con una delle sue capitali: Palermo, e dall’altra uno dei suoi punti più patriottici, perché noi in Abruzzo eravamo l’estremo confine del Regno”.
I precedenti di Leonardo Sciascia e Benedetto Croce
“Perché disturbo questi illustri precedenti? Perché il senso - anche formale - delle dignità istituzionali è presentissimo nella cultura e nella pratica del presidente Schifani; quindi il fatto che lui renda pubblico che mi ha chiamato – non io a lui - per felicitarsi, congratularsi e diciamo incoraggiarmi, fa parte di quello che solo realtà forti, capaci quindi di umiltà che è l’opposto della modestia, ci dà un piccolo insegnamento. Lo traggo e ringrazio il presidente Schifani, secondo autorità dello Stato, di avere voluto questo gesto umile, quindi di una autorità che sa essere consapevole e forte anche nelle manifestazioni pubbliche. E’ vero, mi ha chiamato, ed è vero quello che ha sintetizzato così”. “Quindi grazie Presidente Schifani, grazie perché il suo Senato è stato da lei preannunciato come sede - direi logistica - di una manifestazione di questa estate, il 28 luglio, che ha rappresentato anche per la massima autorità dello Stato, il Presidente Napolitano, una straordinaria presa di coscienza”. “Una manifestazione organizzata nella sede del Senato, per iniziativa del Presidente del Senato che ha sottolineato allora come si trattasse non di una seduta istituzionale ma di una convocazione politica e civile, che ha concesso per esempio al Presidente della repubblica di manifestarsi in modo quasi inedito. Il che vuol dire che oggi che resta tale, per il dopo, per quel che riguarda il Presidente della Repubblica. Allora parlò di una ‘prepotente urgenza’ della questione giustizia e carceri”.
“Devo sottolineare l’importanza di questo intervento (del Presidente Schifani, ndr) immediatamente successivo al saluto per il nuovo anno del Presidente della Repubblica che - è vero - alla fine del suo discorso ieri ha evocato l’aspetto umano della questione carceri”.
Dal 28 luglio, si assiste a un “saliscendi” delle posizioni del Presidente della Repubblica in materia?
“No – replica Pannella - c’è solo lo ‘scendi’. Il ‘sali’ c’è stato in un momento nel quale per sottolineare quella affermazione del Garante supremo della costituzionalità e del diritto sulla prepotente urgenza del problema del diritto, in realtà proprio la settimana scorsa abbiamo avuto un paio di interventi calcolati – sia detto a suo onore - di apologia della democrazia italiana, e di contestazione - magari rivolta nella sua funzione non di garante ma di tutore della legislazione nazionale – alla Lega, a quel residuato storico che non ha nulla a che vedere con il popolo padano. Qui c’è una cultura del Presidente della Repubblica che è il prodotto e il continuarsi della sua storia, di nobile comunista - italiano quindi ortodosso, contrariamente a quello che sento ripetere anche a casa nostra. C’è oggi una differenza tra di noi che dobbiamo tutelare: il Presidente d’innanzi a quelle cose che lo hanno commosso il 28 luglio grazie alla Presidenza del Senato, poi c’è stato il riflusso”. Il parallelo con l’attenzione dei Radicali verso la repressione sovietica e la mancata attenzione dei comunisti italiani. “Se noi parliamo oggi delle vittime, noi riteniamo che siano espressioni di una cosa importante, perché sono vittime – come quelle degli anni Trenta e Cinquanta - di una assenza dello Stato di diritto per una concezione partitocratica dello Stato”. I suicidi nelle carceri italiane e tra gli imprenditori: “Salvador de Madariaga – liberale, quindi per me un buon punto di riferimento, Presidente – diceva che una caratteristica dei fascismi di tutti i colori era la necrofilia. La nostra attività audiovisiva italiana è necrofila: si parla solo di cronaca nera per terrorizzare la gente, non si parla del diritto, non si parla del nostro Presidente che chiede un aiuto ai cittadini repubblicani, è la ‘prepotente urgenza’, la priorità”.
