Detenute madri, Bernardini: una legge-spot che non risolve il dramma dei bambini in carcere


Bambini in carcere

Con il testo approvato mercoledì scorso dalla Camera dei Deputati sulla tutela del rapporto tra detenute madri e figli minori lo slogan "mai più bambini in carcere" lanciato dal Ministro Alfano due anni fa è destinato a rimanere lettera morta. Questo provvedimento infatti non risolve certo il problema di quelle detenute madri, magari nomadi e recidive, che stanno in carcere in attesa di processo o perché condannate in via definitiva. I loro bambini, infatti, continueranno a rimanere chiusi all’interno degli istituti di pena, perché in relazione a questa tipologia di detenute esisterà sempre l’esigenza cautelare di eccezionale rilevanza o il pericolo di reiterazione di ulteriori delitti o quello di fuga che non consentirà loro di scontare la custodia cautelare o la reclusione presso un istituto a custodia attenuata o presso una casa famiglia. Peraltro anche in questa delicata materia, quella cioè della tutela del rapporto tra detenuta madre e minore, i deputati della maggioranza e della opposizione hanno pensato bene di confermare l’infame regime del doppio binario processuale sulla base del quale una detenuta madre condannata per un delitto di cui all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario non potrà scontare in nessun caso il primo terzo della pena al di fuori delle mura di un istituto penitenziario, come se i bambini di queste donne fossero colpevoli per i delitti, per quanto gravi, commessi dalle loro madri. Ma ammettiamo pure che una detenuta avesse tutti i requisiti soggettivi e oggettivi richiesti da questo provvedimento, anche in quel caso madre e figlio non potrebbero mai uscire dal carcere per andare negli istituti a custodia attenuata, visto e considerato che fino al 2014 ciò sarà possibile solo nei limiti dei posti disponibili. Il rischio insomma è che anche nei suoi aspetti positivi questo provvedimento non potrà essere pienamente applicato a causa della scarsa copertura finanziaria. Le Associazioni che abbiamo audito in Commissione Giustizia ci avevano ammonito soprattutto sull'aspetto della recidiva di nomadi e tossicodipendenti e su quanto fosse importante seguire percorsi individualizzati (e meno costosi per le casse dello Stato e delle istituzioni locali) di reinserimento sociale per queste madri e i loro bambini, ma un'impostazione securitaria che nulla ha a che fare con la vera sicurezza dei cittadini, ha impedito di ascoltare quelle parole di saggezza. Per tutti questi motivi come radicali - pur avendo la nostra delegazione presentato una proposta di legge su questa materia elaborata in collaborazione con l'Associazione Il Detenuto Ignoto - ci siamo astenuti al momento della votazione. Insomma, rimane poco più del titolo del tema "mai più bambini in carcere", manca lo svolgimento e, soprattutto, una convincente e giusta soluzione del problema.

 

Dichiarazione di Rita Bernardini, deputata radicale eletta nelle liste del Pd, membro della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati

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