Vittime della caccia, Poretti: non si faccia finta di dimenticare i numeri

Caccia
Di fronte ai dati ancora una volta allarmanti che alcune settimane fa ha diffuso l'associazione vittime della caccia durante una conferenza stampa al Senato alla quale ho partecipato, ho ritenuto di dover intervenire con un'interrogazione parlamentare, chiedendo conto al governo per sapere se è a conoscenza di questi dati e se e come intenda tutelare la sicurezza dei cittadini, sia di chi è direttamente impegnato nelle attività venatorie, sia di chi, estraneo a tale attività, cade vittima delle armi da caccia.
I dati presentati dal dossier dell'associazione vittime della caccia risalgono al periodo che va dal 2 settembre 2010 al 31 gennaio 2011 e, in particolare durante i cinque mesi, in ambito venatorio sono complessivamente contate ben 100 vittime: 25 morti (di cui uno non cacciatore) e 75 feriti (di cui 16 non cacciatori). Un numero che resta abbastanza stabile nel corso degli ultimi anni: nella stagione 2007/2008 ci furono 109 vittime (30 morti e 79 feriti), in quella dopo 103 (25 morti e 78 feriti),e altre 95 durante la stagione 2009/2010 (24 morti e 71 feriti). Questo nonostante la stagione venatoria sia sempre più breve e il numero dei cacciatori diminuisce.
Ma a questo triste bilancio occorre aggiungere anche le vittime delle armi da caccia occorse in ambito extravenatorio, che hanno causato nel periodo da settembre scorso alla fine di gennaio ben 28 morti e 13 feriti, tra cui anche una bambina di 3 anni e un bambino di 5 anni, il quale è stato ridotto in gravissime condizioni. Complessivamente gli incidenti dovuti ad armi da caccia hanno quindi coinvolto sia cacciatori sia persone estranee all'attività, questo per via anche del fatto che l'articolo 842 del Codice Civile consente ai cacciatori di entrare liberamente nella proprietà privata altrui: una peculiarità giuridica pressoché unica in Europa, una sorta di abdicazione del diritto di proprietà privata costituzionalmente protetto. Anche su questa mostruosità giuridica che ancora vige a beneficio di una sempre più minoritaria lobby della caccia, che continua a mietere vittime anche tra chi niente vorrebbe avere a che fare con questo "sport" sanguinario, ho chiesto al
ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, al ministro dell'Ambiente e al ministro dell'Interno se non ritengano opportuno prenderne in considerazione l'abolizione, prevedendo altresì che l'attività venatoria sia consentita solo in alcuni luoghi ben circoscritti, nelle more di un ripensamento più generale della materia che miri a una disincentivazione dell'attività e a una auspicabile sua progressiva abolizione.
Intervento della senatrice Donatella Poretti, parlamentare Radicale

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