Roberto Giachetti (Pd), in collegamento telefonico, interviene a proposito della visita al carcere di Rebibbia nella notte di Capodanno: “Questa cosa su cui Marco insisteva, cioè il termine ‘comunità’, bisogna capirla e comprenderla, anche per capire il fenomeno delle carceri in tutta la sua particolarità. Perché effettivamente tutti coloro che hanno a che fare con le carceri, e mi riferisco a detenuti, agenti di custodia, ma immagino lo stesso valga per medici, volontari, etc., vivono veramente una dimensione di comunità. La separazione dei ruoli da un punto di vista formale, dentro la vita del carcere spesso si confonde”.
Il collegamento telefonico con Roberto Giachetti, deputato del Pd e doppia tessera radicale, che insieme a Pannella ha passato il Capodanno nel carcere di Rebibbia
Giachetti: “Ho girato anche io abbastanza le carceri, con situazioni di vario tipo e girandone parecchie; però questo finale di anno che mi sono fatto tra Regina Coeli e Rebibbia con Marco è stata una cosa nuova. Per quanto mi riguarda ha aperto delle considerazioni anche nuove. Questa cosa su cui Marco insisteva, cioè il termine ‘comunità’, bisogna capirla e comprenderla, anche per capire il fenomeno delle carceri in tutta la sua particolarità. Perché effettivamente tutti coloro che hanno a che fare con le carceri, e mi riferisco a detenuti, agenti di custodia, ma immagino lo stesso valga per medici, volontari, etc., vivono veramente una dimensione di comunità. La separazione dei ruoli da un punto di vista formale, dentro la vita del carcere spesso si confonde. Mi ha impressionato in particolare ieri la voglia dei detenuti di sottolineare a noi l’importanza, il rilievo decisivo che ha il modo in cui gli agenti di custodia vivono il carcere e il rapporto con i detenuti. Non era una piaggeria perché c’erano gli agenti che ci accompagnavano; si capiva che la surroga a tante funzioni dello Stato dentro le carceri è chiaramente tutta sulle spalle degli agenti di custodia. Ci sono molte considerazioni che si potrebbero fare, a partire dal paradosso che Pannella per entrare in carcere, essendo più facile confonderlo con un direttore di carcere quando sta dentro che con un estraneo, e dopo tutto quello che ha fatto per il mondo carcerario, debba - per poter entrare e svolgere quel ruolo decisivo che svolge - io penso che bisognerebbe fare in modo che questa azione e questo ruolo fosse tutelato a prescindere dal fatto che io debba avere come ‘consulente’ Pannella per farlo entrare”.
Pannella: “Non è un paradosso, ma un simbolo, il fatto che io sono nelle condizioni di essere accolto nelle carceri come uno di loro. Tu sentivi dire: ‘Fratello, fratello’. Gli agenti e i detenuti mi abbracciavano, ci abbracciavano. Questo elemento di prestigio venuto con l’età è, credo, una testimonianza a favore di un’altra comunità molto più ampia, alla quale potremmo annettere questa comunità penitenziaria. Il fatto che io possa entrare come tuo accompagnatore, diciamo questo è un tesoro tuo, mio e di una storia”.
Giachetti: “Il tema che io pongo da tempo è che purtroppo parlare del carcere è drammaticamente riduttivo, perché non si colgono mille sfumature, mille umanità che sono essenziali per poterne capire la sua dimensione. Nel senso che il nostro racconto è filtrato anche dalle nostre emozioni che viviamo là dentro. Però cominciamo col dire, tanto per spiegare la situazione, che (a Rebibbia, ndr) noi ci troviamo in un istituto che è più moderno rispetto a tanti altri; ma, nonostante questo, gli agenti di custodia sono la metà di quanti dovrebbero essere la pianta organica; e devono gestire la situazione di un carcere dove ci sono il doppio dei detenuti che potrebbero esserci. E’ una condizione che accomuna tutte le carceri italiane e bisogna capire che non solo c’è il sovraffollamento delle carceri nella situazione che sappiamo, ma a gestire questa situazione c’è addirittura una rocambolesca ulteriore contraddizione, che lo devono fare persone assolutamente sottostimate rispetto alle esigenze”.
