Aderiamo, da radicali, nonviolenti, animalisti, alle due manifestazioni nazionali anticaccia indette per il 17 e il 25 settembre rispettivamente a Torino (in occasione dell’apertura della stagione venatoria e a sostegno del referendum regionale contro la caccia che i piemontesi saranno chiamati a votare), e a Perugia, in concomitanza con la Marcia Perugia-Assisi. Contrariamente a quanto si sforzano di contrabbandare le potenti lobbies venatorie, sostenute dagli armieri, la caccia non è uno sport ma una barbarie responsabile ogni anno dell’uccisione di circa cento milioni di animali non umani e di un devastante impatto ambientale.
Non esiste, perché un controsenso, la figura del cacciatore amante della natura e rispettoso dell’ecosistema. Esistono, invece, esseri che, armati di tutto punto, danno sfogo alla propria patologia, accedendo a fondi privati, creando un reale pericolo alla comunità, dimostrato anche dai numerosi “incidenti di caccia” diversi dei quali finiti tragicamente, attuando un vero e proprio sterminio di specie volatili nonché di camosci, cinghiali, conigli selvatici, volpi, lepri. Tutto questo deve finire. Rivendichiamo, a questo proposito, l’attualità dei quesiti referendari radicali contro la caccia per cui si raccolsero le firme nel 1980 e nel 1986 e che furono impallinati dalla Carta Costituzionale con le sentenze 27/81 e 28/87, di quelli votati nel 1990 persi per mancanza di quorum ma con oltre il 92% di votanti favorevoli, nonché di quello contro il porto d’armi. La caccia, lo ripetiamo, non è un’attività ricreativa ma espressione di bieca violenza invisa al 70% dei cittadini italiani e consentita per assecondare una minoranza di cacciatori cui già si permette di poter sparare cinque mesi all’anno in un contesto di grave inadempienza delle deroghe concesse in Europa.
Dichiarazione congiunta di Francesco Pullia e Alessandro Rosasco, componenti rispettivamente della Direzione e del Comitato Nazionale di Radicali Italiani
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