D'Agostino indignato. Radicali non rassegnati

Spot eutanasia

Sul quotidiano “Avvenire” del 29 gennaio Francesco D’Agostino attacca duramente i radicali e l’Associazione Luca Coscioni per lo spot sull’eutanasia che alcune televisioni private mandano in onda a pagamento. È uno spot “che ci indigna - scrive D’Agostino - perché offende la dignità umana” e “va contro un diritto fondamentale, e di rango costituzionale, quale quello alla vita”. Sarebbe opportuno per i lettori dell’Avvenire, e non solo, andare sul sito dell’Associazione Luca Coscioni per la libertà di ricerca scientifica (www.lucacoscioni.it) per vedere il famigerato spot e rendersi conto di persona che non esiste nessun attacco alla Costituzione, ma semplicemente un uomo che, dignitosamente, rivendica la possibilità di scegliere e per questo si appella al proprio Governo; in perfetta legalità sollecita il Parlamento a legalizzare l’eutanasia. Ma i radicali fanno parte di coloro che banalizzano la vita, sono superficiali, con nessuna capacità di capire il dolore e la sofferenza umana. Insomma, visioni diverse del mondo sono solo banalità.

La paura di D’Agostino non è tanto che gli italiani - compresi gli stessi parlamentari che presto saranno chiamati a votare il disegno di legge sul fine vita - siano guidati solo dall’emozione nelle loro scelte, ma che lo spot riapra il dibattito sulla “morte opportuna” chiesta a suo tempo da Piergiorgio Welby. Mario Monicelli avrebbe deciso di lanciarsi nel vuoto solo sull’onda di un’emozione momentanea, non per una decisione consapevole e sofferta? Se ci fosse stata una legge liberale sul fine vita non avrebbe forse affrontato un percorso, meno doloroso, che avrebbe potuto fargli anche cambiare idea?

L’articolo di D’Agostino non offende tanto i radicali, ma gli italiani, così immaturi da farsi condizionare da uno spot e che addirittura non conoscerebbero il significato della parola eutanasia, cioè la possibilità di essere aiutati a porre fine alla propria esistenza senza soffrire; per questo le stesse indagini statistiche per il professore non hanno alcun valore.
Effettivamente, ci ostiniamo a non capire che non possiamo né pensare né scegliere, ma semplicemente metterci in mano alla provvidenza divina.

Giulia Simi,vice segretaria dell’associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica

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