Le statistiche sui detenuti
“Sono rimasto immediatamente colpito dalla fratellanza – sì, il termine è giustissimo - che c’è da parte dei detenuti e anche degli agenti di custodia verso Pannella; un tema che si sentiva sia dagli uni che dagli altri era: ‘Sei l’unico che si occupa di noi’. Tant’è che a me ha colpito un giovane agente che si chiama Fabrizi, e che abbiamo scoperto poi essere abruzzese, che a un certo punto gli ha detto: ‘Scusi, onorevole Pannella, ma a lei a 82 anni, con tutto quello che ha fatto per questo Paese e il poco che ha ricevuto, chi glielo fa fare di passare il capodanno qui con noi?’. Ed è il sentimento comune degli agenti di custodia che sanno perfettamente che chi si interessa della condizione dei detenuti si interessa di un tema molto più ampio che è quello della giustizia. E poi la cosa veramente che colpisce è l’atteggiamento dei detenuti - che non si diversifica se sono italiani o stranieri - e c’è quando arriva Pannella arriva, per qualcuno, la fisicità di una persona che hanno sentito per radio e che finalmente riesco nono a vedere di persona, e per il resto la stragrande maggioranza delle persone colpivano perché sembrava che sapessero che da un momento all’altro sarebbe arrivato per rivederlo, per parlare, ‘Marco vieni qui’”.
Alcuni casi esemplari di mancata riabilitazione del detenuto attraverso la pena detentiva. “Il rischio è che, per tutte le condizioni generali, oltre che per una evidente superficialità dell’azione dello Stato nell’applicazione della Costituzione, non di rado si creano condizioni di contrasto alla volontà del singolo detenuto invece che un aiuto a corroborarla”.
Pannella sul Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano: “Io credo che il Presidente della Repubblica sia vittima di questo regime”. E' riconosciuta a livello europeo “una condizione di delinquenza e di criminalità professionale dello Stato italiano. Documenteremo tutto. E credo sia il caso di dire a chi di dovere che noi stiamo contribuendo a sputtanare l’Europa, perché da ben 30 anni la giurisdizione europea ci condanna, che chiede di dimostrare un ravvedimento operoso. Se non ci fossero quelle 200.000 prescrizioni l’anno, non staremmo a 5 milioni di procedimenti penali”.
Pannella: “Volevo dire una cosa che mi ha colpito. In due celle di 5 persone, che è il sovraffollamento massimo di Rebibbia, c’erano musulmani, nordafricani e africani, e nei due casi quello che è venuto fuori è stato ‘Dio ti benedica’, ‘preghiamo per te’. Erano mussulmani. E io, devo dire, non ce l’ho fatta, perché noi abbiamo Demba Traore, il nostro segretario neoeletto, segretario del Partito transnazionale e transpartito, che è praticante musulmano; naturalmente questo gli italiani non hanno potuto saperlo. Ed è l’impoverimento che una realtà anti democratica prova nel Paese. A un certo punto ho riflettuto e ho detto: ‘A mio modo pregherò anche io per voi’”.
L’incontro con Totò Cuffaro, ex presidente della Regioni Sicilia, e l’“Elogio della galera” di Ernesto Rossi, “una testimonianza di grande intensità dolente e allo stesso tempo di forza e convinzione”.
“Io mi sono ricordato che un’altra volta sono andato in isolamento, lì, per andare a trovare un altro democristiano, Lillo Calogero. C’ero andato perché Leondardo (Sciascia, ndr), una volta, parlando di Calogero, mi disse: ‘Guarda che lui non è come gli altri’. E devo dire che in quel momento si parlava soprattutto di Orlando che era sindaco della Rete, dell’Idv insomma, perché la continuità c’è”.
“Io credo che il Presidente della Repubblica sia vittima di questo regime”. E' riconosciuta a livello europeo “una condizione di delinquenza e di criminalità professionale dello Stato italiano. Documenteremo tutto. E credo sia il caso di dire a chi di dovere che noi stiamo contribuendo a sputtanare l’Europa, perché da ben 30 anni la giurisdizione europea ci condanna, che chiede di dimostrare un ravvedimento operoso. Se non ci fossero quelle 200.000 prescrizioni l’anno, non staremmo a 5 milioni di procedimenti penali”. L'“espediente vergognoso” dell'amnistia mascherata che è la prescrizione.
