Dichiarazione di Maurizio Bolognetti, Direzione Nazionale Radicali Italiani
Alla luce delle dichiarazioni rilasciate dal dottor Bruno Bove al giornalista Piero Ferrante, che lo ha intervistato per la testata on-line “Stato Quotidiano”, verrebbe da rispolverare, per descrivere l’operato dell’Arpab sulla vicenda Fenice, quella vecchia locuzione: il gioco delle tre carte. L’ottimo Bove, nel rispondere ad una domanda sui dati inerenti il monitoraggio delle matrici ambientali del melfese, relativi al quinquennio 2002-2006, avrebbe affermato: “I dati, come tutti gli altri, sono qui, presso la sede potentina dell’Arpa. Ho ritenuto io di non diffonderli perché assunti dalla Procura e perché in corso un’indagine. Non mi prendo la responsabilità di azioni di cui non conosco le ripercussioni”.
Di fronte a cotanta dichiarazione, mi dico attonito e, forse, inizio a capire il perché del refrain intonato dall’Arpa Basilicata negli ultimi mesi: “scurdamocce ‘o passato”.
E no, il passato non possiamo rimuoverlo. Gioverà ricordare al dottor Bruno Bove che, quando nel giugno 2009 il sottoscritto ebbe a chiedere per ben due volte i dati inerenti i monitoraggi Arpab dell’area Fenice, l’allora direttore Vincenzo Sigillito rispose nero su bianco: “Stante che è pendente presso il tribunale di Melfi, un procedimento inerente alle attività dell’inceneritore Fenice Spa, allo stato questa amministrazione, non può divulgare notizie in merito.”
Nei mesi successivi ingaggiamo un duro confronto con l’Arpab e la stessa procura, sostenendo che non poteva essere apposto nessun segreto su dati inerenti l’inquinamento ambientale ai sensi dell’art. 5 comma c della convenzione di Aarhus.
A metà ottobre(2009), i giornali lucani, e in prima battuta solo i giornali, ricevono i dati dei monitoraggi Arpab relativi al biennio 2008-2009. Il 18 ottobre, la stampa lucana, infatti, titola: “Il tribunale autorizza la diffusione”.
Dei dati del quinquennio 2002-2006, di cui pure avevamo chiesto la diffusione, nessuna traccia, smaterializzati nei corridoi dell’austera, ma non sobria sede Arpab.
Il successivo 4 novembre, il direttore dell’Arpab, ascoltato dalla III commissione consiliare regionale, riferendosi ai dati mancanti, afferma: “Vorrei solo aggiungere che in data 16 ottobre sono venuto a conoscenza del fatto che l’Arpab non ha effettuato analisi sulle acque di monitoraggio nell’ambito di Fenice dal 2002, cioè da quando ha avuto l’incarico da parte della Giunta Regionale”.
In base a quanto riportato dallo stenografico della Commissione, uno dei Consiglieri presenti, quasi facendo da spalla a Sigillito, chiosa: “In pratica il Direttore ha fatto una comunicazione il 16 ottobre 2009 alla Procura della Repubblica di Potenza e a quella di Melfi, nella quale sostiene che in quella data, su segnalazione del Coordinatore provinciale(Bove, ndr) è venuto a conoscenza della mancanza di formale e completa documentazione attestante l’ottemperanza dell’agenzia a quanto previsto dalle delibere di Giunta Regionale 2584 del ’99 e 304 del 2002…relativamente alle analisi di acqua di falda all’interno dei pozzi di monitoraggio”.
Tradotto dal politichese: i dati non ci sono e quelli che ci sono non hanno nessun valore.
A questo punto sono tante le domande che si affastellano e che vorremmo tornare a porre al dottor Bove, al dipartimento ambiente e a tutti coloro che pur essendo a conoscenza di un inquinamento in atto hanno preferito tacere, giocando sulla pelle dei cittadini del vulture e non solo.
Mi limiterò a farne solo alcune sulle dichiarazioni rese da Bove a Piero Ferrante.
Egregio dottor Bove, nel giugno 2009 vi siete trincerati dietro il segreto istruttorio, negandoci i dati per quasi due mesi; poi avete dichiarato che il segreto di pulcinella era venuto meno e avete diffuso i soli dati 2008-2009, affermando in una sede istituzionale che i dati precedenti non c’erano o non erano attendibili.
Dottor Bove, come può un funzionario pubblico affermare: “ho ritenuto io di non diffonderli perché assunti dalla Procura e perché in corso un’indagine”? Lei, dottor Bove, ha un solo compito e uno soltanto: svolgere il lavoro per cui è pagato e rispettare le leggi della Repubblica e le convenzioni internazionali. Nel momento in cui la Procura ha dato il placet alla pubblicazione dei dati, quei dati andavano diffusi e fatti conoscere: tutti! E invece, avete preferito confondere le acque e giocare al gioco delle tre carte. Non può rientrare nella discrezionalità di un funzionario il decidere la pubblicazione o meno di dati ambientali, ma tutto questo, una volta di più, la dice lunga su un’agenzia integralmente lottizzata dalle truppe della partitocrazia lucana e su come certi burocrati percepiscono e gestiscono la cosa pubblica.
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