Davvero impagabili quelli del Pd di Tito e in particolare il segretario cittadino Antonio Gatta. Le affermazioni contenute in un volantino nel quale si parla del Sin di Tito Scalo, per quanto ridicole meritano senz’altro risposta.
Con questa storia delle “strumentalizzazioni” e dei facili “allarmismi”, i capibastone della politica lucana hanno davvero stancato. Il Pd di Tito sui veleni della vasca fosfogessi, e nel complesso sull’intera vicenda del sito di bonifica di disinteresse nazionale, è stato così discreto da risultare inesistente e inconsistente. Se i radicali non avessero “strumentalizzato” - per usare un termine caro al locale satrapo “Democratico” – oggi i cittadini lucani non saprebbero nulla della vicenda della vasca fosfogessi e dell’irresponsabilità di coloro che, non intervenendo, hanno consentito che sostanze tossiche, nocive e cancerogene inquinassero il terreno, le falde, Il Tora e il Basento.
Senza l’azione radicale, tesa ad onorare l’einaudiano diritto a conoscere per deliberare, in molti non saprebbero nemmeno delle ordinanze di divieto di utilizzo dell’acqua dei pozzi emesse dal sindaco Scavone. E’ triste constatare quanto anche i piccoli Ras del Pd siano infastiditi da un’iniziativa attraverso la quale abbiamo inteso onorare la Convenzione di Aarhus e le leggi della Repubblica. L’unico vero scandalo rispetto alla vicenda di Tito scalo è rappresentato dal silenzio omertoso di coloro che pur sapendo hanno taciuto e dalla incapacità di una classe dirigente, che pur sperperando ogni anno decine di milioni di euro, non ha voluto e non ha saputo bonificare negli ultimi 10 anni un sito letteralmente devastato da ogni sorta di veleni. L’unico veleno sociale presente a Tito e in tutta la Basilicata è quello di un ceto partitocratico che occupa ogni interstizio della vita di questa regione, lottizzando anche gli sgabuzzini delle asl. La sola persona che ha fatto il suo dovere sulla vicenda di Tito, arrivando anche a raccontare particolari scomodi e inediti, è il sindaco Pasquale Scavone.
Su tutto il resto meglio stendere un velo pietoso. Dalle parole di Gatta emerge il vero ed unico problema: lor signori sono infastiditi perché qualcuno ha raccontato ai cittadini lucani i veleni di Tito, tra l’altro non limitandosi all’aspetto ambientale. Nella loro cultura, ben poco democratica, i Gatta di Basilicata avrebbero preferito un sano e omertoso silenzio. Tutto sommato è meglio che i cittadini non sappiano. Per il loro bene naturalmente. E’ il partito-stato, il partito padre-padrone di questa regione che deve occuparsi dei cittadini, magari meglio se clienti, e deve decidere cosa possono sapere. Il partito in Basilicata ti accompagna dalla culla alla tomba e per chi non vuole tutele e vuole essere un uomo libero non possono che esserci guai e nella migliore delle ipotesi ti definiscono allarmista, e se non basta si passa a metodi dissuasivi più efficaci degni del regime che governa questa regione. Caro Gatta, l’unico vero veleno sociale dagli effetti ben più devastanti e perniciosi degli stessi veleni contenuti nella vasca fosfogessi è rappresentato dal controllo manu militari esercitato dalle truppe della partitocrazia lucana. Il sessantennio partitocratico, che nega quotidianamente democrazia, stato di diritto, conoscenza e legalità, trova in Basilicata una delle sue migliori o peggiori – dipende dai punti di vista – rappresentazioni.
P.S.
Dalla lettura dell’ultimo verbale della conferenza di servizi tenutasi a luglio 2011, appare evidente che la bonifica del Sin(sito di bonifica di interesse nazionale) di Tito Scalo è al di là da venire.
Approfondimenti
Intervento del segretario cittadino del PD di Tito, Antonio Gatta
“…Le azioni messe in campo dal PD di Tito in questi anni sono state indirizzate nel merito della questione, evitando strumentalizzazioni con facili allarmismi, parole a vanvera e scandalismo mediatico che non avrebbero fatto altro che aggiungere veleno sociale ai veleni fisicamente presenti nell'area industriale di Tito”.
Di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani
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