Ancora sulla telefonata tra Pannella e Schifani:
“Qui vorrei sottolineare come è grazie alla forza dell'umiltà del Presidente del Senato, che non solo mi ha chiamato lui, essendo lui il secondo personaggio della Repubblica, ed essendo io per molti punti di vista uno degli ultimi, e questo mi consente di essere accompagnatore di Roberto. E questa è la dimostrazione che la nostra storia è qualcosa che dura e diventa sempre più forte. Però vorrei sottolinearlo perché senza un intervento del Senato, col cavolo che le agenzie avrebbero dato questa notizia”. La nota di Giachetti sul suo profilo di Facebook: “Quella è comunque una nota molto personale, più che altro la fotografia di quello che ho visto, ho cercato di trasmettere delle emozioni sono state forti”.
Pannella: “Possiamo dire che io perlomeno ho voluto essere lì a Rebibbia per ringraziare tutti i detenuti dei vari padiglioni che hanno aggiunto alla grande cerimonia per l’andata del Papa, salutando la sua uscita gridando 'amnistia! Amnistia! Amnistia!'. Ero lì per dire loro: 'Grazie, avete già fatto molto', perché verso questa decisione credo sia urgente muoverci senza aspettare – non abbiamo il diritto di farlo - che la politica maturi questo. Credo, signor Presidente, che il problema è uno solo: c'è l'obbligo, a mio avviso, di informare le Camere attraverso il messaggio di questa richiesta, non per clemenza ma come riforma che ci è chiesta in modo patente dalle autorità europee”.
Giachetti: “E' la politica italiana che fa i conti con l'assenza di Pannella in Parlamento”. “Nonostante non sia in Parlamento, credo che Marco riesca a condizionare la politica molto più di tanti che sono in Parlamento”. Pannella: “Siccome credo che siano molti a Rebibbia e a Roma e non solo che ci stiano ascoltando, vorrei proporre come fatto conforme di fratellanza di dire: ci volete riprovare a dire, come l’altra domenica, 'amnistia! Amnistia! - dai, da tutte le celle – Amnistiaaaaaaa!'”.
Sulla figura di don Verzè, a proposito del quale “con l’Associazione Luca Coscioni abbiamo potuto non di rado constatare come la libertà di ricerca scientifica era, nel san Raffaele, mandata molto avanti”. Ma, aggiunge Pannella, “ricordo che in un poeta francese che io adoro – Segalen – a un certo punto vi è un poema in cui diceva un monito: costruiamo di bronzo, costruiamo palazzi e via dicendo; ma ci sono popolazioni 'barbare' che hanno invece compreso che occorre costruire con la sabbia sulla sabbia, perché comunque nella storia poi nei destini delle cose eterne c’è il momento in cui questo diventa sabbia”.
La scomparsa di don Verzè e il suo ultimo libro “Pelle per Pelle”, edito da Mondadori ma – come notò al tempo Pannella – non troppo sponsorizzato sui media; le sue riflessioni sui rapporti tra chiesa e mondo secolare.
“Mi pare che ieri, per ben due ore e mezzo, è stata ridata da Radio Radicale una cerimonia di quando don Verzè era trionfante, mondanamente anche, in parte meritatamente. Perché devo dire che per esempio con l’Associazione Luca Coscioni abbiamo potuto non di rado constatare come la libertà di ricerca scientifica era, nel san Raffaele, mandata molto avanti”. Il “dolore” degli scienziati del San Raffaele. “Don Verzè che scriveva ci sono due persone che possono essere beatificate, e sono Silvio Berlusconi e Nichi Vendola”. “Che Radio Radicale per due ore ieri trasmettesse interventi di apologia del don Verzè vivente e trionfante; ecco, mi verrebbe di dire 'sic transit gloria mundi'. Era il nostro modo per celebrare don Verzè nelle sue speranze e nei suoi limiti. Era bello che questo fosse fornito da “Radio Radicale”, e di questo mi felicito con direttore redattori”.
“Ricordo che in un poeta francese che io adoro – Segalen – a un certo punto vi è un poema in cui diceva un monito: costruiamo di bronzo, costruiamo palazzi e via dicendo; ma ci sono popolazioni 'barbare' che hanno invece compreso che occorre costruire con la sabbia sulla sabbia, perché comunque nella storia poi nei destini delle cose eterne c’è il momento in cui questo diventa sabbia”. Il riferimento al cardinale Martini, “non certo un cattolico liberale, che ha voluto però aiutarci quando ha voluto ricordare il momento dello sciopero della sete di molto di noi”. “E' il credente Verzè che vogliamo ricordare, con i suoi errori anche”. La replica a distanza al blogger Malvino, alias Luigi Castaldi.
“Io non escludo tuttora che questo pontefice possa sorprenderci. All’inizio io dissi che da questo Papa, eletto in questo modo, ci si poteva e ci si doveva aspettare anche delle grandi sorprese”. “Oggi nei dibattiti molto belli che Di Leo sta conducendo su queste realtà ecclesiastiche del popolo cristiano, credo che emerga sempre di più quella parte di credenti che sono presenti anche nella crociana religione della libertà, quella per la quale il Don Benedetto Croce, che non potendo per la sua età recarsi alla riunione dell'Internazionale liberale, scrisse il suo messaggio. E disse: se io fossi lì, vi direi di aprire i nostri lavori intonando il 'Veni, creator spiritus'; la spiritualità che non è contrapposta, perché Don Benedetto aveva sostituito gli opposti hegeliani con i distinti crociani”. Gli insegnamenti che ne discendono su nonviolenza e tolleranza. “La forza dell'essere credenti” e la “religiosità quale forma di diritto naturale ma storicamente realizzatasi attraverso il diritto positivo”.
Don Verzè e l'eutanasia:
“Diciamo pure che il dramma, anche tragedia, di don Verzè appartiene davvero a una qualità umana straordinaria, di assoluta drammaticità autentica, fatta anche di una sconfitta”. “In Italia la simonia del Vaticano è aiutata, sollecitata e nutrita dalla condizione simoniaca di Cesare e dello Stato italiano. Non a caso uno Stato, Presidente, in condizione di criminalità professionale la cui flagranza va assolutamente interrotta”.
Ancora su alcuni casi di suicidi e omicidi in carcere. L'attenzione di deputati e senatori radicali per casi di detenuti stranieri. L'attenzione di alcuni detenuti alle tematiche sollevate sulle carceri dal Partito radicale transnazionale.
Il fenomeno di suicidi di dipendenti e imprenditori, specie nel Nord dell'Italia, e l'iniziativa radicale sul pagamento dei debiti della PA alle imprese: “Certo, quindi, Presidente, una iniziativa clandestina, perché questo è quello che accade sistematicamente da oltre 30 anni, che riguardi il debito pubblico, la giustizia, le pensioni, che riguardi appunto la condizione della piccola e media industria (ovvero il 90 per cento degli imprenditori)”.
La proposta del radicale Beltrandi: “Ma la Confindustria continua a occuparsi come se esistessero ancora delle grandi industrie, delle famiglie della grande industria”. L'attualità di Gaetano Salvemini.
Pannella sulla “Repubblica italiana che deve essere messa sotto processo” e i sintomatici rapporti tra eletti e dirigenti Radicali e vertici del Pd. “Oggi siamo in una situazione criminale secondo la lettera della Costituzione, e secondo le parole stesse pronunciate imprudentemente dal Presidente della Repubblica. Noi dobbiamo continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto: apprendere, documentarci, proporre. Quando verrà il momento, in Italia non ci sarà il problema di transizione ma sarà pronta invece l’alternativa di governo”.
Il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. I molti commenti “apologetici, tutti apologetici”, sull'ultimo libro del Presidente della Repubblica.
Il libro di Lanfranco Palazzolo su libri e discorsi del Presidente Napoletano. I libri scritti da molti esponenti dell'area radicale: da Maria Antonietta Farina Coscioni a Maurizio Bolognetti, passando per Valerio Federico. Il parallelo con l'iniziativa di Maurizio Turco sugli “assassinii di Stato” nel mondo di militari ed ex militari.
“La Repubblica italiana deve essere messa sotto processo. Vedremo l'Osce con i suoi problemi, l'ottimo lavoro che lì dentro fa Matteo Mecacci. Con il Pd che fa attenzione a impedire che gli eletti radicali nel Pd possano dare il loro contributo”. Il caso della mancata nomina di Beltrandi nella Commissione Vigilanza sulla Rai. Il caso parallelo di Maurizio Turco, “l’unico parlamentare europeo che ha visto discutere il Consiglio d’Europa su una sua iniziativa – l'affaire Turco - la trasparenza del lavoro del Consiglio europeo. Abbiamo fatto presente al Pd di consentire a Turco di essere presente nell'organismo parlamentare della Nato, ma niente”. I precedenti e la tradizione “letteralmente ignobile” sugli accordi elettorali-programmatici respinti e sull'esclusione di Valter Vecellio alla guida di un format Rai sui diritti umani. “E' il riflesso nello stesso tempo controriformistico e stalinista nei confronti del nemico che non va nominato”. “C'è una collana di queste perle, di cui non si discute mai”. Il caso esemplare del tradimento, da parte della dirigenza del Pd, della decisione presa dall'Assemblea nazionale del Pd sulla riforma elettorale.
Pannella poi fa riferimento a un recente convegno ascoltato in radio sulla legge elettorale e le riforme istituzionali:
“Tra l'altro devo dire che quando si riuniscono i costituzionalisti italiani, si riunisce una categoria che per 30 anni ha costituzionalizzato – per omissione – tutto quello che era anti costituzionale in Italia”. Pannella parla di “Aids intellettuale”. La non democraticità delle elezioni italiane.
“Presidente, stiamo sputtanando la giurisdizione europea, non solo per quello che è accaduto dopo Maastricht sul famoso 3 per cento o 60 per cento dei rapporti tra deficit e pil, e poi debito e pil, a proposito del quale riuscii con tre minuti di intervento a far sdegnare Tremonti quando andò a fare l’anti-rigorista in Ue, mentre nelle ultime edizioni era rigorista”. “Oggi siamo in una situazione criminale secondo la lettera della Costituzione, e secondo le parole stesse pronunciate imprudentemente dal Presidente della Repubblica. Noi dobbiamo continuare a fare quello che abbiamo sempre fatto: apprendere, documentarci, proporre. Quando verrà il momento, in Italia non ci sarà il problema di transizione ma sarà pronta invece l’alternativa di governo”. Ancora sui suicidi in carcere e i circa “1.500 suicidi evitati dalle forze di polizia”.
“In realtà non siamo in molti, noi Radicali, a essere stati storicamente convinti che fuori e contro la democrazia non c'è salvezza possibile. Quindi capisco l’impazienza. Torno a dire che per strada, quando conoscono un radicale, la strada è con loro”. Il parallelo con la situazione della democrazia israeliana.
Conclusioni
Il rischio che Radio Radicale diventi un “ghetto dorato”
“Dobbiamo continuare a produrre questi libri, questi scritti e voglio dare un benvenuto nel Partito al nostro antico compagno socialista, Claudio Martelli; davvero ne sono felice. Vorrei ricordare anche l’iscrizione di un Presidente della provincia di Nuoro, del governatore della Basilicata, del consigliere regionale socialista in Basilicata”, etc. “L'incidente Monti” per la partitocrazia. L'insistenza di Pannella per la nomina di Elio Toaff a senatore a vita. “Qui vorrei dire una cosa molto grave; bisogna evitare anche che accada una situazione nella quale senatori a vita che hanno meritato, ormai eventualmente in condizioni psicofisiche non più in condizioni di assicurare un apporto, le famiglie intendano continuare a lucrare i vantaggi per loro, non più per i senatori a vita. E' cosa che si è già spesso manifestata e che è una offesa grave a questi senatori a vita che sono tenuti in condizioni più o meno di stato vegetativo. Va detto, lo faccio per rispetto a quei senatori a vita che ipotizzo si trovino in quella situazione”.
Un appello finale del leader radicale: “Noi abbiamo la prospettiva – ne parlo da 10-15 anni - di riuscire a guadagnare un bimestre di maggiore democrazia per il popolo italiano, che possa giudicarci, e allora i 200 mila iscritti saranno cosa fatta e superata”. “Grazie al Presidente Schifani. Non dobbiamo commettere l’errore di sottolineare gli eventi negativi, e non sottolineare e coltivare invece quelli positivi”. “Amnistia! Amnistia! Amnistia! Amnistia per la Repubblica! La Repubblica deve essere amnistiata!”.
Video della conversazione domenicale
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